Il primo processo per distruzione del Patrimonio UNESCO

Robin van Lonkhuisen/Pool/Reuters
Si è aperto lunedì mattina, di fronte alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, il processo per accertare la responsabilità di Ahmad Al Faqi Al Mahdi per la distruzione di numerosi mausolei protetti dall’UNESCO in Mali. E’ la prima volta che l’Aia si occupa di crimini contro beni culturali, un fenomeno tristemente noto che sempre di più vede coinvolti gruppi terroristici in Medio Oriente e Africa.

Il 24 marzo 2016 la Corte Penale Internazionale ha confermato i capi d’accusa nei confronti di Ahmad Al Faqi Al Mahdi, presunto membro di un gruppo islamista Tuareg, accusato di aver ordinato, coordinato e in parte compiuto, nel corso del 2012, la distruzione di 10 antichi mausolei di Timbuctu, ritenuti un Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, e quindi protetti dal diritto internazionale. Il processo è iniziato lunedì 22 agosto.

La situazione nel Mali è critica da molti anni per via di conflitti tra le forze governative e gruppi terroristici che combattono per il controllo di alcune zone nel nord del Paese. Sul territorio è infatti presente anche una missione di peacekeeping dell’Onu, chiamata MINUSMA, il cui scopo principale è quello di fornire supporto alla transizione politica, e di operare compiti di sicurezza e monitoraggio.

Tale missione ha una particolarità: è l’unica esistente fornita di un mandato, tra gli altri, che ha lo scopo di proteggere il Patrimonio culturale del Mali dalle distruzioni da parte dei gruppi terroristici lì presenti. Il Mali è sempre stato oggetto di attenzione da parte dell’UNESCO, per via dei siti protetti ritenuti in pericolo di esistenza.

È in questo contesto, prima dell’arrivo della missione MINUSMA, che si colloca la vicenda di Al Mahdi. L’imputato è un cittadino del Mali e leader religioso di Timbuctu, sospettato di essere membro dell’organizzazione terroristica di Ansar Dine, un gruppo armato di Tuareg affiliato ad Al Qaeda e coinvolto nel conflitto in Mali. Al Mahdi avrebbe goduto di stretti contatti con alcuni capi dei gruppi terroristici operanti nell’area – come con il leader di Hisbah, un gruppo il cui scopo sarebbe quello di mantenere il rispetto della morale pubblica secondo i principi della Sharia – e con diversi leader di Al Qaeda, durante l’occupazione di Timbuctu. È in questa veste che Al Mahdi avrebbe ordinato e coordinato la distruzione dei 10 mausolei di Timbuctu, considerati eretici dagli estremisti.

Secondo i capi di accusa, Al Mahdi, sarebbe stato presente durante la distruzione di alcuni di essi. Questi siti erano considerati dall’UNESCO importanti per via del loro alto valore identitario per la comunità locale, che attribuiva loro un significato religioso e storico. Tutto ciò ricorda tristemente i fatti di Palmira: si tratta di un fenomeno non certo nuovo, ma sempre più perpetrato dalle odierne organizzazioni terroristiche, e per questo, oggetto di forti preoccupazioni nella comunità internazionale.

SEBASTIEN RIEUSSEC/AFP/Getty Images
SEBASTIEN RIEUSSEC/AFP/Getty Images

Al Mahdi è stato arrestato nel 2014, dopo che le truppe internazionali hanno ripreso il controllo della regione. È stato portato davanti alla Corte Penale dell’Aia con le accuse di crimini contro l’umanità dello Statuto di Roma. Durante la prima udienza di lunedì 22 agosto, egli ha ammesso di essere colpevole per i fatti allegati – cosa che di per sé non sorprende viste le motivazioni ideologiche che ne stavano a fondamento. Tuttavia, ha proseguito chiedendo scusa e riconoscendo la gravità delle azioni commesse. Rischia fino a 30 anni di carcere.

Si tratta senza dubbio di un caso importante. È infatti la prima volta che la Corte dell’Aia processa un soggetto per crimini contro l’umanità a seguito di atti di distruzione del Patrimonio culturale di un Paese, e ciò dimostra il riconoscimento da parte della comunità internazionale di un fenomeno dilagante. L’augurio è che questo processo costituisca un precedente che permetta di assicurare alla giustizia gli autori di questi crimini, nonché di aumentare sempre di più la sensibilità di tutti nei confronti del tema.

 Di Leonardo Stiz