L’anarchia internazionale

Terza uscita della nostra rubrica sulla teoria politica alla base delle relazioni internazionali, scritta in pillole di rapida consultazione.

Per poter capire il mondo della politica internazionale, i suoi soggetti principali e le sue dinamiche, risulta necessario prendere confidenza con cinque concetti ben precisi: 1) lo Stato di Natura, 2) il concetto di “Politico”, 3) l’Anarchia internazionale, 4) l’ordine e l’equilibrio internazionale, 5) l’equilibrio di potenza. Qui parleremo del concetto di “anarchia internazionale”, l’ambiente sistemico in cui si svolgono le relazioni tra soggetti politici.

Leviatano

L’ANARCHIA INTERNAZIONALE

In assenza di un Leviatano mondiale, l’ambiente internazionale assume le caratteristiche tipiche dello stato di natura hobbesiano: bellum omnium contra omnes (guerra di tutti contro tutti) e questo tenendo conto anche di quanto teorizzato da Schmitt in merito alla definizione del concetto di “politico”.

Ora, in questo contesto di anarchia in cui vivono gli Stati, l’autodifesa assurge a principio necessario dell’azione, perché un’istituzione, dal momento in cui prende vita, ha come scopo principale quello di evitare di soccombere. Il vantaggio di un sistema internazionale anarchico si trova nel fatto che i suoi membri sono liberi. Gli Stati difatti sono insicuri in misura proporzionale a quanto sono liberi e, se si vuole la libertà, si deve essere disposti ad accettare un grado maggiore di insicurezza. Nell’arena internazionale quindi, i conflitti e le guerre che sorgono non nascono per l’autorità o per il diritto, bensì per determinare come verranno distribuiti i guadagni e le perdite alla fine di un conflitto, cambiando così la gerarchia del sistema fra i suoi attori. Come scrive Waltz, «la politica nazionale è il regno dell’autorità, dell’amministrazione, della legge. La politica internazionale è il regno del potere, del conflitto, della mediazione». Competizione e conflitto sorgono così da due diverse situazioni implicite in un sistema anarchico: da una parte la necessità degli Stati di provvedere alla loro sicurezza e, dall’altra, il costante rischio di minacce, anche quelle solo apparenti o percepite come tali, degli altri attori del sistema. Così, le relazioni restano tese e gli attori generalmente ostili e sospettosi poiché ciò che più preme è tutelare la propria sicurezza.

Da questa paura e da questa situazione di costante paranoia, si produce una corsa agli armamenti pressoché costante e un gioco di alleanze e contro-alleanze che permettano di aumentare la propria sicurezza. Questo è il “dilemma della sicurezza” tipico di un sistema internazionale anarchico: se per paura del nemico aumento gli armamenti e creo alleanze al fine di rendere la mia condizione più sicura, automaticamente rendo più insicuro il mio vicino che, di conseguenza, agirà allo stesso modo dando vita a un circolo vizioso che non può avere fine e che, soprattutto, prima o poi porterà ad un probabile conflitto poichè, giunti a un certo punto, converrà attaccare per primi piuttosto che rischiare di essere attaccati. In un contesto anarchico, la fonte della sicurezza di uno è la fonte delle paure di un altro.

Tuttavia, nonostante la situazione di elevata tensione che sempre vige all’interno del sistema internazionale anarchico, gli Stati riescono ancora e sempre a coesistere. Contare solo ed esclusivamente su sé stessi è ciò di cui bisogna sempre tener conto quando si agisce in un contesto anarchico e la via migliore per provvedere a sé stessi senza fare affidamento sugli altri è aumentare la propria sicurezza, anche a costo di sacrificare la pace che, in ultimo, può sussistere solo ed esclusivamente all’ombra della minaccia di un conflitto. D’altronde si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra) e l’anarchia internazionale, assicura entrambe le cose.

Di Giorgio Croci