I Cani di Ares – Corsari di Grecia / Capitolo 7

Corsari
Credits: The Zeppelin

12 marzo, Salonicco, ore 18:05

Il signor Tsigaras Panagiotis chiuse la porta; sotto il braccio aveva come sempre un copia del quotidiano Kathimerini, indossò il cappello sulla testa stempiata e si incamminò verso la sua nuova classe A parcheggiata all’ombra degli alberi. La sua agenzia doganale esisteva dal 1957, fondata dal padre Vasileiou. Certo aveva attraversato tempi migliori ma era tutt’ora una delle più importanti della città.

L’uomo era uscito puntuale come sempre alle 18:05; alle 18:00 fumava in ufficio la sua ultima sigaretta, appestando di fumo i colleghi suoi sottoposti, alle 18:04 si metteva il soprabito, faceva un cenno di magnanimo saluto alla sua segretaria, la signorina Kikilia ed alle 18:05 puntuale metteva il piede fuori dall’ufficio.

Il 12 marzo, quel giovedì, era un giorno speciale. Era il suo anniversario di matrimonio, 20 anni passati al fianco della moglie Agnes. Tsigaras voleva bene alla moglie, era diventata grassa da anni, come lui d’altronde, ma manteneva intatta quella grazia ovattata che lo aveva fatto innamorare 22 anni prima, quando la conobbe alla festa dello Yacht club.

«Signor Panagiotis?» disse il ragazzo vestito da damerino.

Panagiotis si voltò lentamente guardando l’uomo con un accenno di fastidio.

«Buongiorno signor Panagiotis, è sua moglie che ci manda» disse il ragazzo sorridendo. L’uomo si accorse che assieme al ragazzo c’era anche una ragazza, una bella ragazza, coi capelli chiaramente tinti, un biondo cenere. Forse po’ eccessivo.

Panagiotis si fermò di scatto guardando meglio la coppia.

«Cosa intendi ragazzo?»

«Piacere signor Panagiotis, mi presento sono Alexis e lei è Iris, siamo qui per conto di sua moglie!» Disse il ragazzo sorridendo nuovamente.

«Lavoriamo per l’Excelsior, e siamo stati incaricati da sua moglie di farle una sorpresa ed un regalo!» Aggiunse la ragazza con entusiasmo studiato mentre allungava una lettera d’invito al rappresentante doganale.

Panagiotis era sorpreso, non stava capendo molto ma non fece altro che prendere l’opuscolo che i due giovani gli stavano mettendo tra le mani.

Era una lettera d’invito dell’hotel Excelsior, uno dei migliori della città. All’uomo era già capitato di cenare in quell’hotel di lusso in passato. Nella lettera in alto c’era una foto del signor Panagiotis insieme alla moglie il giorno del loro matrimonio. Una foto personale, che tenevano sul comodino. Solo loro avevano quell’immagine. Panagiotis era incredulo ma vedendo la foto la diffidenza svanì. Nella lettera c’erano delle istruzioni. L’uomo doveva seguire quei giovani, salire su un auto e recarsi all’Excelsior. Qui ci sarebbe stata la “sorpresa”.

«Ma che roba è questa?» Fece Panagiotis, sorridendo ai ragazzi. «Mi prendete in giro o cosa?»

«Signor Panagiotis! Questo è il nostro lavoro… si fidi di sua moglie e lasci che l’Excelsior possa farle un regalo speciale per il suo aniversario di matrimonio!»

«Ma parlate seriamente? Io dovrei seguirvi qui? Adesso? Non ne sapevo nulla!»

«Ovviamente! È una sorpresa di sua moglie… noi siamo solo due incaricati e dobbiamo trasmetterle soltanto le sue istruzioni» disse Iris ammiccando all’uomo.

Panagiotis era incerto e realmente sorpreso, non poteva credere che sua moglie gli avesse organizzato quel genere di cose, non erano nel suo stile. Proprio in quel momento una berlina scura si fermò a pochi passi da loro. Un autista con la divisa dell’Excelsior in pochi secondi scese ed aprì la porta dell’auto rivolto verso Panagiotis.

«Prego signore, sua moglie la sta aspettando…»

L’uomo era completamente incredulo. La bionda gli mise fretta.

«Andiamo signor Panagiotis, non vorrà far aspettare sua moglie!»

«Ma sul serio stiamo andando all’Excelsior?! Io non ne sapevo nulla, non ho un abito adatto, sono stanco, non sapevo…»

«Per questo ci siamo noi» disse Alexis. «Penseremo a tutto, sua moglie si sta preparando in questo momento. Signor Panagiotis, è il nostro mestiere, organizziamo tutto in modo perfettamente sincronizzato, quando arriva l’autista significa che sua moglie ha finito la seduta estetica e sta per indossare il vestito da sera, questo vuol dire che non dovrebbe fare troppo tardi…»

Panagiotis prese la lettera dalle mani del ragazzo, lesse per alcuni minuti il testo, riguardò la foto. Solo la moglie aveva quell’immagine.

Si fidò.

La macchina nera arrivò in una decina di minuti nell’ingresso monumentale dell’Excelsior, un piccolo gioiello nel cuore di Salonicco.

Nell’auto Iris, che era seduta dietro insieme a Panagiotis, cercava di intrattenerlo descrivendo le varie attività a cui la moglie si era sottoposta durante il pomeriggio nella spa dell’hotel; parlava di cure e prodotti per la pelle, di massaggi, di profumi, consigliando a Panagiotis quelle che a suo avviso erano le frasi che una donna avrebbe voluto sentirsi dire da un uomo, cercando di fare alcune domande sulle attività che la moglie aveva fatto quel pomeriggio e che lei gli aveva descritto. Iris era molto professionale, sembrava un’esperta comunicatrice, una regina del marketing.

Una regina dell’imbroglio.

Appena l’auto entrò nel parcheggio dell’hotel l’autista si fermò, scese dalla macchina per aprire servizievolmente la portiera all’uomo. Il rappresentante doganale in verità vedendo l’ingresso dell’Excelsior si sentì sollevato, i due ragazzi l’avevano convinto ma non riusciva a togliersi di dosso quel leggero sentimento di disagio che ci coglie quando siamo in situazioni nuove o peggio, inaspettate.

Panagiotis uscì dall’auto, Iris e Alexis lo scortavano alla reception.

L’uomo non sapeva cosa aspettarsi, tuttavia dentro la grande hall, circondato dal lusso, dall’eleganza, da decine di belle persone che gli passavano accanto iniziò a sentirsi allegro, quasi felice. A volte qualcosa di inaspettato poteva generare anche sensazioni di spensieratezza ed allegra aspettativa. Cose che né lui né la moglie provavano da parecchio tempo nonostante avessero una vita di agi e di benessere. Una vita di comodità, ma di noia. Tanta. Solita. Noia.

I due giovani stavano parlando con il ragazzo alla reception dell’hotel. Se Panagiotis fosse stato più attento avrebbe fatto caso ad un piccolo particolare; i due giovani erano eleganti, ben pettinati e ben vestiti, ma sulle loro giacche non c’era alcun simbolo dell’hotel, mentre l’autista con la divisa dell’Excelsior era ormai sparito.

«Stanza numero 110 è tutta vostra, poi mi fate sapere, e ci sentiamo per il regalo» disse il giovane della reception rivolgendosi ai due ragazzi che accompagnavano Panagiotis, mentre metteva in mano ad Iris una tessera magnetica per l’apertura della porta.

I due giovani si voltarono verso Panagiotis.

«Ci siamo signor Panagiotis! Sua moglie è quasi pronta! Per lei c’è a disposizione la camera 110 dove potrà farsi una doccia ed indossare gli abiti che sua moglie ha selezionato per lei, lasci che l’accompagni. Alexis tu vai a vedere a che punto è la signora Agnes, e ricordati di non dirle ancora che suo marito è qui» disse Iris guardando Panagiotis. «Sarà un sorpresa anche per lei!».

Panagiotis salì al primo piano con Iris, lei camminava davanti a lui stringendo la tessera in mano. Quando arrivarono di fronte alla porta gli chiese se gradiva rinfrescarsi un po’ prima di indossare gli abiti o se avrebbe preferito ricevere subito il vestito elegante per la cena. Panagiotis era sudato oltre che stanco, disse che avrebbe voluto farsi una doccia. La ragazza lo guardò sorridendo, per un attimo Panagiotis intravide in quel sorriso qualcosa di strano, come una luce maliziosa. Iris gli consegnò la tessera e disse all’uomo che sarebbe andata a ritirare i vestiti nei piani sotterrani dell’Hotel, pregandolo di iniziare  a prepararsi. Lei gli avrebbe bussato tra circa un quarto d’ora. Panagiotis era d’accordo, prese la tessera magnetica ed entrò nella stanza.

L’acqua calda scorreva riempiendo il bagno di vapore, l’uomo si sentiva contento ed emozionato per quel regalo che la moglie gli stava facendo. Non gli era mai successa una cosa del genere. Quella sensazione, fare qualcosa di inaspettato e piacevole lo faceva sentire quasi più giovane. Quando finì di farsi la doccia Panagiotis si sentiva rilassato, i muscoli a contatto con il calore erano diventati molli, il solito dolore alla schiena, che lo perseguitava da anni, per un attimo gli stava dando tregua. Si passò una mano sulla faccia e sentì che la barba stava ricrescendo, avrebbe dovuto farsela ma non c’era stato tempo. La ragazza aveva detto quindici minuti, probabilmente ne erano già passati almeno 10.

Uscì dalla doccia, cercò l’accappatoio ma si accorse che non c’era. Il telo appeso che aveva visto non era affatto di grandi dimensioni, bensì un telo normale, un semplice asciugamano per il viso.

Come avrebbe aperto alla ragazza bionda? Pensò tra sé. Forse avrebbe dovuto rivestirsi con gli abiti della giornata? Giusto per evitare di farsi trovare a torso nudo da Iris. Il pensiero lo infastidì.

Quando panagiotis uscì dalla porta del bagno fu questione di attimi.

Il vapore della doccia dal bagno si riversò nel resto della stanza.

Sul tavolino di cristallo al centro del tappeto si vedevano distintamente tre grosse strisce di una polvere bianca, Panagiotis le osservò come incantato ed in quel momento sentì una mano strappare via il piccolo telo che si era messo attorno alla vita, si voltò di scatto spaventato e vide Iris, nuda, sudata. Decine di flash iniziarono ad illuminare la stanza, qualcuno scattava foto. Qualcosa di morbido gli si appoggiò sulla schiena, girò la testa di scatto, un’altra ragazza nuda era su di lui, lo toccava ovunque. Ora anche Iris gli era addosso. I flash continuavano, le due ragazze lo stringevano tra loro leccandogli il collo, e toccandolo dappertutto, Panagiotis si sentì impazzire, ma i suoi muscoli erano pietrificati dallo shock. Ancora lunghi secondi, i flash, il calore di quei corpi femminili sulla sua pelle. Sembrava un tempo interminabile.

Improvvisamente reagì. Spinse le due ragazze ed iniziò ad urlare, istintivamente gridò il nome della moglie, pensava ancora che lei potesse essere davvero lì. Non capiva. D’un tratto le ragazze uscirono dalla porta correndo, nude, scapparono veloci. Panagiotis vide solo una figura nera, con una specie di copricapo in testa sporgersi nella stanza, lanciò una busta. L’uomo vestito di nero lo fissò negli occhi, chiuse la porta sbattendola. Tutto era finito.

Panagiotis si accasciò a terra. Confusione, spavento, non riusciva a capire nulla. Ma vide la lettera. intuì che la lettera gli avrebbe detto qualcosa.

L’aprì, le mani gli tremavano.

«…Numeri e sigilli dei container della Hanjin Wisdom. Tu li hai, tu ce li darai. Mettili in questa busta e lasciali al molo 34. Hai trenta minuti. Fai quello che ti chiediamo e tornatene da tua moglie, sarà contenta di averti al suo fianco per altri vent’anni… Lunga vita al Capitano Ares! …»

Continua…