I ribelli siriani usano prigionieri come “scudi umani”

Jaish al-Islam sfila per le strade di Douma e Ghouta (Damasco) con scudi umani alawiti per deterrere i bombardamenti governativi. Credit to: Al Jazeera
Jaish al-Islam sfila per le strade di Douma e Ghouta (Damasco) con scudi umani alawiti per deterrere i bombardamenti governativi. Credit to: Al Jazeera
La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
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Usare civili come scudi umani è un crimine di guerra. Eppure, dall’inizio del conflitto siriano è una pratica diffusa, adottata sia dal regime siriano (che secondo il rapporto ONU A/67/845 del 2012 ha anche usato bambini come scudi umani sui suoi carri armati), sia dai ribelli, sia da ISIS. La lista è davvero lunga. L’ultimo episodio si è registrato a Douma e nella Ghouta orientale (teatro nel 2013 dell’attacco chimico al gas Sarin, e dove si è registrato un picco di morti a seguito dei bombardamenti quotidiani, secondo MSF, ad agosto), ossia due sobborghi di Damasco in mano ai ribelli, da anni sotto stretto assedio governativo e da giorni sotto intensi bombardamenti dell’aviazione siriana che colpisce indiscriminatamente zone residenziali. Le fazioni ribelli di questa zona per impedire, o comunque limitare, i bombardamenti indiscriminati hanno pensato di usare come deterrente, civili di etnia alawita (quella cui appartiene Assad e il suo regime) e ufficiali siriani catturati in battaglia che, rinchiusi in grosse gabbie, sono stati posizionati sui tetti delle case di Douma. Per capire questo spaccato di una lunga serie di crimini e contro-crimini occorre partire da Douma, perchè sebbene in Siria tutte le parti in conflitto si siano macchiate di crimini di guerra, elencarli e tenerne il conto non basta, occorre capirne la natura per agire e prevenirli.

Donne alawite in gabbia usate come scudi umani a Douma. Credit to: Al Jazeera
Donne alawite in gabbia usate come scudi umani a Douma. Credit to: Al Jazeera

Douma è sotto il controllo dei ribelli dall’ottobre 2012 e da allora è sotto assedio e bersaglio del costante bombardamento governativo. Migliaia di civili sono in trappola e, a causa dell’assedio, la morte per fame e per malattie (unitamente a quella sotto le bombe) è diventata una realtà quotidiana. I massacri contro la popolazione civile, sia per stanare i ribelli sia per punire collettivamente la popolazione anti-Assad, si sono moltiplicati. Uno dei più letali fu quello del 29 giugno 2012 quando almeno 190 persone persero la vita. Il più recente è stato il bombardamento da parte dell’aviazione siriana del mercato di Douma del 30 ottobre 2015 che ha causato, secondo Medici Senza Frontiere (che gestisce un ospedale nella zona), 70 vittime e 550 feriti. Questo video girato subito dopo il bombardamento non lascia dubbi circa la natura dell’obiettivo colpito. Il mercato di Douma è stato colpito di nuovo anche il 7 novembre, almeno 23 persone hanno perso la vita, ma in questo caso i residenti hanno denunciato le responsabilità dell’aviazione russa (ma al momento non ci sono prove a riguardo). Il bombardamento indiscriminato di obiettivi civili è un crimine di guerra e contro l’umanità.

Protezione Civile, Mezzaluna Rrossa e residenti soccorrono i feriti dopo un bombardamento a Douma (Ddamasco). Credit to: Sameer al-Doumy/AFP/Getty Images
Protezione Civile, Mezzaluna Rossa e residenti soccorrono i feriti dopo un bombardamento a Douma (Damasco). Credit to: Sameer al-Doumy/AFP/Getty Images

Per far fronte all’intensificarsi dei bombardamenti, la fazione dei ribelli che controlla Douma, ossia Jaish al-Islam, appartenente al Fronte Islamico, ha pensato di utilizzare circa 400 persone come scudi umani tra prigionieri alawiti e civili sostenitori del regime siriano. Una decisione alquanto discutibile che ha suscitato molte condanne. La leadership di Jaish al-Islam ha difeso la scelta, affermando per bocca del suo portavoce, Hamza al-Birqdar, che posizionare queste gabbie in prossimità dei mercati e sui tetti delle abitazioni civili è una “potente moneta di scambio”, e che almeno nei primi giorni è riuscita nell’intento di diminuire i bombardamenti governativi. Come a voler dire: la comunità internazionale non ha fatto nulla per proteggere i civili dai crimini di guerra dell’aviazione siriana, è ora dunque di prendere provvedimenti per conto nostro. I residenti di Douma avevano già tentato di attirare l’attenzione della comunità internazionale con una protesta tanto singolare quanto disperata: nel febbraio 2015, poco dopo la brutale esecuzione del pilota giordano arso vivo da ISIS, gli attivisti di Douma vestirono dei bambini in tuniche arancioni, a simboleggiare i prigionieri di ISIS, e li misero in delle gabbie. Lo scopo della protesta era quello di creare un parallelismo tra le vittime di ISIS, che ottengono tanta attenzione mediatica e le vittime dei bombardamenti indiscriminati del regime siriano su Douma, che invece vengono sistematicamente ignorati. I bambini reggevano dei cartelli di protesta contro l’indifferenza del mondo nei loro confronti. Su uno si leggeva:

“Abbiamo visto l’attenzione dei vostri media sul pilota giordano bruciato vivo, ma non l’abbiamo vista quando sono i bambini di Douma ad essere bruciati”.

Una protesta forte e di cattivo gusto, dettata dalla disperazione di non essere né ascoltati né tutelati. Ma i media e la comunità internazionale hanno continuato a tacere. Negli ultimi giorni, quelle gabbie hanno ospitato prigionieri alawiti, ma non era una manifestazione. Se da un lato la disperazione di questo gesto può anche essere motivata dalla necessità di proteggere i civili di Douma e sebbene sia stato ampiamente documentato che in Siria il regime siriano ha da solo provocato la morte dell’85% dei civili uccisi dal 2011 a oggi, dall’altro lato non è in alcuno modo giustificabile il ricorso ad un crimine di guerra per arginare i crimini di guerra del nemico. Non solo per l’evidente crimine in sè, ma anche e soprattutto perchè non fa che alimentare la spirale di odio e vendetta che già in Siria serpeggia abbondantemente. Infatti, anche alcuni residenti di Douma hanno espresso contrarietà a questa decisione. Un medico di Douma ha dichiarato al Syria Direct:

Non credo che questo metodo riuscirà a fermare il bombardamento della città. Oggi [Lunedi 2 novembre], tra le 8 e le 9 di questa mattina, più di 30 feriti sono stati portati nelle nostre stazioni mediche, per non parlare di un certo numero di morti”.

Quel giorno (2 novembre), infatti, i bombardamenti su Douma hanno ucciso 6 persone. Nessun prigioniero nelle gabbie è finora stato colpito o ucciso.

Altri invece sostengono la mossa. Haitham Bikar, residente di Douma, ha dichiarato al Syria Direct:

“L’idea della gabbia è stata accolta con critiche da parte di alcuni e sostegno da altri, ma che alternative abbiamo per proteggere i nostri bambini? [..] Qualsiasi idea, non importa quanto discutibile o drammatica, vale la pena di essere provata ed è preferibile al lutto”.


Ufficiali dell’esercito siriano e civili alawiti detenuti in gabbie e usati come scudi umani a Douma. Credit to: Reuters.

I bombardamenti non si sono fermati, come dimostra quello sul mercato di Douma del 7 novembre. La decisione di usare alawiti come scudi umani si dimostra dunque per quello che è: una mossa provocatoria e disperata che non porterà a nulla di buono. Tuttavia, dovrebbe essere motivo di riflessione per comprendere la disperazione della popolazione civile locale e dovrebbe interrogare sulle responsabilità della comunità internazionale nei confronti delle popolazioni civili in zone di guerra. Responsabilità che finora, a quasi 5 anni dall’inizio del conflitto in Siria e a oltre 300,000 morti, sono state ampiamente ignorate.

di Samantha Falciatori