Come vanno i colloqui di pace sulla Siria

Conferenza di Riyad, 9-10/12/2015. Credit to: AFP/ OZAN KOSE
Conferenza di Riyad, 9-10/12/2015. Credit to: AFP/ OZAN KOSE
La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
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Due conferenze parallele: una dell’opposizione siriana in Arabia Saudita, e una dei curdi, in Siria. Quali sono i risultati e le prospettiva in vista dei successivi colloqui di pace che si terranno a New York?

In vista del terzo round dei colloqui di pace che proseguiranno a New York il 18 dicembre, l’Arabia Saudita ha ospitato la più grande conferenza dell’opposizione siriana, tenutasi il 9 e il 10 dicembre, a cui sono state invitate tutte le realtà delle opposizioni siriane, compresi i curdi (tanto che un curdo è stato eletto nel Comitato); esclusi da questa conferenza sono state invece le milizie curde dell’YPG, che hanno tenuto negli stessi giorni un congresso indipendente nella provincia orientale di Hasaka (Siria). La mancata presenza dell’YPG è dovuta alle relazioni che esso ha con il regime siriano, da cui riceve sostegno e armi, cosa che lo rende al di fuori dell’opposizione siriana. Questi sono i risultati delle conferenze.

[ecko_alert color=”gray”]Conferenza di Riyad[/ecko_alert]

Lo scopo era riunire l’opposizione in vista del processo politico stabilito dai colloqui di Vienna, secondo cui entro il 1° gennaio, regime siriano e opposizione, dovranno incontrarsi per dare vita a un governo di transizione.

Grafico del piano di pace di Vienna. Credit to: Al Araby
Grafico del piano di pace di Vienna / Credit to: Al Araby

Alla Conferenza di Riyad hanno partecipato:

  • il Consiglio Nazionale Siriano, che è il principale organo politico dell’opposizione riconosciuto da 7 Paesi ONU (compresa l’Italia) e che rappresenta la Siria alla Lega Araba (dopo l’espulsione nel 2012 della rappresentanza del governo di Assad);
  • il Comitato di Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico, un organo tollerato dal governo siriano, che dal 2011 chiede negoziati con Assad;
  • fazioni dell’FSA;
  • Jaysh al-Islam e Ahrar al-Sham, entrambe nel Fronte Islamico (per inquadrare queste fazioni si rimanda alla guida).

Per la lista completa dei partecipanti clicca qui.
Controversa la presenza di Ahrar al-Sham, la fazione più potente nell fronte dei ribelli, che ha ottenuto le maggiori vittorie sia contro le truppe siriane che contro ISIS, finanziata da Turchia, Qatar e facente parte dell’Army of Conquest (“Esercito della Conquista”), una coalizione in cui combatte anche la milizia islamista di al-Nusra.

Ahrar al-Sham è stata fondata da un salafita che fino al 2011 si trovava nelle carceri siriane, poi liberato da un’amnistia decisa dal governo Assad e morto nel 2014. Sebbene Ahrar al-Sham non abbia affiliazioni con al-Qaeda, la collaborazione militare con al-Nusra preoccupa alcune potenze, come Russia e Iran, che la considerano una fazione terroristica; gli Stati Uniti invece – trasudando realismo politico – si sono detti aperti al dialogo, purchè Ahrar al-Sham partecipi seriamente al processo politico.

La Conferenza ha prodotto un accordo che prevede nel prossimo futuro una Siria “inclusiva e democratica”, l’avvicendamento del Presidente Assad all’inizio del periodo di transizione, un sistema pluralistico che rappresenti tutto il popolo siriano, che includa le donne e non discrimini su basi religiose, confessionali o etniche, la preservazione delle istituzioni statali, la riforma dei servizi militari e di sicurezza. Il risultato è la formazione di un corpo di rappresentanza di 25 membri (Higher Negotiations Committee) e una segreteria di 32 membri che sceglieranno i delegati che negozieranno con il governo siriano entro i primi 10 giorni di gennaio. Questo comitato, pur essendo a maggioranza araba, vede comunque la presenza di rappresentanti alawiti, cristiani, druzi e curdi, questi ultimi nella persona di Abdulhakim Bashar, ex Presidente del Consiglio Nazionale Curdo.

Tuttavia l’opposizione chiede prima al governo siriano una dimostrazione di buona volontà, ossia la fine degli assedi delle città in mano ai ribelli e dei bombardamenti sui civili, la sospensione delle pene capitali e la scarcerazione dei prigionieri politici (per il comunicato stampa clicca qui). In realtà, non è stato facile raggiungere il consenso: Ahrar al-Sham si è ritirata il secondo giorno dei colloqui, accusando la Conferenza di aver dato un ruolo primario al Comitato di Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico, ritenuto una creazione del regime siriano, e rigettando ogni compromesso con il potere costituito. Le altre parti, pur chiedendo l’uscita di scena di Assad, sono pronte a negoziare con il regime, posizione che alla fine ha prevalso portando anche Ahrar al-Sham alla firma finale.

Un grande passo avanti per l’opposizione che però il Presidente Assad, in una intervista alla TV spagnola EFE, ha già delegittimato come interlocutore, non riconoscendola come legittima opposizione in quanto formata “all’estero senza basi in Siria”. Considerando però che questa è l’opposizione siriana e che con questa si dovrà confrontare ai prossimi colloqui, non resta che attendere gli sviluppi diplomatici delle prossime settimane.

Congresso di Hasaka, 8/12/2015. Credit to: AFP/ Delil Souleiman
Congresso di Hasaka, 8.12.2015 / Credit to: AFP – Delil Souleiman

[ecko_alert color=”gray”]Congresso di Hasaka[/ecko_alert]

Al Congresso, il primo organizzato dai curdi e denominato “Conferenza per la Siria Democratica”, hanno partecipato 103 rappresentanti del partito curdo PYD e delle Syrian Democratic Forces (SDF), la coalizione militare anti-ISIS che opera nell’est della Siria, nonché altre organizzazioni curde, arabe e assire, che hanno criticato la Conferenza di Riyad da cui sono stati esclusi. Dal congresso è uscito un programma che prevede il ruolo centrale dei curdi nel post-guerra e una Siria decentralizzata e garante dei “diritti nazionali del popolo curdo”. È stata inoltre stabilita la creazione di un’assemblea di 42 membri che sarà l’organo politico delle SDF.

L’obiettivo di medio termine si conferma essere, come avevamo visto qui, la creazione di un Kurdistan autonomo per il popolo curdo; una Siria decentrata (così come auspicato dai curdi) collide con l’idea di unità statale richiesta invece dall’opposizione siriana. Alla base degli scontri tra YPG ed FSA ad Aleppo ci sarebbe proprio questa questione che, in sostanza, spiega il motivo delle due conferenze separate.

di Samantha Falciatori