in collaborazione con
L’esercito dei “bot” del Cremlino.
di Lawrence Alexander / @LawrenceA_UK
Il ricercatore Alexander Lawrence attraverso strumenti Osint (Open Source Intelligence) ha analizzato l’interazione di account Twitter in lingua russa – circa 20.500 account – ed ha scoperto diverse anomalie. La propaganda è sempre esistita, ma l’invasività di internet rende oggi più complicato di un tempo riconoscere le informazioni vere da quelle generate per motivi propagandistici da entità istituzionali o para-istituzionali di questo o di quel governo. Un tweet generato da un account falso che butta nell’etere una notizia falsa o un’opinione contro/a favore di qualcuno, non è un problema. Diventa un problema quando decine di migliaia di account falsi producono in maniera sistematica tweet molto simili tra loro, con lo scopo di fare massa critica ed influire sulla percezione generale della realtà. Lawrence si è accorto – ed ha dimostrato – come da quando sia iniziata la crisi politica in Ucraina vi sia stato un grande aumento di account “bot” (da robot), cioè falsi, specie nei momenti più critici, come ad esempio l’abbattimento del volo MH17.
Utilizzando il software NodeXL, Lawrence ha raccolto una lista abbastanza completa di account Twitter che poco dopo l’assassinio di Boris Nemstov hanno iniziato a twittare in maniera molto simile. Lawrence spiega che per fare in modo che un account bot sia credibile, ha bisogno di altri bot all’interno della sua rete di (finte) relazioni. Con l’ausilio di un altro software di analisi dati, il ricercatore è riuscito ad incrociare i dati per verificare le connessioni reciproche, ottenendo questo grafico:
Spiega Lawrence,
Most of the bots follow many others, giving them each a high follower/followed count. On the periphery, there are a few rings of lesser-connected accounts, perhaps indicating that the “bot” network was still being “grown” at the time of its capture; you could think of it like a tree, with branches spreading outwards.
Ma cosa si può fare per distinguere un account vero da uno falso? Analizzando le interazioni tra profili. Prendendo un campione casuale di 11.200 utenti viene fuori che il 51% non ha fuso orario, e il 15% non ha selezionato nessun tweet come preferito. Nei campioni che Lawrence sostiene essere bot queste percentuali diventano rispettivamente dell’87% e del 92%.
Attraverso altri confronti tra il campione di controllo (quello umano) e quello che Lawrence ritiene essere composto da account falsi, la differenza delle “relazioni” sembra evidente. Ad esempio nonostante una buona attività – una media di quasi 3.000 tweet prodotti – questi account bot non hanno quasi mai interagito con altri utenti attraverso menzioni o risposte.
L’inchiesta completa di Alexander Lawrence è divisa in due parti, le trovate qui:
C’è anche un post che prova a rispondere a qualche critica che è arrivata da media di proprietà del governo russo.
a cura di Lorenzo Carota
[…] dei robot sulla quotidianità e sui comportamenti umani e quali atteggiamenti susciterebbe la disponibilità di manovalanza meccanica in seno ai coloni e ai […]
[…] Gli eventi in Ucraina e Siria degli ultimi due anni mostrano come il governo russo abbia strumenti efficaci ed efficienti nella sua propaganda in politica […]
[…] Partire da questa riflessione teorica, serve a generarne una pratica. Se perseguire l’interesse nazionale attraverso un’adeguata politica estera non è mai stata cosa semplice, in un mondo multipolare le cui trame s’intrecciano vorticosamente sulla Rete, le cose diventano ancor più difficili. George Kennan, quasi dieci anni fa, scriveva “stanno avvenendo mutamenti che rendono estremamente difficile prevedere il futuro della diplomazia o stabilirne la condotta”. La democratizzazione dell’accesso all’informazione online ha reso singoli individui e comunità immuni alla propaganda e soggetti attivi di quella che da alcuni viene definita Public Diplomacy. L’informazione tende ad essere sempre più diffusa e la sua struttura decentralizzata, per questo il modello di comunicazione unidirezionale deve evolvere verso un modello che utilizzi i network comunicativi in grado di coinvolgere gli attori non statali nella costruzione del messaggio politico. Il risultato è che governi e istituzioni diplomatiche sono costretti ad aprirsi al mondo (oltre 190 paesi hanno una presenza ufficiale su Twitter, e più di 4.000 ambasciate e/o ambasciatori gestiscono un account attivo) nel tentativo di influenzarlo attraverso la loro azione diretta, o per mezzo dei famosi troll armies. […]