L’autunno libico

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Dopo un estate burrascosa, anche in Libia è arrivato l’autunno. Ed è un autunno confuso come quelli che l’hanno preceduto, su quella che resta un’ambita e detestata “quarta sponda” per l’Italia.

In Libia prosegue la lotta per il potere tra due fazioni ormai ufficiali, e riconosciute come interlocutori: la fazione di Tripoli, del governo di Al Serraj, e quella di Tobruk, sotto la guida del generale Khalifa Haftar. Ma questo già lo sappiamo. A loro si aggiungono svariate milizie e tribù, di cui alcune molto potenti. Ci sono anche alcuni gruppi jihadisti, tra cui il sedicente “stato islamico”, che sebbene fortemente indebolito dopo la sconfitta di Sirte, si sta guadagnando nuovo spazio.

Il governo di Serraj, seppur sostenuto dalle Nazioni Unite resta molto debole, mentre Haftar, con l’appoggio dell’Egitto e della Russia, si presenta ogni giorno di più come un interlocutore obbligato per chi vuole fare affari in Libia – ovvero un sacco di gente.

Negli ultimi giorni si sono verificati alcuni fatti rilevanti: dopo tre anni è stato riaperto il porto di Bengasi e l’OPEC ha aumentato le quote di produzione della Libia di Tripoli, così da sostenere l’economia del paese. Haftar nel frattempo ha ricordato la sua importanza negli equilibri nordafricani e mediterranei, ripetendo come il suo ruolo sia fondamentale nel contenere gli “islamisti”, consigliando a europei e occidentali di non immischiarsi in questo suo impegno, condiviso anche dal presidente egiziano Al Sisi. Se l’Europa ci tiene tanto a mettere il becco in Libia – dice Haftar – che fornisca elicotteri, mezzi e denaro per fermare i migranti. Nonostante il suo curriculum non proprio limpido, ciò gli consente di ottenere attenzione.

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Il pragmatico Ministro degli Interni italiano Marco Minniti, anche per gestire la cosiddetta crisi dei migranti, ha assunto molte prerogative del suo collega agli Esteri, Angelino Alfano. Minniti, dopo aver fatto sospettare accordi poco chiari con diverse milizie libiche, ha sottolineato l’importanza di Haftar. Il generale non ha perso l’occasione e s’è recato a Roma senza troppo rumore, come rileva con lieve disappunto la stampa francese. Con un certo tempismo, visto che la situazione volge sempre più a favore suo e delle milizie che lo appoggiano.

Restano i dubbi sul destino dei migranti affidati alle cure libiche, che siano delle milizie, del governo di Serraj o di quello di Haftar. In realtà, viste le informazioni sui campi di prigionia in funzione, qualche idea siamo in grado di farcela.

La Guardia costiera libica, generosamente sostenuta dall’Europa, ha cominciato a difendere in maniera aggressiva il proprio spazio marittimo dalle ONG che si ostinano a compiere operazioni di salvataggio mare, operazioni che sono state ostacolate nel tentativo di scoraggiare le partenze dei migranti e la spola tra due sponde del Mediterraneo delle loro imbarcazioni. Dopo le critiche sollevate nei mesi scorsi sul loro ruolo, le ONG ora sono minacciate da attacchi fisici: un effetto collaterale di quella che molti vorrebbero fosse la “Fortezza Europa”.

di Federico De Salvo

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