Nel silenzio del centro di identificazione di Moria, in Grecia

Yannis Behrakis REUTERS
Con il calo del fenomeno migratorio sul versante greco è diminuita l’attenzione sui centri di identificazione che però sono ancora in piena attività e causa di violazioni dei diritti umani.

Nonostante la diminuzione degli sbarchi sulle isole greche nella prima metà del 2017 certificato dall’UNHCR, il centro di identificazione di Moria, sull’isola di Lesbo è ancora in piena attività.

A newly compiled report by UNHCR, the UN Refugee Agency, shows a decline in the number of refugees and migrants arriving in Europe in the first half of 2017. However, without legal means available to them many are still resorting to being transported by ruthless people-smuggling and trafficking networks, risking death, serious abuses, or both. The report says that overall Mediterranean crossings fell sharply in the first half of this year compared with the same period in 2016, due mainly to a 94% decline in people using the sea route from Turkey into Greece.

L’hotspot accoglie all’incirca 4.500 immigrati di nazionalità differenti, arrivati dopo l’entrata in vigore dell’accordo UE-Turchia, che attendono la valutazione della propria domanda di asilo o ricongiungimento famigliare da parte delle autorità europee. Il campo, descritto come “la cosa più vicina alla torre di Babele che io conosca” da Sophia Koufopoulou, antropologa e sociologa greca che insegna all’Università del Michigan, negli Stati Uniti in un articolo di Internazionale, era diventato d’interesse per la cronaca già nell’aprile del 2016, quando lì era scoppiata una rivolta dei migranti nella sezione che ospitava i minori.

L’attenzione sul centro si è successivamente riaccesa nel novembre dello stesso anno a seguito di un incendio divampato a partire da una tenda (per una presunta fuga di gas) che ha causato la morte di due persone. A seguito della diminuzione degli sbarchi e del conseguente calo di attenzione mediatica sul fenomeno migratorio la situazione del campo di identificazione è passata sotto silenzio fino al 18 luglio 2017 quando le proteste, mai del tutto sopite, per le condizioni di vita deplorevoli riservate agli ospiti si sono riaccese all’interno di Moria. Ne è seguito l’intervento violento della polizia ellenica.

L’azione violenta, gli abusi e gli arresti effettuati nei confronti di decine di persone dalle forze dell’ordine nell’hotspot hanno portato alcuni europarlamentari della Commissione LIBE (Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni) a parlare di violazione dei diritti umani e a scrivere una lettera all’Alto rappresentate per gli affari esteri e per la sicurezza, Federica Mogherini, al Commissario europeo per le migrazioni, Dimitris Avramopoulos e ai rappresentanti del governo greco chiedendo l’interruzione delle violenze e l’apertura di indagini per accertare con chiarezza l’accaduto.

La lettera, scritta dall’europarlamentare Elly Schlein è stata sottoscritta in seguito da altri sette eurodeputati ed è pubblicata sul sito della stessa Schlein. Vi riportiamo qui il frammento finale:

Ci appelliamo alle Autorità greche perché venga messo fine all’uso sistematico della detenzione, perché venga pienamente investigato ogni caso riportato di violenza da parte della polizia, e venga assicurato il pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascun richiedente asilo.
Chiediamo che i richiedenti asilo non siano rimandati in Paesi dove la loro incolumità è a rischio, come è evidente nel caso del ragazzo curdo-siriano arrestato lo scorso 24 luglio.
Chiediamo alla Commissione europea di smettere di esercitare pressione sulle Autorità greche al fine di incrementare il numero dei rimpatri, che riguardano anche persone vulnerabili e mettono a rischio l’unità familiare. Il pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascuna persona non è negoziabile e costituisce l’essenza dei principi su cui è fondata l’Unione europea.

di Giacomo Quartaroli