Come si è concluso il Congresso di Fatah in Palestina

Palestinian President Mahmoud Abbas (C) attends the opening ceremony of the 7th Fatah congress, in Ramallah, the West Bank, 29 November 2016.
A conclusione del Settimo Congresso di Fatah tenutosi a Ramallah, due sole certezze emergono: la leadership rimane salda nelle mani di Abbas e le divisioni interne continuano a incombere sulla stabilità del sistema politico palestinese.

Martedì 29 Novembre, in occasione della Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, si è aperto a Ramallah il Settimo Congresso di Fatah, tenutosi al quartier generale dell’Autorità Palestinese – Al Muqataa – e protrattosi per cinque giorni.

Tali Congressi dovrebbero tenersi ogni quattro anni, ma, a causa di divisioni e scontri interni al fronte politico palestinese, sono passati 7 anni dall’ultimo Congresso, tenutosi a Betlemme nel 2009.

Accolto dal pubblico palestinese con basse aspettative rispetto alla sua capacità di innescare grandi e importanti cambiamenti, il Congresso – nelle parole del giovane portavoce di Fatah Ziad Khalil Abu Zayad – avrebbe dovuto affrontare questioni cruciali quali la necessità di dare rappresentanza alla nuova generazione e il ruolo dei giovani all’interno del movimento; le relazioni con Israele e la connessa questione dell’occupazione; le relazioni con i Paesi arabi; la scelta di un vice di Abbas; e la delicata questione della resistenza popolare palestinese.

Tuttavia, dopo cinque giorni di discorsi, il Congresso si è concluso con un’unica decisione presa: la rielezione all’unanimità di Abbas, che attualmente occupa la triplice posizione di leader di Fatah, Presidente dell’Autorità Palestinese, e capo del Comitato Esecutivo dell’OLP.

Questioni cruciali e domande pressanti quali le relazioni con Israele, la strategia da adottare nella lotta all’occupazione israeliana, le relazioni con la comunità internazionale e le divisioni interne al fronte palestinese sono invece rimaste sullo sfondo e senza risposta.

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Il passaggio generazionale che molti aspettavano (o speravano) non è avvenuto, e la leadership è rimasta salda nelle mani di un ormai 81enne Abbas.
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Il passaggio generazionale che molti aspettavano (o speravano) non è avvenuto, e la leadership è rimasta salda nelle mani di un ormai 81enne Abbas. L’elaborazione di una efficace e sostenibile strategia per far fronte alle politiche di Israele è fallita, la definizione dei rapporti con cruciali Stati arabi quali Arabia Saudita e Emirati Arabi non si è tradotta in svolte degne di nota e le spaccature che da anni stanno condannando la politica palestinese alla paralisi non sono state affrontate.

Mahmud Abbas durante un discorso politico - credits: Afp Photo / Abbas Momani
Mahmud Abbas durante un discorso politico – credits: Afp Photo / Abbas Momani

Ad ogni modo, nonostante l’indubbia importanza di queste domande rimaste senza risposta, l’aspetto più preoccupante che il Congresso ha portato alla luce è la persistenza di divisioni non solo all’interno del più ampio sistema politico palestinese, ma all’interno dello stesso movimento di Fatah.

Nel momento in cui gli inviti al Congresso sono stati inviati ai 1400 rappresentanti scelti per la partecipazione, è infatti emerso come il grande escluso fosse Mohammed Dahlan e il suo gruppo di sostenitori. Precedente leader di Fatah, Dahlan è stato escluso dal movimento dal 2011 a causa di frizioni – in parte politiche, in parte personali – emerse con Abbas. Da allora Dahlan conduce la propria attività politica prevalentemente dagli Emirati Arabi e da Gaza.

L’esclusione di Dahlan dal Settimo Congresso – per quanto non sorprendente alla luce della ormai consolidata spaccatura tra Abbas e Dahlan – è particolarmente preoccupante. In un momento delicato in cui la questione di una leadership post-Abbas e di un trasferimento di testimone da una generazione all’altra occupa un posto di rilievo nel discorso politico palestinese, l’esclusione a priori di un leader di spicco quale Dahlan non fa che acuire divisioni che rischiano di indebolire il sistema politico palestinese e di comprometterne effettività e legittimità.

A rendere questo scenario di divisione interna ancora più grave, poi, è la contro-risposta pervenuta dal gruppo di Dahlan, che – forte del supporto di paesi Arabi quali Egitto, Arabia Saudita ed Emirati – ha dichiarato l’intenzione di organizzare un proprio Settimo Congresso, parallelo e alternativo a quello organizzato da Abbas.

Mohammed Dahlan - credits: Ap Photo
Mohammed Dahlan – credits: Ap Photo

Come sottolineato da analisti politici e accademici palestinesi di spicco quali Ibrahim Fraihat e Ghassan Khatin, a fare invece da positivo contraltare a questa crescente spaccatura Abbas-Dahlan, è stata la decisione di invitare al Congresso membri di Hamas e Palestinian Islamic Jihad. La loro partecipazione, infatti, per quanto insufficiente a rendere credibile nel breve periodo la prospettiva di un governo di unità nazionale efficace e stabile, è stata letta da molti come un passo positivo verso la riconciliazione nazionale, che potrebbe spianare la strada alle elezioni municipali, troppo a lungo posticipate, e introdurre una certa stabilità nel sistema politico.

A Congresso terminato, quindi, conclusioni sia positive sia negative possono essere tratte, e saranno solo gli sviluppi futuri (soprattutto gli sviluppi del post-Abbas) a dire quali prevarranno.

Da un lato, infatti, c’è l’aspetto incoraggiante dato dalla partecipazione di Hamas, il cui leader Khalid Mashaal si è dichiarato pronto a cooperare con Fatah e risolvere la questione della spaccatura intra-palestinese. Dall’altro lato invece c’è l’elemento preoccupante dell’esclusione di Dahlan, che va ad esacerbare una divisione interna a Fatah con il rischio di introdurre un elemento di instabilità in un sistema politico già delicato.

di Marta Furlan