Gli sviluppi sul gas russo, la Turchia e l’Europa

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Le retoriche militaresche tra Russia e Turchia sono state ampiamente superate. I due paesi hanno raggiunto un accordo per costruire il Turkish Stream, gasdotto che nelle intenzioni porterà circa 40 miliardi di metri cubi di gas in Europa.

“Pace e prosperità attraverso una cooperazione energetica” si legge nel documento datato 10 ottobre dell’ufficio stampa del 23° World Energy Congress di Istanbul dove ministri e alti funzionari dei paesi Opec e non-Opec si sono incontrati per parlare del futuro del settore energetico.

L’occasione più adatta per il Presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan per riappacificarsi (definitivamente?) e per firmare due accordi bilaterali strategicamente importanti per entrambi i paesi. I due leader hanno già avuto l’occasione per incontrarsi precedentemente: il 6 settembre durante il G-20 in Cina e il 9 agosto a San Pietroburgo, in seguito alla lettera di rammarico che Erdoğan ha inviato a Putin, da un lato per mettere una pietra sopra “l’incidente diplomatico” dell’abbattimento del jet militare russo a opera dell’aviazione turca, e dall’altro, per ricreare i presupposti per trattare nuovamente la costruzione del gasdotto Turkish Stream.

Tragitto ipotetico sotto il Mar Nero del gasdotto Turkish Stream – credits: sigmalive.com

Il primo degli accordi bilaterali firmati al World Energy Congress di Istanbul confermerebbe proprio la costruzione del corridoio turco. Il gasdotto Turkish Stream collegherà direttamente la Russia alla Turchia, rivolgendosi anche ai mercati europei, prendendo il posto del South Stream, ormai accantonato da Bruxells. Il Turkish Stream passerà anche dalla Grecia, con cui la Russia ha già siglato accordi preparatori nel 2015 (in Grecia il gasdotto non si chiamerà “Turkish Stream”, fanno sapere dal Governo ellenico). I tempi stabiliti per la realizzazione (inizio 2017 / fine 2019) sono stati annunciati in una conferenza stampa congiunta dal Ministro dell’economia turco Nihat Zeybekci e il Ministro dell’energia russo Alexander Novak.

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In Grecia il gasdotto non si chiamerà “Turkish Stream”, fanno sapere dal Governo ellenico
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Secondo quanto affermato daI già Vice ministro dell’Energia russo, nonché Ceo di Gazprom, Aleksej Miller, il progetto è composto di due linee principali (910 km di tratta sottomarina, 180 km di superficie, in territorio turco). Il costo totale sarebbe di oltre 11 miliardi di euro.

Questo riavvicinamento tra Russia e Turchia, suggellato nel nome di interessi energetici, si evidenzia con un secondo accordo che consisterebbe nella realizzazione di una centrale nucleare sponsorizzata dalla Russia e costruita nella provincia meridionale di Mersin, in Turchia.

Questa apertura economica e d’intenti è di fondamentale importanza per le logore economie dei due paesi. Ankara dal suo canto punterebbe a diventare l’hub energetico della regione mediorientale fruendo così di uno sconto importante sul gas russo. Mosca, appoggiando il progetto, manterrebbe la sua posizione di principale fornitore energetico dell’Europa, raggirando l’instabile situazione ucraina e provando a mettersi di traverso alle forniture che provengono dai giacimenti azeri del Caspio.

L’Unione europea non può che storcere il naso perché punta, ormai da anni, a diminuire la sua dipendenza energetica dalla Russia, diversificando i suoi fornitori. Adesso il problema si ripropone tale e quale, nonostante i diretti concorrenti del pipeline turco – Tanap e Tap fortemente voluti dall’Europa – siano in una fase di sviluppo ben più avanzata. Tra l’altro, come ha riferito informalmente il Ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ad un imprenditore europeo – dialogo riportato da Russia Today, media all-news controllato da Mosca – sarà ancora l’Unione a dover permettere l’estensione in territorio europeo del gasdotto russo.

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I “concorrenti” del Turkish Stream, il Tap adriatico e il Tanap anatolico – credits: tanap.com

Dall’altra sponda nordica dell’Europa, il raddoppio del corridoio russo nel baltico, il Nord Stream, è stato archiviato per ragioni politiche e perché, come spiega Maurizio Ricci su Repubblica, non c’è al momento la necessità di un aumento delle capacità del gasdotto, dato che lo stesso North Stream-1 non viene utilizzato a piene capacità. Il raddoppio avrebbe senso solo se “contemporaneamente” cessasse “il transito del gas russo attraverso l’Ucraina”. Un obiettivo che Putin accarezza da tempo, e che vorrebbe veder realizzato entro il 2019, cioè quando scadrà il contratto di transito con l’Ucraina, che perderebbe una lucrosa commissione, e vedrebbe aumentare drasticamente il rischio di carenza di gas per i suoi freddi inverni. In altre parole, realizzando il raddoppio del Nord Stream, l’Europa potrebbe scatenare, entro due anni, una crisi umanitaria ai propri confini.

Ciò nonostante, martedì 25 ottobre, il Wall Street Journal ha scritto che la Commissione europea avrebbe raggiunto un accordo con Gazprom sulle quote di gas trasmettibili attraverso il Nord Stream. L’accordo prevede che Gazprom possa mantenere il 50% della capacità di passaggio del gas in maniera esclusiva, a patto di riservare tra il 10-20% di capacità di trasmissione anche ad altri fornitori, e mettere all’asta le restanti quote, così da diminuire l’effetto “monopolio” su quella tratta, che era uno dei motivi per cui vi era un contenzioso aperto con l’Unione europea (l’altro contenzioso, anche questo in fase di risoluzione, riguarda la violazione da parte di Gazprom delle norme antitrust europee).

Un funzionario, parlando di queste negoziazioni tra Ue e Gazprom, ha dichiarato “È una piccola concessione ai russi, ma non sono regali di Natale”.

di Roberto del Latte