USA e Russia: un nuovo accordo sulla Siria?

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La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
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Con Aleppo est sotto assedio, l’intensificarsi dei bombardamenti e delle vittime civili, gli USA hanno proposto alla Russia un nuovo accordo, che ha molti punti deboli. Ecco quali.

Con il fallimento dei colloqui di pace e del cessate il fuoco, negli ultimi mesi le operazioni del regime siriano e dei suoi alleati si sono intensificate, fino alla recente riconquista della Castillo road, l’unica via di rifornimento che collega Aleppo est (in mano ai ribelli) col resto del Paese e che decreta l’assedio totale dei suoi 300,000 civili (secondo stime ONU). Secondo l’amministrazione locale le scorte di cibo, razionate, dureranno al massimo 3 mesi. A nord di Aleppo sono stati bombardati dall’aviazione siriana 5 ospedali, come denunciato dalla Croce Rossa. Il regime sta anche avanzando a Daraya, sobborgo di Damasco, con i suoi 8.000 abitanti assediati che temono un massacro imminente. Nei giorni scorsi, un campo profughi vicino al confine giordano è stato bombardato dall’aviazione russa con bombe a grappolo, causando la morte di numerosi civili.

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I volontari della Protezione Civile Siriana (Elmetti Bianchi) cercano sopravvissuti sotto le macerie di un edificio crollato a seguito degli attacchi aerei del 17 luglio 2016 nel quartiere controllato dai ribelli di Karm Homad (Aleppo). Credits to: Thaer Mohammed/AFP

Per tentare di ridurre le violenze e risolvere lo stallo diplomatico, gli Stati Uniti hanno proposto alla Russia un nuovo accordo: cooperazione militare contro ISIS e al-Nusra e impegno a (far) ripristinare la cessazione delle ostilità e a favorire un processo di transizione politica come previsto dalla risoluzione ONU 2254. Lo scopo sarebbe anche fermare i bombardamenti del regime sulle aree civili, perchè, come si legge nel testo dell’accordo, esso prevede l’esclusione dell’aviazione siriana, che dovrà restare a terra (se non per eccezioni quali evacuazione medica, assistenza umanitaria e recupero di personale militare) e le cui attività verrebbero monitorate giornalmente. Nel testo si parla della creazione di un centro di comando militare congiunto nei pressi di Amman composto da ufficiali militari e servizi segreti russi e americani, che condividerebbero le informazioni in modo da permettere “operazioni integrate”.

L’iniziativa americana è stata accolta positivamente dalla Russia, che aveva più volte proposto agli USA una cooperazione militare per combattere i terroristi in Siria, ma Washington aveva sempre rifiutato per divergenze sulla definizione di “terroristi”, che per Siria e Russia sono tutte le fazioni dell’opposizione, anche quelle moderate sostenute dagli USA. L’incontro del 14 luglio tra Kerry e Putin a Mosca ha però segnato una svolta, in quanto la proposta segnerebbe la prima cooperazione militare diretta, in Siria, tra le due potenze.

Tuttavia, ha anche generato profondo scetticismo, soprattutto al Pentagono, in alcuni ambienti del Dipartimento di Stato USA, tra l’opposizione siriana e anche tra gli alleati europei, che lo vedono non solo come troppo conciliante verso Mosca e Damasco, ma anche fallace. Alcuni membri europei della coalizione anti-ISIS hanno espresso preoccupazione per la condivisione di intelligence con la Russia, che, dicono, si è dimostrata un partner inaffidabile in Siria (non solo perchè ha concentrato le operazioni contro i ribelli invece che contro ISIS, ma anche perchè ha violato più volte il cessate il fuoco e ha causato molte vittime civili, impiegando anche armi proibite come il fosforo bianco su Aleppo). Le falle dell’accordo, criticate da diversi funzionari militari e di intelligence, sono evidenti:

  1. potrebbe portare gli Stati Uniti ad approvare o partecipare ad attacchi aerei contro i gruppi moderati che in parte essi sostengono. Una delle più grandi complicazioni della guerra è che, dal momento che Nusra è una delle forze anti-Assad più efficaci e che il supporto militare ai ribelli moderati è molto limitato e inefficace, questi ultimi si coordinano spesso con Nusra, con cui condividono anche del territorio, come nella provincia di Idlib (dove comunque non mancano scontri armati tra brigate FSA e Nusra). La Russia sostiene che chiunque si coordini con Nusra è un bersaglio legittimo, quindi questo accordo finirebbe col colpire anche l’opposizione moderata. Ma perchè alcune fazioni moderate dovrebbero coordinarsi con fazioni estremiste come Nusra? Per motivi prettamente pratici, non ideologici. Abu Sobhi Jumail, un combattente sul fronte di Aleppo intervistato dal The Guardian, spiega così la coordinazione con Nusra:

    “Ho l’aviazione russa e siriana nei cieli, ISIS a est, Hezbollah a nord e al-Qaeda [Nusra] nel mezzo. Ci hanno abbandonati, poi ci condannano quando siamo costretti a chiedere aiuto a Nusra. Senza di loro saremmo tutti stati uccisi un anno fa. Questa non è politica. E’ vita o morte”;

  2. condividere informazioni di intelligence significa svelare fonti e ubicazione dei quartier generali dei ribelli sostenuti da Washington alla Russia, e quindi ad Assad. Anche se Washington spera che la condivisione di informazioni consentirà di pretendere che Mosca si limiti ad attaccare solo i “terroristi”, risparmiando i ribelli, le difficoltà nel discernerli e le priorità militari delle Russia di fatto decreterebbero la fine dell’opposizione moderata, già indebolita da mesi di bombardamenti russi, laddove non li spingerebbe ancor di più tra le braccia di Nusra o peggio di ISIS. A complicare le cose ci sono gli episodi di brutalità da parte dei ribelli, come la recente decapitazione di un soldato siriano 19enne affetto da Talassemia (e non un palestinese 12enne come inizialmente riportato) da parte della Nour al-Din al-Zinki, una brigata che opera indipendente dalle altre ma che è inquadrata nell’FSA e che riceve sostegno dagli USA (sostegno in fase di interruzione, che potrebbe non limitarsi a quella brigata);
  3. l’accordo non menziona affatto fazioni islamiste come Ahrar al-Sham o Jaish al-Islam, il cui leader ha rappresentato l’opposizione all’ultimo round dei negoziati di Ginevra, un nodo irrisolto che rende l’accordo incompleto;
  4. la protezione dei civili non è affatto garantita: sia ISIS che Nusra occupano territori densamente popolati e colpire loro comporta, come accade da anni, colpire i civili. La recente strage di Manbij a opera dell’aviazione americana e francese ne è un esempio: la battaglia di Manbij, città densamente popolata a nord di Aleppo in mano all’ISIS e nodo nevralgico dei loro rifornimenti verso Raqqa e l’Iraq, è iniziata a giugno. I bombardamenti del 18-19 luglio hanno ucciso almeno 73 civili, tra cui molti bambini (ma secondo fonti locali sarebbero 124), segnando la strage più sanguinosa ad opera della Coalizione nei suoi 2 anni di operazioni in Siria. La Coalizione Nazionale Siriana (organo politico dell’opposizione) ha chiesto la sospensione degli attacchi aerei della Coalizione, ma quest’ultima ha annunciato che continuerà le operazioni. L’accordo con la Russia, se anche costringerà a terra l’aviazione siriana, è destinato a non fermare gli attacchi contro i civili, al contrario potrebbe incrementarli;

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    Manbij sulla mappa. Credits to: Al Jazeera.
  5. l’accordo implica che il regime siriano rispetti direttive dall’esterno circa l’utilizzo della propria aviazione sul proprio territorio. E’ indubbio che la Russia abbia molta influenza e comando sul regime siriano (vedi l’accordo militare Mosca-Damasco), ma non sarà facile imporre e monitorare le attività dell’aviazione siriana;
  6. anche se l’aviazione siriana fosse costretta a terra, le truppe di terra e l’artiglieria continuerebbero a operare, così come continuerebbero gli assedi di molte città.

Secondo Andrew J. Tabler, del Washington Institute for Near East Policy, l’accordo proposto garantirebbe la sopravvivenza del regime di Damasco, prolungherebbe la guerra e non fermerebbe l’ISIS, anzi. A chi ha criticato l’accordo, però, Philip Gordon, ex consigliere della Casa bianca sul Medio Oriente, ha risposto:

“Ci sono ragioni per essere scettici ma coloro che criticano questo piano come improbabile o fallace per altri motivi, come la cooperazione con la Russia, hanno la responsabilità di presentare qualcosa di meglio o più efficace”.

L’accordo pone il 31 luglio 2016 come scadenza per raggiungere un’intesa tra le parti. Il 1° agosto è infatti la data in cui, secondo gli accordi di Ginevra raggiunti a dicembre, dovrebbe essere avviata la fase di transizione politica. Intanto, un meeting di alto livello tra funzionari russi, americani e dell’ONU è previsto per la settimana prossima.

di Samantha Falciatori

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