Il dilemma del fracking e dell’energia “shale”

At the Midway-Sunset oil field in California, the prize lies fairly close to the surface, so the wells do not have to be very deep. The oil in the Monterey Shale is much less accessible / Credits Jim Wilson -The New York Times
di Alberto Marcolli
È in atto una guerra energetica tra i grandi produttori di energia fossile mondiale. L’oggetto del contendere sarebbe lo sviluppo sempre più pervasivo delle tecniche di estrazione e perforazione idraulica (il fracking) che permettono di raggiungere fonti fossili fino a pochi anni fa irraggiungibili. Queste tecniche però hanno delle controindicazioni, ambientali e politiche.

Il mondo ha sempre più sete di energia: la ricerca di risorse energetiche spinge ogni singola nazione alla competizione – anche se l’esaurimento di quest’ultime, come scrive Forbes, sembrerebbe poi non così imminente – e il fracking ha reso disponibili risorse energetiche che prima erano irraggiungibili. Invece di promuovere politiche più eco-friendly le istituzioni continuano ad aggiornarsi per poter reperire sempre più risorse grazie allo sviluppo di tecniche per estrarre gas, petrolio e derivati, anche per via della mancanza di tecnologie utilizzabili nel medio periodo capaci di sostituire tutta quell’energia che, al momento, i combustibili fossili possono fornire.

Che cos'è il fracking: Attraverso il termine anglosassone fracking (fratturazione idraulica, in italiano) si indica una tecnica utilizzata per estrarre gas naturali e petrolio dalle rocce di scisto, attraverso la perforazione del terreno. Consiste nella perforazione della fragile argillite situata nel sottosuolo fino ad una profondità che oscilla tra 1500 e 6000 metri. Successivamente inizia il processo di perforazione orizzontale con l’intento di creare più condotti possibili nella roccia, dato che i combustibili sono sparsi nella porosa argillite e non in sacche isolate. In seguito avviene l'iniezione di un forte getto ad alta pressione di acqua mista a sabbia unitamente a altri prodotti chimici, questi ultimi aventi l’importante compito di non far disperdere i gas durante la frammentazione della roccia nel tragitto di risalita, provocando così l’emersione dei gas e dei petroli, rendendo possibile l’immagazzinamento.
Che cos’è il fracking: Attraverso il termine anglosassone fracking (fratturazione idraulica, in italiano) si indica una tecnica utilizzata per estrarre gas naturali e petrolio dalle rocce di scisto, attraverso la perforazione del terreno. Consiste nella perforazione della fragile argillite situata nel sottosuolo fino ad una profondità che oscilla tra 1500 e 6000 metri. Successivamente inizia il processo di perforazione orizzontale con l’intento di creare più condotti possibili nella roccia, dato che i combustibili sono sparsi nella porosa argillite e non in sacche isolate. In seguito avviene l’iniezione di un forte getto ad alta pressione di acqua mista a sabbia unitamente a altri prodotti chimici, questi ultimi aventi l’importante compito di non far disperdere i gas durante la frammentazione della roccia nel tragitto di risalita, provocando così l’emersione dei gas e dei petroli, rendendo possibile l’immagazzinamento. / credits: freitag.de

L’uomo cerca sempre di trasformare il mondo che lo circonda in un qualcosa di utile per la sua vita, con l’inconveniente che il rapporto che instaura con la Terra si tramuta nella contemporaneità in uno sfruttamento sconsiderato del pianeta stesso, che viene razziato grazie allo sviluppo e all’applicazione di sempre nuove tecniche che danno la possibilità di estrarre tutto ciò che l’ambiente ha da offrire. Il più delle volte senza pensare alle ripercussioni future. Il fracking è un esempio di questa tendenza.

La pratica del fracking può avere infatti ripercussioni ambientali, basti pensare al processo stesso utilizzato per l’estrazione, dove l’influenza esercitata nei confronti del territorio è indubbiamente rilevante: perforazione e iniezioni di agenti chimici nel terreno in aree di milioni e milioni di metri cubi. Inoltre, il trasporto nei siti di estrazione di ingenti quantità d’acqua necessarie durante il processo, e la connessa circoscrizione di aree naturali fanno da sfondo alla problematica più allarmante: l’inquinamento idrico

Considerando che nel processo di “risalita” solo l’80% di quel misto tra acqua, sabbia e agenti chimici torna in superficie, un rilevante 20% va a situarsi nel sottosuolo, e può provocare l’inquinamento idrico delle zone limitrofe, con potenziali ripercussioni per chi vive in quelle aree.

Oltre all’inquinamento, questa pratica – dato che interessa aree molto vaste del sottosuolo terrestre – può provocare piccoli smottamenti sismici capaci di minacciare la popolazione nelle vicinanze. L’esempio più eclatante riguardo a questo stretto legame (fracking e terremoti) è quello dal sisma di magnitudo 5.6 che ha colpito lo stato nordamericano dell’Oklahoma nel novembre 2011, dopo l’iniezione di liquidi nel sottosuolo in un impianto di estrazione.

Senza ombra di dubbio l’utilizzo della fratturazione idraulica ha modificato gli equilibri energetici mondiali, creando risorse energetiche in aeree dove il reperimento di combustibili fossili era limitato o assente. La scelta da parte di istituzioni e compagnie energetiche di investire e avviare attività di fracking è chiara e lampante: l’autarchia energetica tra i produttori di scisto, o quantomeno una sicurezza dal punto di vista energetico. Come afferma lo stesso Wall Street Journal, da oltre 10 anni l’energia utilizzata nel mondo proviene per oltre l’80% da combustibili fossili; data l’attuale tendenza, la necessità di reperire questi combustibili si è tramutata in un bisogno condiviso da numerose nazioni sempre più affamate di energia e quindi di benessere.

Il fracking si sta diffondendo soprattutto negli Stati Uniti e in Cina, e in alcune nazioni del UE.

[ecko_alert color=”gray”]Lo scisto in Europa[/ecko_alert]

International Energy Agency / KPMG / economist.com
International Energy Agency / KPMG / economist.com

La Francia è il Paese europeo con più riserve di questo combustibile, ma il parlamento ha proibito questa pratica già nel 2011, dato che per soddisfare le richieste energetiche il Paese utilizza l’energia prodotta dalle numerose centrali nucleari presenti sul proprio territorio, risultando così tra i paesi comunitari più virtuosi rispetto all’emissione di gas serra. Al contrario la Germania si è mobilitata nei confronti della fratturazione idraulica – avendo detto stop al nucleare – e l’inizio delle operazioni è previsto nel 2019. Le protagoniste del fracking europeo sono indubbiamente la Polonia e l’Ucraina, le quali si sono mobilitate per abbattere la propria dipendenza energetica nei confronti dello storico rivale russo. Il primo ministro britannico David Cameron ha in più occasioni mostrato pubblico interesse a proposito dell’utilizzo del fracking, facendo riferimento agli Stati Uniti – visti i risultati ottenuti da quest’ultimi – e non ha nascosto la volontà di esplorare le opportunità offerte da questa tecnica estrattiva sul territorio britannico. L’unico limite per l’utilizzo delle tecnologie di fracking nel Regno Unito è costituito dall’alto tasso di urbanizzazione delle aree in cui è presente lo scisto che, come evidenzia il British Geological Survey (BGS), tra i circa 37 trilioni di metri cubi di scisto potenzialmente disponibili, solo il 10% risulterebbe utilizzabile. Parliamo comunque di un’autonomia del consumo di gas per i prossimi 40/50 anni, come ha sottolineato lo stesso Cameron.

La congiuntura internazionale che ha portato al crollo del prezzo del petrolio, ha rallentato gli investimenti nel settore del fracking. Estrarre attraverso questa tecnica i combustibili fossili è infatti più costoso rispetto alla tradizionale estrazione per perforazione, ed è visibilmente in atto una guerra energetica del cartello dell’Opec (in particolare dei paesi arabici che ne fanno parte) nei confronti di queste nuove politiche energetiche: tenere alta la produzione (così da tenere bassi i prezzi) condiziona le prospettive sul fracking, anche se per adesso i risultati ottenuti in questa battaglia sono stati piuttosto deludenti, se non controproducenti: l’industria americana ha infatti continuato mediamente a produrre con il petrolio a 45-50 dollari, pur riducendo alcune attività di estrazione, mentre per l’Arabia Saudita iniziano ad arrivare problemi di bilancio.

I combustibili fossili sono d’altronde un Giano bifronte dell’economia mondiale. La loro ricerca ha creato e crea disordini a livello internazionale, ma anche ordine, attraverso le condizioni di vita migliori per chi riesce a beneficiare dell’energia da essi prodotta. Il fracking ha cambiato e sta cambiando i paradigmi del sistema energetico mondiale. L’adozione di questa pratica è sicuramente vantaggiosa dal punto di vista strategico, ma contemporaneamente può provocare conseguenze a livello ambientale. Solo anteponendo all’interesse economico una politica di tutela ambientale le istituzioni potranno salvaguardare la nostra permanenza sul pianeta.