Cani di Ares – Corsari di Grecia / Capitolo 10

Corsari
Credits: The Zeppelin

20 marzo, Salonicco, Torre Bianca.

«Lo sai cosa hai fatto?» Makarios fissava Ares negli occhi. Il vento era freddo, soffiava da Est.

Ares non rispose.

«Mi hai sfidato. Mi hai preso per il culo di fronte ai miei uomini…» il capitano avrebbe voluto rispondere, stava pensando a cosa dire ma si rese conto che senza il fratello la cosa non era poi così facile. Se solo ci fosse stato lì Nico, lui avrebbe sicuramente avuto una risposta pronta.

Makarios fece l’ultimo tiro dalla sigaretta e la gettò al vento.

«Però lo sai vecchio stronzo che ho apprezzato il gesto. E’ stata una bella mossa, non so come tu abbia fatto a procurarti codici ed i sigilli del container, ma in ogni caso mi hai stupito. Bella mossa, se non fosse che ora ti dovrei uccidere con le mie mani»

Maka rise, Ares continuava a restare in silenzio ma non aveva paura del vecchio amico.

«Apri le orecchie Ares, ti faccio una proposta. Tutta questa roba, questa storia dei pirati…»

«…dei corsari. Siamo corsari in teoria» disse Ares.

«Chiamali come cazzo ti pare….Voglio entrarci anch’io…»

«No! no Maka…lascia stare…dai senti facciamo che adesso io…» Maka gli mise una mano sulla bocca. Ares sentì il gusto del petrolio e dell’acqua salmastra sulle labbra.

«Ares. Forse non hai capito. Non te lo stavo chiedendo…»


Atene, 22 marzo, Corso Voukourestiou, ore 5:40

Il furgone bianco della BHM avanzava lento tra le auto. Era blindato ed era in incognito.

L’azienda tedesca, leader mondiale delle spedizioni, era solita trasportare così le pietre di Bvlgari. In anonimi furgoni totalmente bianchi, solo all’apparenza normali vetture in realtà avevano blindatura pesante e sistema di controllo satellitare.

Appena il semaforo diventò giallo l’autista rallentò. Quando il mezzo si fermò del tutto le guardie armate si inquietarono come sempre. Quello era il momento peggiore per la scorta, l’ottanta per cento degli agguati avveniva a mezzo fermo. Ogni volta che i due uomini nel retro del blindato sentivano il furgone fermarsi stringevano inconsciamente la mano sulla fondina.

Il verde scattò. Piede sull’acceleratore.

D’un tratto una Honda Transalp 650 tagliò la strada al furgone. L’autista inchiodò e l’utilitaria che lo seguiva si andò a schiantare contro i portelloni. Dal vano si udirono delle imprecazioni sorde, mentre la guardia giurata alla destra dell’autista, spaventata, schiacciò immediatamente il tasto di pre-allarme sotto il cruscotto.

Dalle altre auto partirono colpi di clacson. La moto che aveva tagliato la strada era svanita nel traffico.

Il furgone della BHM riprese la marcia a passo d’uomo, ora bisognava controllare i danni.

«Scendi vai dietro a vedere cos’ha combinato quel coglione! Scommetto che è una donna…» disse l’autista al collega seduto alla sua destra.

«Ok vado, tieni gli occhi aperti» rispose il collega, poi diede un colpo al vano per avvertire i colleghi all’interno del mezzo: «Ragazzi, scendo un attimo, pre allerta!»

L’uomo aprì il portellone e scese, improvvisamente due figure vestite di nero piombarono su di lui. Erano armati di fucili d’assalto, modello Ak-47, il vigilantes rimase immobile, per una paga di 700 euro non valeva la pena morire da eroi. Soprattutto se a pagare era una società tedesca.

L’autista non si era accorto di nulla, aveva gli occhi fissi sullo specchietto retrovisore, quando gli alzò si trovò in faccia la moto che correva verso di lui sfrecciando sul marciapiede. Aveva capito tutto.

Schiacciò subito il pre allarme tenendo il tasto premuto a lungo, ora il segnale definitivo era partito. Non fece in tempo ad impugnare la sua arma che dalla moto saltò giù un uomo completamente vestito di nero. Aveva una bandana in testa, nera anche quella ed in mano stringeva un kalashnikov.

«Cristo santo, ma che cazzo…» l’autista della BHM non riuscì a finire la frase che vide una piccola bottiglia di vetro infrangersi sul cofano del blindato. Il muso dell’auto era in fiamme, improvvisamente un calore devastante riempì l’abitacolo, l’autista aprì il portellone per buttarsi giù ma la cintura lo strozzò. Un braccio nero con un coltello gli tagliò la cintura, l’uomo si sentì afferrato per il collo e scagliato sull’asfalto. Nella sua mente tutto diventò buio.

«Tieni le mani in alto! Convinci i tuoi colleghi ad aprire il furgone… avete un minuto poi tutto andrà a fuoco e il serbatoio esploderà!» Disse l’uomo in nero che stringeva il pugnale. Sembrava una baionetta, come quelle che si distribuivano ai ragazzi di leva.

I banditi erano quattro in tutto, tre stringevano degli Ak-47. mentre quello che aveva parlato sembrava essere armato solo di un lungo coltello.

Il vigilantes stordito e spaventato iniziò a bussare forsennatamente contro i portelloni del blindato che si spalancarono improvvisamente  con i due uomini della scorta interna che si rovesciarono sull’asfalto, tossivano in maniera convulsa a causa del fumo nero che stava riempiendo il mezzo.

«Forza buttate i diamanti qua dentro!» disse uno della banda in nero gettando un zaino addosso alle guardie giurate.

«Non possiamo! I diamanti sono nelle cassaforti!» Gridò uno degli agenti.

A quel punto quello che sembrava il capo dei quattro diede in escandescenza, con una forza brutale prese per il collo il vigilantes che aveva risposto. «Stammi a sentire testa di cazzo, hai trenta secondi per aprire quelle casseforti del cazzo, altrimenti ti taglio la gola e ti ributto in quel cazzo di blindato.

Il vigilantes non rispose. Makarios gli sferrò un pugno in faccia colpendolo con il manico del pugnale. Si sentì il rumore della cartilagine nasale spezzarsi ed un fiotto di sangue iniziò a scorrere dal volto della guardia giurata.

Una delle altre guardie giurate a terra toccò la gamba di quello che sembrava essere il capo dei banditi.

«Ve li darò io, non me ne frega un cazzo di morire così!» Disse con un filo di voce, anche lui era ancora intossicato e parlava a fatica.

Sputò per terra poi iniziò: «Moltiplica i numeri della data di ieri tra loro… quello è il codice!»

«In quel momento iniziarono a sentirsi le sirene della polizia che stava arrivando»

Makarios fece il calcolo a mente «Allora…cristo! quindi… ventuno per tre, per duemilaquindici…cento… ma quanto cazzo fa! …Che sistema del cazzo!»

«….Centoventiseimilanovecentoquarantacinque» disse Nico tutto d’un fiato.

«…Sei un fottuto genio ragazzino!…dai inserisci i codici e andiamocene…

Nico andò sulle casseforti del blindato trattenendo il respiro, nel mezzo l’aria era bollente.

Le sirene erano sempre più vicine, il corsaro inserì i codici. Le casseforti erano vecchissime, niente di digitalizzato. Si sentì uno scatto metallico ed i contenitori si aprirono. C’erano quattro sacchetti di pelle di daino blu scura, erano pieni di diamanti già lavorati. Nico li prese e li passò a Maka.

Makarios infilò le sue grosse mani nei piccoli sacchetti, estrasse una manciata di pietre preziose grosse come chicchi di riso e le gettò sui vigilantes.

«Questo per il vostro disturbo ragazzi, in fondo siete greci anche voi. Anche se state col nemico…»

La Transalp 650 inchiodò accanto a Makarios, il capo magazziniere della Harlog si buttò il fucile a tracolla e la moto ripartì sgommando sul marciapiede.

Nico e Sakis corsero verso un’auto che li aspettava dall’altra parte della strada e si dileguarono nella direzione opposta.

Prima di andarsene lanciarono nell’aria un centinaio di volantini:

“In nome e per conto del Popolo Greco, al giudizio di Dio e della legge di giustizia e concordia,

Noi, i Cani di Ares, abbiamo colpito secondo l’onorevole codice della Guerra di Corsa,

codificato dal nostro esimio collega, il capitano Morgan.

Per l’onore della Grecia! Lunga vita a Capitan Ares”


Salonicco, ore 20:00, Sede territoriale dei Servizi Segreti.

Il colonnello Papagos stava ascoltando la conferenza stampa congiunta in diretta da Atene. Poteva vedere anche il commissario Zaimis alle spalle del ministro degli interni.

Il commissario era visibilmente sudato, sul viso gli si leggevano i segni dello stress e della rabbia. Il ministro stava concludeno con uno dei suoi soliti logorroici attacchi di retorica. «… Nulla rimarrà impunito! il nostro è un paese forte e sicuro… e tale rimarrà! Dimostreremo a tutti che qui in Grecia, esattamente come in ogni altro angolo d’Europa, queste cose non sono tollerate… né ora né mai!» Il Ministro degli Interni si alzò seguito dai suoi assistenti e dai commissari di polizia che lo circondavano.

La conferenza stampa era finita.

«Però…» Pensò Papagos. «Questi hanno coraggio vero… e sanno anche agire. Non possono essere dilettanti.

Il colonnello si alzò dalla poltrona di pelle lucida, si tolse gli occhiali scuri. Come ogni sera i suoi occhi iniziavano a bruciare, aveva bisogno del suo collirio. Lo prese e se ne mise alcune gocce.

«Maledizione… Se solo quegli idioti della polizia venissero mai a capo di qualcosa… l’unica mansione che riescono a svolgere diligentemente é manganellare dei morti di fame… Se solo ci fosse un indizio su cui lavorare

Il colonnello si fermò alla finestra, osservava il tramonto su Salonicco. Il sole si stava inabissando nel mare.

«..Ma io vi scoverò cari Cani… presto o tardi vi scoverò, e diventerete i miei burattini…»

Continua…