I primi passi di un gigante: il Brasile degli anni ’50

Oscar Niemeyer, JK e Israel Pinheiro (os três ao centro) inspecionam obras, em dezembro de 1958. (veja.com/VEJA)
Dopo aver analizzato le politiche messe in atto dal governo Vargas per favorire lo sviluppo economico del Brasile, seguono, alcune considerazioni sugli effetti sociali di tali riforme.

Alla morte di Getulio Vargas nel 1954, fu il suo vicepresidente Café Filho a gestire il periodo di transizione che precedeva la nuova tornata elettorale. Café Filho, che aveva più volte mostrato la sua opposizione a Vargas e alle sue scelte politiche, approfittò della sua breve presidenza per imprimere nei vertici Sumoc una svolta in senso liberale. L’elezione di Juscelino Kubitscheck alla fine del 1955 dopo una campagna fortemente incentrata sulla prosecuzione del processo di industrializzazione e su una serie di riforme volte a favorire la crescente classe urbana, terminò l’esperienza di Café Filho.

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Motivato da una forte aspirazione allo sviluppo, il nuovo Presidente lanciò il famoso programma di investimenti Plano de Metas (1956-1961), che agevolando sia la costruzione di infrastrutture che l’industria dei beni capitali avrebbe dovuto favorire un’integrazione verticale della catena produttiva. Il Plano de Metas fu pensato per affiancare l’Istruzione 113, deliberata dalla Sumoc per stimolare gli investimenti esteri attraverso la parziale riapertura del mercato ai beni capitale. L’amministrazione di Kubitscheck si rese subito conto che era necessario inaugurare una seconda fase del processo di industrializzazione che, con l’introduzione di nuove politiche espansive e nuove formule protezionistiche, stimolasse la differenziazione e lo sviluppo di specifici settori.

Da questo momento (1957) fu avviato quindi un sostanziale smantellamento del sistema dei tassi di cambio multipli: alla reintroduzione di tasse ad valorem seguì una riduzione delle categorie nelle quali erano state suddivise le importazioni, passate da cinque a tre (mentre la prima si riferisce alle importazioni governative, le altre due sono una condensazione delle cinque precedentemente adottate):

  • preferenziale;
  • speciale;
  • generale.

La gestione del nuovo sistema tariffario venne affidata, come da buona tradizione, ad un organo istituzionale ad hoc, il Consiglio sulla Politica Doganale.

Kubitschek spiega il Plano de Metas durante una conferenza nel 1959. Credits: O Globo
La fine del sistema dei MER

L’aumento della domanda alle importazioni durante il mandato di Kubitscheck fu dovuto principalmente all’ingente flusso di denaro di cui l’economia brasiliana venne in quegli anni sommersa, provocando una spaventosa impennata dell’inflazione. La cattiva gestione della politica monetaria e della politica fiscale costò caro a Kubitscheck, che nel 1960 venne sostituito da Janio Quadros. Una volta insediatosi, Quadros operò perché venisse definitivamente abolito il sistema dei tassi di cambio multipli (1961, tramite l’Istruzione 204 della Sumoc) rintavolando al contempo le trattative con il FMI per la concessione di fondi. L’accordo trovato nel ’61 non servì però a stabilizzare un paese ormai estremamente polarizzato dal punto di vista politico, che nel 1964 avrebbe visto nuovamente i militari protagonisti di un colpo di Stato.

Vincitori e vinti

Giunti a questo punto nella nostra analisi, è quanto meno opportuno fare qualche considerazione sugli effetti che il periodo di riforme sopra descritte ha avuto sulla società brasiliana nel suo insieme. Per fare questo, ci concentreremo sulla serie di aspetti che meglio mostrano come il processo di industrializzazione forzoso a cui il Paese è stato sottoposto abbia aggravato alcuni problemi preesistenti: impiego, distribuzione del reddito, equilibrio regionale e dipendenza dall’estero.

Uno delle accuse principali che si può muovere ai policy-makers che hanno gestito le politiche sociali durante l’industrializzazione è senz’altro quella di non essere stati in grado di assorbire efficacemente la crescente offerta di lavoro conseguita dalla spinta demografica del secondo dopoguerra e dall’incremento dei flussi migratori verso i principali centri urbani – la percentuale di forza lavoro ha subito variazioni insignificanti nell’arco di tempo che fa dal 1919 al 1969 (14% nel 1919 e 13% nel 1960). Inoltre, dalla natura essenzialmente ad alta intensità di capitale dello sviluppo industriale del Brasile degli anni ’50, deriva un forte squilibrio nella distribuzione del reddito – inizialmente giustificato dalla volontà di diffondere nella società il senso del risparmio. Strettamente correlato alle prime due questioni è il tema della disparità intra-regionale. Nonostante gli spunti del governo Vargas per lo sviluppo delle zone nord-orientali, il centro industriale per eccellenza rimase il Centro-Sud, e in particolare San Paolo.

Uno dei principali obbiettivi dell’Isi (Import Substitution Industrialization) era l’allentamento della dipendenza dei paesi in via di sviluppo dai tradizionali centri industriali dell’economia mondiale. Tuttavia, alla speranza di un’economia maggiormente indipendente, l’industrializzazione ha sostituito un nuovo e più complesso sistema di dipendenza, dato che spesso è stato necessario ricorrere all’uso di tecnologia straniera.

Per approfondire le tematiche trattate:

Baer, W., Evaluating the Impact of Brazil’s Undustrialization, Luso-Brazilian Review, Vol. 15, No. 2, Socioeconomic Change in Brazil (Winter 1978), pp. 178-190.