L’oro perduto del Terzo Reich

L'oro perduto del Terzo Reich
Credits: The Guardian
La Germania trafugò circa 500 milioni di dollari in oro durante la Seconda Guerra Mondiale. L’oro perduto del Terzo Reich, insieme all’enorme quantità di opere d’arte occultate dagli uomini di Hitler doveva servire a rendere inarrestabile l’economia tedesca. Un tesoro divenuto leggenda.

Non sarà passata inosservata la recente dichiarazione di Piotr Zuchowski, Vice-Ministro della Cultura polacco, riguardante il probabile ritrovamento di un vecchio treno del Terzo Reich carico d’oro. Il convoglio corazzato, lungo 150 metri, ritrovato nelle profonde gallerie montane vicino Wałbrzych conterrebbe circa 300 tonnellate d’oro in lingotti, nonché un imprecisato numero di gioielli, opere d’arte e armi trafugate dai nazisti durante il secondo conflitto mondiale.

Sarebbe appartenuto alla Wehrmacht (l’esercito regolare tedesco) che, in fuga dall’avanzata sovietica sul finire del conflitto, lo avrebbe condotto in una galleria vicino al castello di Książ tra le montagne, dalla quale non sarebbe più uscito. Secondo la stampa locale il tunnel sarebbe poi stato chiuso dimenticando il convoglio al suo interno. Si usa il condizionale in quanto la scoperta non risulta ancor confermata, sebbene i misteriosi tunnel fatti costruire da Hitler in Slesia (dei quali non si conosce ancora lo scopo) potrebbero aver convinto gli ufficiali del Reich ad impiegarli per proteggere uno dei “tesori di Stato”.

Al di là della storia in sé, che rappresenta sicuramente argomento d’interesse per gli amanti dei tesori nascosti, è sotto il profilo storico che la vicenda acquisisce una valore quantomeno affascinante. Si è calcolato approssimativamente che, durante il periodo bellico, la Germania trafugò circa 500 milioni di dollari in oro dalle banche centrali dei Paesi europei, senza contare quello razziato ai privati – si consideri che fedi nuziali, orologi, protesi dentali e persino occhiali da vista venivano requisiti, catalogati e conservati nei caveau della Reichsbank sul conto bancario del sedicente Max Heiliger.

A sostenere le imponenti spese necessarie per le forniture in arrivo dai paesi neutrali (il tungsteno portoghese ad esempio) utili ad armare la Wehrmacht non fu certo la sola economia tedesca. Hitler usò una strategia presa a prestito da chi, poco più di 100 anni prima, aveva provato (fallendo) a conquistare l’Europa (e non solo). Il saccheggio non si limitò soltanto ai metalli preziosi e alla valuta, ma riguardò anche quadri, sculture e ogni tipo di bene artistico che potesse essere spedito in madrepatria mettendo a segno quello che è unanimemente riconosciuto come il più grande furto collettivo che la storia ricordi. Molte di quelle ricchezze prendevano nei mesi successivi la via delle banche svizzere, come la Kantonalbank di Zurigo o le banche di Ginevra e Berna, i cui sotterranei blindati si dice nascondano tutt’ora segreti così terribili e tesori così straordinari da far impallidire chiunque.

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Miniere di Merkers – Credits: Cpl. Donald R. Ornitz, Photographer – American Commission For the Protection and Salvage of Artistic and Historic Monuments In War Areas

Ma già tra il 1944 e il 1945, con gli Alleati e i Sovietici alle porte, Walther Funk a capo della Reichsbank, consiglia al Führer di avviare le operazioni di occultamento dell’enorme bottino che sarebbe servito a ripagare i debiti di guerra e risollevare l’economia tedesca dopo il conflitto. Decine di convogli ferroviari blindati si dirigono verso le aree più impervie e desolate dei territori controllati dai nazisti in Germania, Italia, Austria, Francia e Paesi dell’Est Europa nel tentativo di preservare quella “fortuna”. Tutto viene riposto in gran fretta all’interno di casse di legno contrassegnate dall’emblema del Reich. Molti dei partecipanti alle operazioni vengono uccisi sul posto per evitare la fuga di informazioni. Il 3 Febbraio del 1945 arriva la mossa decisiva.

In una Berlino vicina alla resa e scossa da più di duemila tonnellate di bombe nemiche, sarà lo stesso Funk a dare l’ordine di trasferire nelle miniere di sale nell’area di Merkers (50 chilometri di gallerie ad 800 metri di profondità) oltre 100 tonnellate d’oro, un migliaio di sacchi di banconote insieme a centinaia di opere d’arte tra cui dipinti, manoscritti e sculture. Il tesoro dei nazisti sembra salvo.

La storia ci racconta che non andò proprio cosi. Parte di quelle ricchezze nascoste furono ritrovate già durante il 1945 grazie al lavoro di intelligence compiuto dalla Monuments, Fine Arts, and Archives section of the Allies – composta da quelli che in gergo vengono ricordati come Monuments Men – una commissione di studiosi e esperti d’arte creata ad hoc con lo scopo di rintracciare i beni artistici e riconsegnarli ai legittimi proprietari. Fu proprio loro la scoperta del famoso deposito di Altausee, in Austria. Un’altra parte di quanto prelevato dai tedeschi, trasferito in diversi nascondigli prima del crollo finale, fu a sua volta depredata dagli Alleati. Sono infatti moltissimi (e impuniti) i casi documentati di “materiale” trafugato durante le ricerche dai soldati della coalizione.

Che parte di quell’enorme ricchezza sia ancora nascosta da qualche parte è senz’altro possibile. Lo dimostrano i frequenti rinvenimenti di cui il caso polacco non è che un esempio. Nel 1999, sul fondo del lago Toplitz – in Austria – furono rivenute casse colme di dollari e sterline contraffatti (stampati illegalmente con lo scopo di far crollare le economie inglesi e statunitensi), ma dal 2009 le autorità forestali hanno interrotto qualsiasi ricerca. Mentre nel 2013, in un appartamento nel centro di Monaco sono stati ritrovati più di 1500 dipinti d’autore (Picasso, Renoir, Matisse, Chagall, etc.) custoditi dall’erede di un collezionista tedesco che acquistò i quadri alle aste del Reich negli anni Quaranta. Ma dove la realtà si ferma, si da sfogo all’immaginazione. E così anche in Italia si continua a cercare il leggendario tesoro di Kesselring nei pressi del Soratte, così come non si placa la ricerca dell’oro di Rommel e dell’Africa Korps che sarebbe nascosto sulle coste della Corsica.

Lasciando da parte le speculazioni pseudo-archeologiche, resta l’importante danno economico apportato dai nazisti alle economie europee (e ai privati cittadini).  Per garantirne l’indennizzo fu costituito un Pool internazionale con il compito di assegnare le restituzioni, con equità e in proporzione ai danni subiti. Ma se paesi come l’Italia e l’Austria ottennero con una certa rapidità le loro quote, con l’inizio della Guerra Fredda gli Stati sotto l’influenza sovietica dovettero aspettare non poco. La Polonia rientrò in possesso di circa 900 chili d’oro soltanto nel 1976, 10 tonnellate furono restituite alla Cecoslovacchia nel ’82. Solo nel 1996 l’Albania ha ricevuto poco più di una tonnellata e mezza d’oro. Il 29 giugno 1998 sono stati restituiti all’Italia ancora 764,4 chili d’oro, per un controvalore di 12 miliardi 843 milioni 868,278 lire. Il 9 settembre 1998 la Commissione Tripartita fu sciolta. Ma la caccia ai tesori nazisti è ben lungi dall’essere conclusa.

di Paolo Iancale