Le vittime dimenticate di Boko Haram

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boko haram 2Le oltre 2000 vittime di Baga in Nigeria; gli scontri a fuoco; i colpi di mitraglia a Damaturu; gli incendi e la devastazione di 16 villaggi vicino al lago Ciad nel turbolento nord-est del Paese; l’immolazione di giovani attentatrici suicide; il rapimento delle studentesse di Chibok e la loro islamizzazione forzata. L’orrore del gruppo militare terroristico Boko Haram, continua a non conoscere limiti. In questi mesi abbiamo assistito alla ferma condanna del mondo intero nei confronti del terrorismo di stampo islamista, ma l’attenzione mediatica non può fermarsi solo agli attacchi contro l’Europa.

Wednesday Bloody Wednesday

Nei primi giorni del 2015 si è aperta ufficialmente la nuova stagione del terrore e così, mentre mercoledì 7 gennaio i kalashnikov colpivano a Parigi, a Baga nel nord-est della Nigeria, lontano dall’Europa, altri terroristi facevano strage di civili, confermando perciò che la minaccia globale, rappresentata da un certo terrorismo, può mietere vittime sia tra i cittadini europei, sia tra quelli africani e mediorientali in maniera altrettanto feroce.

Gli autori della strage sono i terroristi islamici di Boko Haram, il gruppo militare che lo scorso anno ha preso il controllo di numerosi villaggi nel nord della Nigeria (appropriandosi del 70% circa del territorio), spingendo oltre 1 milione e mezzo di persone a spostarsi, secondo le stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e aprendo così, una crisi umanitaria dalle conseguenze imprevedibili.

Nigeria ViolenceOltre 2000 sono le vittime degli ultimi attacchi di gennaio. Il bilancio non è ancora definitivo, ma se i numeri dovessero essere confermati, si tratterebbe, secondo Amnesty International, della “strage più sanguinosa e clamorosa del gruppo” dal 2009, l’anno in cui hanno avuto inizio le offensive di Boko Haram contro obiettivi militari e civili; contro lo svolgimento di elezioni democratiche e contro l’attuale governo nigeriano, da un lato impegnato con i preparativi per le imminenti elezioni legislative e presidenziali previste per il prossimo 14 febbraio e dall’altro occupato a rispondere a sua volta, alla minaccia terrorista, con raid aerei, nel tentativo di riprendere il controllo della città di Baga.

Da Chibok a Baga: l’escalation della violenza e l’ascesa al potere

Gli attacchi alla città di Baga sono solo gli ultimi di una lunga serie che ha insanguinato il 2014. In molti ricorderanno il rapimento di 276 giovanissime studentesse, tra i 12 e i 17 anni, di un collegio cristiano di Chibok, nello Stato del Borno, nel nord-est della Nigeria, avvenuto quasi un anno fa nel mese di aprile e rivendicato dal commando armato di Boko Haram.

Dopo pochi giorni dal sequestro, solo alcune delle studentesse erano riuscite a fuggire; le altre 219 restano tuttora nelle mani dei miliziani.

Il caso aveva suscitato sui media e su tutti i social network un movimento di protesta internazionale ispirato allo slogan “Bring back our girls” che aveva visto numerose personalità del mondo dello spettacolo, della politica, mobilitarsi (la nota campagna social su Twitter #BringBackOurGirls) per chiedere il rilascio delle ragazze.

boko haram 3Nomen omen: in perfetta sintonia con il significato del loro nome, i nuovi bersagli militari del gruppo sono le scuole! Se all’inizio queste vennero usate solo per reclutare combattenti, negli ultimi tempi, l’istruzione di stampo non islamico è stata sempre più considerata una vera minaccia da combattere, per difendersi dall’avanzata della “cultura e degli stili occidentali”, rendendo così sempre più difficile la scolarizzazione in Nigeria, soprattutto per le donne.

Dopo mesi di silenzio e a riflettori spenti, nessuno s’immaginava quale sorte fosse toccata alle studentesse (le cui tracce, sono ancora oggi, avvolte dal mistero), almeno fino alla fine del mese di ottobre 2014 quando il caso è tornato alla ribalta con Abubakar Shekau, leader degli estremisti di Boko Haram. Creduto erroneamente morto dall’esercito nigeriano, era apparso in un video in cui aveva fornito indicazioni sulle giovani rapite, rivelando che “La questione è dimenticata (…) poiché sono state date in moglie ai loro sequestratori e convertite all’Islam” e smentendo di aver firmato una tregua con il governo di Abuja per la loro liberazione.

La smentita di un accordo tra il Governo e il gruppo unitamente ai silenzi agghiaccianti sulla vicenda, erano poi stati seguiti dalle notizie di nuove violenze e nuovi scontri registrati in varie regioni della Nigeria (come gli incidenti nel villaggio di Mafa, nel Borno, in cui 17 persone hanno perso la vita e altri 30 adolescenti sono stati sequestrati).

Con queste manifestazioni di violenza, Boko Haram ha di fatto messo in chiaro la sua barbara strategia di espansione militare; così, mentre continuava a crescere l’indignazione e la rabbia innanzi alle violente rivendicazioni terroristiche, il leader del sanguinario gruppo Abubakar Shekau giurava fedeltà al “califfo” dell’Isis, Abu Bakr al Baghdadi, mirando all’espansione geografica dei confini del “Califfato” e ponendosi, al suo interno, sempre di più in netta contrapposizione con il Governo.

boko haram 4Violenza dopo violenza, Boko Haram ha dimostrato di essersi ampiamente rafforzato su tutta la linea (militare e logistica), dimostrandolo con la ferocia delle sue iniziative. È di poche settimane fa, la notizia di una ragazzina kamikaze di 10 anni circa, imbottita di tritolo e poi mandata a farsi esplodere nel mercato della città di Maiduguri, capoluogo dello Stato di Borno, uccidendo 19 persone e ferendone altrettante.

La campagna militare del gruppo, enunciata anche nelle ultime riprese video di Shekau, parrebbe quindi essere quella di puntare “sul nuovo” e di emulare, ma senza rivaleggiare, con l’IS, ad oggi tra le organizzazioni terroristiche più temibili ed economicamente più ricche, in grado di promettere stanziamenti a tutti quei gruppi jihadisti sparsi nel mondo, che manifesterebbero volontà di affiliazione al Califfato, per creare, secondo Limes, un grande network jihadista e aumentare progressivamente la propria legittimità nel mondo arabo, sfruttando il vuoto lasciato dai qaedisti, “il vecchio”, che negli ultimi anni avrebbe apparentemente trascurato i neonati gruppi islamisti, come Boko Haram, provenienti dalle aree periferiche del mondo musulmano.

L’impegno sperato dei media e delle istituzioni internazionali

In un contesto di terrore dove ragazzine imbottite di esplosivo sono bersaglio e armi mortali allo stesso tempo e le donne sono vittime di stupri e di violenze, anche solo l’omissione (voluta?) del Presidente nigeriano Goodluck Jonathan, ricandidato alle elezioni presidenziali, sul riferimento agli attacchi sferrati da Boko Haram nel suo Paese avvenuti nello stesso giorno di quelli di Parigi da lui prontamente condannati in un’intervista rilasciata per la BBC, non fa altro che appesantire un clima di guerra già infiammato dalla carneficina in atto.

boko haram 5Non un corteo, non una bandiera a mezz’asta, per esprimere solidarietà e vicinanza alle vittime della strage nigeriana e ai loro parenti. L’opinione pubblica e i media occidentali non possono non tenere conto del disegno espansionistico di pazzi guerriglieri nel cuore dell’Africa. Probabilmente ci si aspetterebbe più spazio da riservare alla cronaca internazionale e più sostegno a favore di azioni umanitarie atte a contenere il fenomeno Boko Haram, molto meno “popolare” tra i media.

In attesa di conoscere le sorti delle giovani studentesse di Chibok, l’attivismo sia a livello locale che globale, può costituire una “soluzione dal basso” per riportare all’attenzione mediatica i gravi atti di terrorismo, perpetuati dal gruppo. Ribadire, pacificamente e simbolicamente, che una parte della società civile, non può accettare passivamente il perpetuarsi della violenza (che sta mandando allo sbando un intero Paese, generando a sua volta instabilità economica dalla durata e dalla portata incalcolabile), è preferibile al silenzio.

La minaccia terroristica nel nord-est del Paese, oggi sfociata in attacchi armati contro il Governo e le altre istituzioni, arrecherà di fatto pesanti ripercussioni anche sull’economia dell’intera area che è, a oggi, un importante crocevia commerciale e agricolo di vitale importanza per il Ciad, il Niger e il Camerun. Quest’ultimo intanto si è trincerato dietro le frontiere, chiudendo i suoi 1600 chilometri di confine con i vicini nigeriani per bloccare infiltrazioni e respingere gli attacchi terroristici di Boko Haram provenienti da nord e non solo quindi, come ufficialmente riferito, per procedere con misure cautelari per contenere la diffusione del virus Ebola.

Chiunque vincerà le elezioni del 14 febbraio sa che si caricherà sulle spalle un Paese nel caos; per questo non andrebbe lasciato solo, anzi. Si rendono necessari interventi per migliorare le condizioni economiche di popolazioni indigenti e azioni internazionali di sostegno umanitario in favore di zone colpite da conflitti armati proprio per evitare l’acuirsi di azioni e di reazioni a catena, come quelle che si stanno verificando in questi ultimi mesi in Nigeria.

“Questo tipo di fenomeno, sottolinea Mario Raffaelli, vice-segretario di Amref Health Africa che ha analizzato l’intera vicenda di Boko Haram, prospera grazie alla crisi sociale, economica e di identità del mondo arabo e musulmano, che ha visto fallire tutte le ipotesi di ‘modernizzazione’, dal socialismo nasseriano, alle ‘democrazie autoritarie’ sostenute dall’Occidente”. Il terrorismo “cresce e si sviluppa in territori resi fertili dalla mancanza di una risposta politica lungimirante e globale” e per questo “la sola risposta militare è inutile, quando non addirittura controproducente”.

 

BOKO HARAM #indueparole

Boko Haram è un’organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nord della Nigeria, nata tra il 2001 e il 2002 con l’obiettivo di instaurare la legge islamica in uno dei 36 Stati che compongono la Nigeria, il Borno. La traduzione del nome in lingua Hausa sta per “l’educazione occidentale è vietata” in dura opposizione all’Occidente inteso come corruttore dell’Islam.
Il gruppo è divenuto tristemente noto per le violenze religiose che si perpetuano dal 2009 e per i numerosi attacchi contro chiese cristiane e scuole e una popolazione inerme. È organizzato come movimento clandestino d’ispirazione islamica fondamentalista che ha come obiettivo l’abolizione del sistema secolare e l’imposizione della Shari’a nel Paese. In un video di fine ottobre 2014, Abubakar Shekau, eletto leader del gruppo nel 2009 dopo Ustaz Mohammed Yusuf, aveva ufficializzato con un annuncio la creazione di un “califfato islamico” nei territori controllati dai suoi miliziani.

Vincenza Lofino