Il Burkina Faso tra jihad e democrazia

AHMED YEMPABOU / EPA
di Danilo Giordano
Il Burkina Faso nelle ultime elezioni ha dimostrato di avere una società politica matura. Questo però non è bastato ad allontanare le minacce del terrorismo jihadista, in espansione in tutta l’Africa subsahariana.

Gli attacchi terroristici avvenuti lo scorso 15 gennaio a Ouagadougou, all’Hotel Splendid e al Caffè Cappuccino (luoghi frequentati principalmente da stranieri) oltre ad aver causato 30 vittime, hanno anche riacceso l’interesse del pubblico non specializzato nei confronti del Burkina Faso. La rivendicazione pressoché istantanea da parte di Al Qaeda nel Maghreb ha destato la preoccupazione di chi teme che il piccolo paese africano possa essere l’ennesima vittima “predestinata” dello jihadismo internazionale.

Il paese, pur trovandosi di fronte ad una minaccia concreta, si è da tempo scoperto refrattario alle prevaricazioni. Il 30 ottobre del 2014, dopo 27 anni di governo, il popolo burkinabè ha detto basta all’ultimo (in ordine di tempo) abuso di potere dell’ex Presidente Blaise Compaorè, reo di aver cercato l’escamotage per ripresentarsi alle elezioni presidenziali che si sarebbero svolte nel 2015. La controprova della raggiunta maturità politica del paese si è avuta lo scorso 16 settembre quando Compaorè, non accettando di essere messo da parte, ha spinto i soldati della Guardia Presidenziale, agli ordini del generale Gilbert Dienderè, a tentare un colpo di stato. L’opposizione della società civile e di alcune organizzazioni, nonché il sostegno della comunità internazionale, ha convinto gli uomini del Régiment de Sécurité Presidentielle (RSP) ad abbandonare l’idea.

Le elezioni dell’11 ottobre si sono svolte in un clima sereno ed hanno portato alla vittoria (al primo turno) di Roch Marc Christian Kaborè, il quale è riuscito a convogliare su di sé sia i voti dei nostalgici di Compaorè che di quelli che lo avevano sfiduciato. La fortuna politica di Kaborè deriva anche dalla sua storia: nel 1989, ovvero due anni dopo l’arrivo al potere di Compaorè, ottenne il suo primo incarico di governo, e per oltre vent’anni è stato un fedele esecutore delle sue direttive. Molti vedevano in lui l’erede naturale di Compaorè alla Presidenza, fino a quando non è apparso sulla scena politica Francois Compaorè, fratello del Presidente, al quale vennero affidate sempre maggiori responsabilità. Da allora la parabola politica di Kaborè è cambiata: quando Compaorè ha iniziato le manovre politiche per garantirsi l’ennesimo mandato ha preso le distanze e ha fondato un nuovo partito, il Mouvement du people pour le progres, con il quale si è presentato alle elezioni presidenziali.

Conscio del peso che l’essere legato a Compaorè avrebbe avuto, Kaborè ha dato un taglio netto con il passato, e ha scelto una squadra di governo composta da individui che non hanno mai servito nelle precedenti amministrazioni. Nei primi discorsi ufficiali Kaborè ha promesso di investire su educazione e sanità, utilizzando le due principali ricchezze del paese, cotone e oro. Ma il compito principale del nuovo governo sarà quello di far fronte alla minaccia alla sicurezza nazionale portata dallo jihadismo.

Da diversi anni, e come conseguenza indiretta della fine del regime di Muhammar Gheddafi, la fascia saheliana dell’Africa è interessata dalla presenza di organizzazioni terroristiche in cerca di spazio  per affermarsi. Mauritania, Mali, Niger, Ciad, con l’aggiunta di Nigeria e Camerun, hanno subito e subiscono tremende manifestazioni di forza del terrorismo sedicente islamico. Questi episodi hanno spinto la “storica” potenza coloniale francese a intervenire e mettere in campo l’Operation Barkhane, il cuore delle politiche antiterroristiche della Francia nel Sahel. Circa 3000 soldati sono impiegati nell’operazione che ha il suo quartier generale a N’Djamena in Ciad, con la possibilità di essere dispiegati in tutta la regione.

Da alcuni mesi in Burkina Faso era stata segnalata la presenza di reparti delle forze speciali francesi: nonostante le smentite di rito, la loro presenza è stata confermata il 15 gennaio, quando soldati francesi hanno coadiuvato le forze burkinabè nel rispondere all’assalto all’Hotel Splendid lanciato da Al Qaeda.