Cosa pensano i siriani dell’intervento russo?

A picture taken on May 12, 2014 shows heavily damaged buildings in a destroyed neighbourhood of the Old City of Homs, some 162 kilometres north of the capital Damascus. Syrians have been streaming back into the ruins of the Old City of Homs since May 10, 2014, picking through the remains of their homes and trying to come to terms with the destruction. AFP PHOTO/JOSEPH EID (Photo credit should read JOSEPH EID/AFP/Getty Images)
La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
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A Latakia si festeggia il salvatore russo mentre a Idlib, Homs e Hama si seppelliscono i morti. Il 30 settembre la Russia ha iniziato i bombardamenti in Siria contro ISIS, sebbene in realtà abbia finora colpito zone in mano all’opposizione. E mentre l’esercito siriano è impegnato in un’ offensiva di terra su Hama, condotta con la copertura aerea russa, i siriani come hanno reagito all’intervento militare di Putin? Vi proponiamo alcuni estratti delle interviste fatte ai residenti di aree sia sotto il controllo governativo che dell’opposizione.

Latakia
A Latakia, roccaforte del regime siriano, i residenti sostenitori del regime non fanno alcuna distinzione tra ISIS, Free Syrian Army e altri gruppi di opposizione che combattono Assad da quasi 5 anni. “Sono tutti terroristi”, ha dichiarato al The Guardian Saleh al-Tartousi, un impresario di Latakia. “Non dovrebbe essergli concessa alcuna pietà”. Abdur Rahman, commerciante d’acciaio, sostiene che “i russi qui sono ovunque, nei bar, nei supermercati, e sono i benvenuti. Ci aiuteranno a sconfiggere i terroristi”.

Ahmad, che vive nei pressi dell’aeroporto internazionale Basil al-Assad, 25 chilometri a sud di Latakia, ha dichiarato: “Ogni mattina, tra le 6.00 e le 7.00, vedo diversi aerei russi in volo, e mi sento davvero meglio”. Un combattente pro-regime ha dichiarato fiducioso a Foreign Policy: “Ci riprenderemo tutto il Paese in un anno, dopodiché ci dovremo preoccupare solo delle cellule dormienti”. Sulla base di decine di interviste con i sostenitori del regime e funzionari locali nel cuore alawita di Latakia, Foreign Policy riporta che tutte si potrebbe riassumere in una semplice idea: nessuna pietà, nessun compromesso.

“I russi erano i nostri amici e ora sono diventati i nostri fratelli – molto di più di molti arabi”, ha aggiunto Rima, studente di 25 anni. “Non c’è niente di più meraviglioso la mattina che bere il mio caffè e fumare il mio narghilè (pipa ad acqua) sul balcone mentre ascolto la melodia degli aerei russi”, ha dichiarato all’AFP Nafaa, 46 anni, uomo d’affari a Sharashir, distretto a tre chilometri dall’aeroporto. A Qardaha (Latakia), luogo di nascita di Assad, la gioia e la rinnovata fiducia entusiasmano tutti i sostenitori del regime.

Statua di Hafez Al-Assad, padre e predecessore di Bashar, nella piazza principale di Latakia, 24 settembre 2015.
Credit to: AFP/Joseph Eid)

Ma anche a Latakia la popolazione è divisa: i sostenitori del regime vedono l’intervento russo come una salvezza; i residenti anti-regime sono invece molto preoccupati. “Vivo in una zona sotto il controllo del regime”, ha dichiarato Abu Mohammed, 27enne, sostenitore delle forze moderate anti-Assad. “E posso dirvi che [i residenti di Latakia] sono molto contenti di quello che sta accadendo. Si sentono orgogliosi di tutti i bombardamenti e dell’uccisione dei civili. Il regime ci odia più di ISIS. Siamo noi il vero nemico secondo loro. Nessuno può lasciare le aree che sono state bombardate. Queste persone non hanno un posto dove andare. Se lasciassero le città colpite, sarebbero immediatamente arrestati ai posti di blocco del regime. Hanno deciso di nascondersi in diverse abitazioni. Sono intrappolati come topi”.

Hama
Ad Hama, un residente che si è identificato come Muhannad, 25 anni, ha dichiarato:

“Gli attacchi aerei non si fermano. Abbiamo perso il conto. Posso dire che sono [aerei] russi. Sono più veloci e il suono delle bombe è diverso da quelle del regime. Hanno bombardato Talbiseh, al-Mukarama, Reef Homs al-Shamali. Tutte queste aree sono principalmente sotto il controllo dell’FSA. Non abbiamo ISIS qui, solo un piccolo numero di membri di al-Nusra. Ci aspettavamo che sarebbe accaduto, ma non c’è modo di fuggire”.

Homs
A Homs, Osama Abu Zeid, giornalista che vive in città, ha detto:

“Oggi è l’opposizione siriana moderata che è stata presa di mira in diverse aree abitate dai civili e la maggior parte dei morti e dei feriti sono civili. La reazione della popolazione in queste zone è la perdita di fiducia nell’America e nelle politiche di Obama e Putin. Tutti parlano di una alleanza di fatto USA-Russia-Assad contro il popolo siriano. Tutto questo aumenterà il terrorismo, non lo ridurrà. Quando i civili vedono i bombardamenti aerei russi in aree residenziali con la benedizione americana, con il pretesto della guerra al terrorismo, che cosa possiamo aspettarci? La creazione e la crescita di cellule terroristiche che vogliono vendetta per i loro bambini uccisi”.

Aggiunge che fazioni dell’opposizione avevano cacciato ISIS dal nord di Homs 6 mesi fa, perdendo molti uomini nei combattimenti.

Dair al-Asafeer (Damasco) dopo un bombardamento russo.
Credit to: Qasioun News/AP

In questa dichiarazione del 1 ottobre 2015 dell’ospedale di Talbiseh (Homs), colpita dalle bombe russe, si legge:

“Data la situazione nel nord di Homs in generale e di Talbiseh in particolare, è necessario chiarire alcuni punti circa i bombardamenti russi che hanno colpito la nostra città.
Le aree colpite erano tutti quartieri civili senza presenze o attività di natura militare.
L’ospedale ha ricevuto 18 morti, la maggior parte dei quali donne, bambini e anziani, cui si aggiungono 65 feriti che potrebbe aumentare il numero dei decessi.
Questi punti mostrano che le notizie riportate dai media circa il bombardamento di terroristi sono false.
Talbiseh è ancora sotto il pieno controllo dell’FSA.
Avvertiamo che se i bombardamenti russi dovessero continuare, ci saranno consequenze catastrofiche perchè la città è piena di sfollati provenienti da altre aree. Inoltre non ci sono sufficienti medicine.
Ci sono volute molte ore per estrarre corpi e sopravvissuti da sotto le macerie, indice della distruttività delle armi impiegate nell’attacco.
La Direzione dell’Ospedale di Talbiseh,
2015/10/01”

Membri della Protezione Civile vicino a un sito colpito da bombardamenti russi su Ehsim, a sud di Idlib, 3/10/2015.
Credit to: Reuters, Khalil Ashawi.

Come avevamo visto, anche la Protezione Civile Siriana ha denunciato di essere stata colpita da strike russi, così come la SAMS e Physicians for Human Rights.

Syria Deeply ha raccolto le voci di alcuni residenti di Talbiseh circa i bombardamenti russi che li hanno colpiti. Le potete leggere qui.

Idlib
A Idlib, Mohammad, un residente di Maarat al-Numan, colpita dalle bombe russe, ha dichiarato senza mezzi termini: “La gente sa ora che si tratta di una guerra contro i siriani”. Un altro residente di Idlib sostiene:

“La gente è arrabbiata e ribolle. Alcuni hanno paura perché gli aerei russi sono più potenti, distruttivi e moderni, ma la maggior parte è rassegnata a Dio, come se fossero immuni dopo l’allenamento sotto gli aerei siriani. Si sono acclimatati ai bombardamenti.”

Un uomo ispeziona un sito colpito da attacchi aerei russi nei pressi di un campo per sfollati alla periferia di Al-Ghadfa, nella campagna a sud di Idlib, 3 ottobre 2015.
Credit to : Reuters, Khalil Ashawi.

Per vedere come hanno reagito gli abitanti di Kafranbel, una delle cittadine colpite nella provinia di Idlib, si rimanda ai loro colorati banner e vignette. Questo video invece mostra una protesta a Idlib contro l’intervento russo.

E i curdi? Hanno accolto bene l’intervento russo, forse perchè il Cremlino ha più volte dichiarato il suo sostegno alle forze curde, uniche a sua detta, insieme all’esercito siriano, impegnate a combattere efficacemente ISIS. I curdi siriani dell’YPG hanno già chiesto alla Russia armi e un coordinamento anti-ISIS e anti-Nusra.

Le reazioni dei siriani sono prevedibilmente discordanti e la questione centrale rimane quella legata all’identificazione dei terroristi. Per i sostenitori del governo siriano tra cui i suoi alleati russi e iraniani, tutti coloro che si oppongono ad Assad, siano essi militari o civili, sono da considerarsi terroristi. Ecco perchè la Russia sta concentrando i suoi bombardamenti su aree sotto il controllo dell’opposizione, seppur densamente popolate: la minaccia più imminente per Assad sono proprio le fazioni dell’opposizione che premono sulla sua enclave costiera, come avevamo visto qui.

Chi è il terrorista? Chi viene definito tale e da chi? La storia recente dimostra che “terrorista” è un’etichetta che facilmente può essere applicata a chiunque venga considerato un nemico, reale o presunto. Come ha dichiarato Raed Al-Saleh, capo della Protezione Civile Siriana nota come Elmetti Bianchi:

“Giorni fa, a New York, ho incontrato ambasciatori dei Paesi che dichiarano amicizia al popolo siriano, e li ho avvertiti che fino a quando i russi adotteranno la stessa definizione di terrorismo adottata dal regime siriano, anche noi Elmetti Bianchi saremo considerati terroristi così come tutti gli altri cittadini anti-Assad e saremo obiettivi per i loro bombardamenti. Ho dichiarato a tutti che coloro che pensano di collaborare con il regime, in nome della lotta al terrorismo, stanno in realtà puntando le armi contro di noi e contro ogni difensore dei diritti umani in Siria. Oggi [ndt 1/10/2015] abbiamo perso un altro Elmetto Bianco a Homs, e vi promettiamo che come citeremo in giudizio il regime siriano per l’uccisione degli altri 105 Elmetti Bianchi caduti, citeremo in giudizio anche il regime russo presso la Corte Penale Internazionale per l’omicidio del nostro volontario.”

Inoltre, la valenza dei bombardamenti russi non è solo strategico-militare, ma anche simbolica. Le città bombardate (tra cui la provincia di Homs, ribattezzata “la Capitale della Rivoluzione”) sono i luoghi nevralgici di quelle che furono le grandi manifestazioni di piazza del 2011. Una potenza straniera che bombarda quelle province ha un impatto psicologico fortissimo tra la popolazione locale che non andrebbe sottovalutato: i bombardamenti sui civili, giustificati con la lotta al terrorismo laddove ISIS non c’è, rischiano di avvicinare la popolazione disperata alle fazioni meno moderate dell’opposizione siriana e di radicalizzare ulteriormente la situazione, come metteva in guardia Abu Zeid, da Homs.

di Samantha Falciatori