Guida all’opposizione siriana / parte 2

L'FSA si attesta su una collina ad al-Qaftal, sopra Azaz (Aleppo), 31/10/2012.
Credit to: Reuters/Asmaa Waguih
La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
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Questa è la seconda parte di una guida realizzata dall’Institute for the Study of War che vi avevamo introdotto qui.

Cerchiamo di fare una panoramica sui gruppi che combattono in Siria, così da avere le coordinate per poter seguire i fluidi sviluppi sul terreno e capire chi sono e non sono i “ribelli”. Senza pretesa di esaustività, occorre innanzitutto precisare che il termine “ribelli”, tanto usato nel linguaggio mediatico e politico, è una semplificazione dovuta a esigenze comunicative, ma in quanto tale ha un certo grado di inadeguatezza.

Se semplificare è una necessità, occorre fare attenzione a non esagerare o si rischia di distorcere la realtà. Ne è un esempio il frequente accostamento di termini come FSA, Fronte Islamico, al-Nusra e addirittura ISIS che nelle narrative più semplicistiche diventano sinonimi, ma non lo sono affatto. Il termine “ribelli” viene usato dal 2012 ma è dal 2013 che è entrato in auge per indicare tutti i gruppi che si oppongono al governo di Bashar al-Assad. Questo perchè è da quel periodo che il mosaico dell’opposizione ha cominciato a diversificarsi in maniera esponenziale, e se fino ad allora era possibile identificare l’opposizione armata nel Free Syrian Army (FSA), da fine 2012 le cose si sono complicate.

Free Syrian Army (FSA)

È l’ala moderata dell’opposizione siriana costituita principalmente da disertori dell’esercito regolare che si sono rifiutati di eseguire gli ordini di repressione contro le manifestazioni di piazza nel 2011. Composto da siriani, inizialmente il suo scopo era tutelare le manifestazioni contro la repressione violenta dell’esercito regolare. In seguito l’obiettivo dichiarato divenne quello di espellere le forze di sicurezza e rovesciare il regime, abolendo una dittatura decennale e portando, nelle loro intenzioni, il Paese a elezioni libere e democratiche. Rappresentano dunque il braccio armato della Rivoluzione siriana, le cui aspirazioni di fondo restano democratiche.

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Soldati dell’esercito siriano disertano, passando tra le file dell’FSA, a Khalidiya (Homs), 26/01/2012. Credit to: AP.

Con l’avvento di ISIS, l’FSA ha aggiunto tra i suoi obiettivi anche quello di eliminare il Califfato, combattuto finora molto efficacemente. La sua leadership è il Supreme Military Command sotto il Colonnello Abdelilah al-Bashir, succeduto nel 2014 al Generale Salim Idriss. Sul piano politico, gli corrisponde la Syrian National Coalition, il principale organo di opposizione politica in esilio riconosciuto da 7 Paesi dell’ONU e dall’UE come unico rappresentante legittimo del popolo siriano, nonostante le vicissitudini e i rimpasti che si sono succeduti nel tempo.

Inizialmente sostenuto soprattutto da Turchia, USA, Regno Unito, Francia, Qatar e Arabia Saudita, l’FSA ha visto nel corso del tempo ridursi significativamente il sostegno esterno a causa sia della frammentazione interna, sia dei diversi interessi delle potenze coinvolte, che hanno cominciato a preferire altre fazioni meno moderate. All’FSA fanno capo decine di brigate, alcune delle quali destinatarie di missili anti-carro TOW, l’unico aiuto significativo loro concesso, pur tardivo e limitato (ma estremamente efficace). Precedentemente l’FSA era equipaggiato solo con armi leggere ed armi artigianali fatte in laboratori di fortuna, come mostra questa galleria fotografica.

Membri dell'FSA usano una catapulta artigianale contro i soldati governativi ad Aleppo, 15/10/2012.
Membri dell’FSA usano una catapulta artigianale contro i soldati governativi ad Aleppo, 15/10/2012. Credit to: Reuters/Asmaa Waguih

L’FSA opera nell’area nord-occidentale della Siria, nelle province di Aleppo, Idlib, Latakia, Hama, Homs (ossia le zone più colpite dai bombardamenti russi), di Damasco e a sud nella provincia di Deraa.

In queste due macro-aree, l’FSA opera attraverso due macro-coalizioni:

1. l’Army of Conquest: opera a nord-ovest, nelle province di Idlib e Aleppo. È un’alleanza, formata a marzo 2015 da gruppi di varia natura che coordinano le operazioni. Condividono le risorse ma non hanno un comando unificato e rimangono indipendenti tra loro. Da qui la natura variegata delle fazioni coinvolte, che spaziano dall’FSA, al Fronte Islamico, a Nusra, ognuna con le sue zone di “amministrazione”. È questa la coalizione più colpita dagli aerei russi, stretta com’è da una morsa che vede le truppe di Assad e iraniane premere da sud, ISIS da nord-est e i caccia russi dal cielo, che paradossalmente (ma neanchè tanto) stanno favorendo ISIS. I bombardamenti sulle aree amministrate da chi combatte ISIS sta inevitabilmente rafforzando quest’ultimo, che nell’ultima settimana ha guadagnato terreno;

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Bombardamenti russi in Siria dal 30 settembre al 18 ottobre 2015. Credit to: ISW

2. il Southern Front: opera a sud, nella provincia di Deraa, ed è un’alleanza di 54 fazioni interamente moderate in lotta sia contro le truppe di Assad che contro al-Nusra e ISIS; per questo è stato sostenuto da USA, Turchia, Paesi del Golfo e dalla vicina Giordania, tanto che il Military Operations Center che ne ha gestito le operazioni si trova ad Amman. Grazie a questo sostegno, il Southern Front ha ottenuto vittorie significative dal giugno 2015 (inizio delle operazioni) puntando alla conquista della città di Deraa. Ma l’offensiva si è arenata, sia per errori tattici sia per il venir meno di quel sostegno da parte degli USA e i suoi alleati che dopo il fallimento della presa di Deraa hanno totalmente interrotto gli aiuti nel settembre 2015.

Fronte Islamico

Nel novembre 2013, 7 fazioni islamiste (Ahrar al-Sham, Jaysh al-Islam, Suqour al-Sham, Liwa al-Tawhid, Liwa al-Haqq, Ansar al-Sham e il Fronte Islamico Curdo) si sono riunite in un’unico fronte, appunto l’Islamic Front, la più grande alleanza sul fronte dell’opposizione che vuole la caduta del regime di Assad e la formazione di uno Stato basato sulla legge islamica; hanno posizioni nazionaliste e criticano Jabhat al-Nusra per la sua affiliazione ad al-Qaeda (ritenuta una potenza straniera). Il Fronte Islamico ha dichiarato presto la sua indipendenza rispetto all’FSA, espellendo dalle proprie zone nel nord della Siria, attorno al valico di frontiera con la Turchia Bab al-Hawa, tutte le brigate FSA, cosa che nel dicembre 2013 spinse USA e Regno Unito a sospendere gli aiuti non-letali che fornivamo fino ad allora all’FSA. Il timore che le armi potessero finire nelle mani di fazioni dichiaratamente islamiste e salafite e la consequente riduzione drastica dell’invio di armi all’FSA, decretò l’isolamento di quest’ultimo e favorì indirettamente quelle stesse fazioni che l’Occidente temeva, perchè, al contrario, Turchia e Paesi del Golfo quali Qatar e soprattutto Arabia Saudita concentrarono i loro finanziamenti proprio su quelle fazioni islamiste.

Alcune di queste fazioni islamiste sono guidate da comandanti salafiti scarcerati dal regime siriano nei primi mesi delle rivolte di piazza con amnistie. È il caso di Zahran Alloush, leader di Jaysh al-Islam, rilasciato dalla famigerata prigione di Sednaya (Damasco) nel giugno 2011 con un’amnistia del Presidente Assad. Un altro esempio è Hassan Aboud, leader della potente brigata salafita Ahrar ash-Sham, ma anche Abdul Rahman Suweis leader della brigata Liwa al Haq e Ahmad Aisa al Sheikh, comandante della Suqour al Sham, tutti scarcerati nel 2011 dalle amnistie di Assad. Secondo un ex ufficiale del Military Intelligence Directorate (un alawita che disertò nel 2011 in protesta per la violenta repressione dei manifestanti) intervistato dal The National, il regime di Assad avrebbe deliberatamente rilasciato salafiti e membri di al-Qaeda detenuti nelle sue carceri per radicalizzare l’opposizione e giustificare la repressione militarizzata. Il progetto sarebbe durato fino a ottobre 2011 e sarebbe stato gestito dal General Security Directorate. “Questo regime è furbo, nessuno dal di fuori potrà mai capire ciò che accade all’interno”, sostiene l’ex ufficiale, che descrive un “sistema di dipartimenti di intelligence che spiano gli uni sugli altri, tradendosi l’un l’altro, a volte promuovendo attacchi di ribelli armati su altri settori di sicurezza – tutto in nome del servizio al Presidente”.

Jabhat al-Nusra

Nata nel 2012, è il principale gruppo jihadista siriano, costola della fazione irakena di al-Qaeda, guidata da Abu Mohammed al-Golani. L’obiettivo di al-Nusra è abbattere il regime di Assad per istituire uno Stato fondato sulla legge islamica (secondo l’interpretazione sunnita della sharia). Per garantirsi un minimo di sostegno popolare e per apparire meno radicali, al-Nusra ha tentato (a volte con successo) di dare assistenza alla popolazione civile, di essere tollerante verso le minoranze (pur considerando gli alawiti eretici e salvo il recente appello di vendicarsi sulle popolazioni alawite per le perdite sunnite inflitte dall’aviazione russa) e, secondo le direttive del leader di al-Qaeda al-Zawahiri, di rinunciare a qualunque attacco contro l’occidente. Tuttavia la barbarie del gruppo e le sue istanze estremiste e jihadiste sono ben note alla popolazione siriana – che più volte ha protestato contro al-Nusra – e non solo.

Combattenti al-Nusra a sud di Damasco.
Combattenti al-Nusra a sud di Damasco. Credit to: RAMI AL-SAYED/AFP/Getty Images

Nel dicembre 2012 gli Stati Uniti hanno inserito l’appena nata al-Nusra nella lista delle organizzazioni terroristiche, così come fatto poi anche dall’ONU nel maggio 2013 e tardivamente dalla Turchia, nel giugno 2014. La riluttanza turca si spiega con l’iniziale sostegno dato al gruppo jihadista in chiave anti-Assad, cosa peraltro fatta anche da Arabia Saudita e Qatar. Anche nel caso di al-Nusra si sono registrati casi di miliziani precedentemente rinchiusi nelle carceri di Assad e poi rilasciati con amnistie. Si ritiene che lo stesso al-Golani fosse nelle carceri di Assad fino al 2011.

L’YPG curdo

Si tratta dell’Unità di Protezione Popolare (YPG), braccio armato del partito curdo siriano PYD (Partito dell’unione democratica). Nelle aree controllate, a nord-est della Siria, hanno istituito una sorta di governatorato autonomo, Rojava. E’ bene sottolineare che l’YPG e il PYD, in quanto partito politico, non rappresentano la totalità della comunità curda siriana, tanto che ci sono delle fazioni curde in seno all’FSA e delegati curdi nella Coalizione Nazionale Siriana ai colloqui di pace. Sebbene impegnati nella lotta all’ISIS, la loro affiliazione al gruppo terroristico PKK crea problemi insormontabili con la Turchia – che ritiene il PKK un pericolo maggiore di ISIS – i cui bombardamenti hanno finito per colpire principalmente postazioni YPG. L’obiettivo dell’YPG è la formazione del tanto agognato Kurdistan, per decenni negato e ostacolato con una feroce repressione tanto dalla Turchia, quanto dalla Siria degli Assad. Sostenuti dalla Coalizione Internazionale, hanno ottenuto vittorie importanti contro ISIS, affiancati da gruppi dell’FSA, con i quali nel settembre 2014 hanno formato un Joint Operations Command, ossia la Coalizione Euphrates Volcano, in chiave anti-ISIS, come mostra questo video che li vede lottare fianco a fianco. E’ insieme che hanno liberato Kobane nel gennaio 2015.

YPG ed FSA annunciano la formazione del loro Commando congiunto anti-ISIS.
YPG ed FSA annunciano la formazione del loro Commando congiunto anti-ISIS. Credit to: Rudaw

Tuttavia, non mancano le denunce di abusi anche da parte dell’YPG sulle popolazioni arabe, come lo sfollamento forzato e la distruzione di interi villaggi. L’YPG ha respinto ogni accusa.

Syrian Democratic Forces

A seguito dell’intervento russo in Siria, le opposizioni si sono dovute riorganizzare e già a ottobre è nata una nuova coalizione, le Syrian Democratic Forces, formate in gran parte (e guidate) dall’YPG e in piccola parte dagli arabi siriani del gruppo Jaysh al-Thuwar, nonchè piccoli gruppi di Assiri e Turcomanni. Di base nella provincia autonoma di Rojava, nella loro dichiarazione finale stabiliscono che l’intento ultimo è dare concretezza alle aspirazioni democratiche della Rivoluzione siriana ponendosi come “forza nazionale nella futura Siria”. Sono addestrati e assistiti da forze speciali americane presenti, in piccoli numeri, nel Rojava.

ISIS (o Daesh)

In realtà è improprio posizionare ISIS in una guida dell’opposizione siriana, in quanto non ne fa parte, anzi combatte ferocemente i gruppi d’opposizione, ed è a tutti gli effetti una forza d’invasione, ma è necessaria una menzione. Autoproclamatosi “califfato” nel giugno 2014. La sua natura transnazionale – non opera solo in Siria ed è costituito principalmente da foreign fighter – lo rende difficile da colpire, ed è stato in grado di attrarre giovani da tutto il mondo con la sua spiccata professionalità nel gestire la propaganda. Attestato nelle zone orientali della Siria, da Hasaka a Palmira passando per la sua “capitale” Raqqa e per Deir el–Zor (dove si concentra la maggior parte delle risorse petrolifere siriane), è in lotta con tutti nello scacchiere siriano: contro le fazioni dell’opposizione, anche quelle jihadiste e di al-Nusra, e contro il regime di Assad, anche se con quest’ultimo le relazioni sono piuttosto ambigue, di certo non uniformi nel tempo e nello spazio: più volte e in più zone le due parti hanno raggiunto compromessi, soprattutto circa la gestione dei pozzi petroliferi, caduti in mano a ISIS ma il cui petrolio viene venduto al regime di Assad, ma anche delle centrali elettriche, o anche con accordi locali di non aggressione in chiave anti-opposizione.


In questo quadro complesso, va chiarita la natura di certe alleanze: l’FSA non ha affiliazioni ideologiche né con al-Nusra (che ha combattuto aspramente fino al 2014) né con il Fronte Islamico, in quanto le sue motivazioni non sono religiose ma politiche. Il fatto che collabori con queste fazioni di matrice islamista non è pertanto dovuto a una condivisione di vedute sul futuro della Siria (che come visto divergono sostanzialmente) ma puramente a esigenze tattico-militari: le fazioni islamiste e jihadiste sono oggettivamente meglio organizzate e meglio armate, in parte perchè hanno ricevuto più finanziamenti, in parte perchè adottano delle tattiche militari molto efficienti, non da ultimo l’uso di autobomba: i militanti di al-Nusra, in particolare, non esitano a lanciarsi in devastanti missioni suicida, avendo un’interpretazione sacrale del concetto di “martirio”.

L’isolamento delle forze moderate dell’FSA ha favorito l’ascesa di gruppi più radicali e ora le prime si vedono costrette a collaborare con le seconde per necessità, fornendo alla retorica russa motivo per racchiudere tutte le distinzioni fatte sinora nell’arbitraria nozione di “terroristi”. Ed è proprio l’intervento aereo russo sulle zone dell’opposizione più che su ISIS che avvicinerà ancor di più l’FSA alle altre fazioni islamiste per respingere gli attacchi. Almeno nell’immediato futuro.

Aggiornamento ad agosto 2016:

Da quando è stato pubblicato questo articolo, ci sono stati degli sviluppi: il Fronte Islamico è stato definitivamente sciolto e le sue brigate sono confluite nell’Esercito della Conquista, mentre il 28 Luglio 2016 al Nusra ha dichiarato ufficialmente la scissione da al Qaeda, cambiando nome in Jabhat Fateh al Sham (Fronte per la Conquista della Siria). L’YPG, che finora ha mantenuto buoni rapporti con le autorità di Damasco, collaborando con queste ultime in chiave anti-ISIS (ma almeno nel cantone di Efrin anche anti-ribelli), a metà agosto è stato bombardato per la prima volta dall’aviazione siriana ad Hasaka, avviando aspri combattimenti con le forze del regime per il controllo della città.

Per quanto riguarda ISIS, tra marzo e aprile 2016 alcuni disertori dell’ISIS, consegnatisi all’FSA, hanno portato con sé dei documenti, consegnati poi alla stampa (alla redazione di SkyNews) e alle intelligence occidentali (noto come ISIS-leaks), che rivelano non solo centinaia di nomi di miliziani, ma anche che tra ISIS e il regime siriano ci siano stati dei patti localizzati di non aggressione (infatti sebbene ISIS sia giunto in Siria nel 2013, non si sono registrati scontri militari tra regime e ISIS fino al 2014) e casi di accordo tra le due parti sulla “riconsegna” di alcune città: ISIS ha potuto abbandonare delle città con tutti gli armamenti in cambio della loro “riconsegna” alle truppe governative. E’ il caso della controversa liberazione di Palmira del 27 marzo 2016: da quei documenti emerge che ISIS ha abbandonato la città ore prima della supposta riconquista da parte del regime. E non sarebbe un caso isolato.

Aggiornamento a settembre 2016:

A questa panoramica va aggiunto un nuovo attore, il “Nuovo Esercito Siriano”, che sebbene sia una forza esclusivamente anti-ISIS, nasce comunque da reparti dell’FSA. Ne abbiamo parlato qui.

di Samantha Falciatori