I grandi piani energetici dell’Uruguay

Reuters/Bruno Kelly
di Christian Piscopo
Mentre il mese scorso i leader mondiali di oltre 190 Paesi si sono incontrati a Parigi per discutere con fatica i termini di un nuovo trattato sul cambiamento climatico, finalizzato a ridurre le emissioni globali di CO2, l’Uruguay ha dimostrato che è possibile già ora ottenere grandi risultati attraverso una politica energetica coraggiosa e ecosostenibile.

 «Un piccolo Paese dai grandi piani». Questa la frase pronunciata dal direttore nazionale dell’energia Ramón Méndez  in un’intervista rilasciata l’anno scorso a “WindPower”. Senza ricorrere a sussidi governativi, o aumentare i costi dei consumatori, nel giro di dieci anni l’Uruguay è riuscito a tagliare considerevolmente l’impronta di carbonio aumentando la produzione di energie rinnovabili che oggi costituiscono il 55% del fabbisogno nazionale, rispetto a una media mondiale del 12%. Inoltre i prezzi dell’energia sono calati rispetto al passato.

La morfologia geografica dell’Uruguay ha permesso al Paese di costruire una rete energetica basata su diversi tipi di fonti, tra cui turbine eoliche, energia solare, energia idroelettrica e biomasse, minimizzando anche il rischio di blackout.

La Banca Mondiale, la Commissione economica dell’America Latina e dei Caraibi, e il Wwf, l’anno scorso hanno dunque inserito l’Uruguay nell’elenco dei “Green Energy Leader”.

Il miracolo. A Parigi, al summit delle Nazioni Unite, Méndez ha fatto una promessa che suona miracolosa: tagliare le emissioni di anidride carbonica dell’88% rispetto alla media del periodo 2009-2013, entro il 2017. Per farlo è necessario un chiaro processo decisionale sostenuto da un clima normativo favorevole, una forte sostegno partitico trasversale e un’ energica partnership tra settore pubblico e privato.

Negli ultimi anni gli investimenti energetici sono stati pari al 15% del Pil annuo nazionale, una cifra che si aggira intorno ai sette miliardi di dollari, pari a cinque volte la media dell’America Latina. 

Il segreto. Méndez afferma di aver imparato che le energie rinnovabili sono un “business finanziario”, spiegando come sia possibile mantenere i costi di costruzione e manutenzione bassi e contestualmente attirare investimenti. Ulteriore agevolazione per gli investitori è mantenere il prezzo fisso  per la costruzione di impianti garantito per venti anni dalla società di servizi energetici statale.

Le conseguenze di queste politiche si possono vedere sulla Route 5, che dalla capitale, Montevideo, risale verso nord. In poco più di 300 chilometri ritroviamo tre impianti agroindustriali alimentati a biocombustibile e altrettante centrali eoliche. La concorrenza di imprese straniere interessate a entrare in questo affare ha ridotto ulteriormente i prezzi degli appalti, tagliando del 30% le spese negli ultimi tre anni.

Potenziali ostacoli. Mentre in passato l’Uruguay importava elettricità dall’Argentina, l’estate scorsa lo stesso Uruguay ha venduto al suo vicino un terzo della propria elettricità. Tuttavia, ci sono degli ostacoli. Nonostante l’affermazione del direttore nazionale per l’energia, secondo cui «il potenziale eolico dell’Uruguay è virtualmente illimitato», c’è buona ragione di credere che solo 1.4 GW sarà, nei fatti, l’energia disponibile all’uso nei primi mesi del 2016: «questo è il massimo tecnicamente fattibile, non continueremo ad istallare nuovi impianti a causa della stabilità della rete».

A differenza del Brasile, l’Uruguay non ha intenzione di costruire un’industria eolica pubblica, bensì cercherà di creare un’integrazione produttiva con partner pubblici e privati, che le permetteranno di esportare turbine eoliche.

L’Uruguay è un paese relativamente piccolo, con una superficie di poco più di 172.000 km² e con una popolazione esigua di 3,4 milioni di abitanti; inoltre è un paese che non ha grandi industrie, ma possiede la riserva d’acqua maggiore dell’America Latina. Tenendo conto di queste premesse e della sua eccezionalità, l’Uruguay è stato capace di dimostrare che le energie rinnovabili possono ridurre le spese di produzione dell’energia e soddisfare la maggior parte del fabbisogno energetico laddove i settori pubblico e privato collaborino efficacemente per un obiettivo comune.