11/07/1995 – Srebrenica

Credits: andreatoffanin

A distanza di 20 anni, è impossibile lasciarsi alle spalle una delle pagine più oscure della storia contemporanea. Lo sterminio più sanguinoso d’Europa dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il massacro di Srebrenica operato dalle forze serbe in Bosnia a scapito di più di 8000 tra uomini e bambini musulmani resta un caso politico, una fallimento internazionale, un crimine contro l’umanità.


È il 1992, il conflitto in Bosnia è solo parte della grande guerra in corso in ex Jugoslavia. il generale Radovan Karadzic, autorizza la pulizia etnica per liberare le provincie serbe in Bosnia dai musulmani. Srebrenica viene dichiarata “zona protetta” sotto mandato ONU e i bosniaci cercano di rifugiarvisi in cerca di protezione.

Il 9 luglio 1995, la zona è sotto i colpi dei serbo bosniaci comandati da Mladic che assediano la città da più punti. Le regole di ingaggio dei Caschi blu – tre compagnie di reclute olandesi – non consentono alcuna azione in risposta alla forza esercitata. Parte dei rifugiati si trova nella ex fabbrica di batterie di Potocari dove le Nazioni Unite hanno costruito il loro compound, ma questa, secondo le forze internazionali, non è grande abbastanza da ospitare tutti. Gran parte di questi è costretta a rifugiarsi nei boschi.

L’11 luglio i serbi entrano a Srebrenica e setacciano le zone circostanti. I miliziani serbo-bosniaci separano donne, bambini e anziani dai maschi fra i 12 e i 77 anni. Gli uomini sono massacrati a freddo, uno dopo l’altro, e gettati in fosse comuni. Le uccisioni sono più di 8mila (con un numero ancora imprecisato di dispersi). Abusi e violenze sono segnalati anche fra le donne.

Le forze ONU non intervennero per ragioni mai state chiarite. La versione ufficiale recita che i 600 caschi blu nella zona non erano preparati e armati a sufficienza per contrastare le forze serbo-bosniache. Gli ufficiali chiesero più di una volta un intervento aereo, ma solo l’11 luglio gli alti comandi militari trovarono un accordo per intervenire.

Solo due caccia olandesi attaccarono le postazioni serbe senza sortire particolari effetti. Una seconda tesi non ufficiale sostiene che i rifugiati di Srebrenica furono usati come merce di scambio dai comandanti delle battaglione interforze che avevano negoziato, due mesi prima, la liberazione di Caschi blu olandesi fatti prigionieri dai serbi.

Esiste ancora una versione ulteriore e più politica. Sembra infatti che governi europei vedessero con favore la caduta dell’unica enclave musulmana in quella parte di Bosnia, prospettando una più semplice ripartizione delle terre, che in effetti ci fu.