Ve la ricordate la Blackwater? La famosa compagnia militare privata, entrata nell’immaginario collettivo grazie alle guerre in Iraq e Afghanistan. Esiste ancora, ha cambiato nome e il suo fondatore ha piani ambiziosi, tra cui lavorare con i cinesi.
Nel contesto instabile del mondo del XXI Secolo uno dei fenomeni maggiormente interessanti ma al contempo preoccupanti attiene alla crescita continua delle cosiddette compagnie militari private, ovvero ciò che nei decenni passati avrebbe indicato gruppi di “mercenari”.
Un titolo piuttosto sinistro capace di evocare nella mente del lettore storie riguardanti guerre civili, massacri, colpi di stato, etc., spesso in qualche Stato africano o della fascia tropicale/equatoriale del globo.
Nulla di più scorretto tuttavia, in quanto queste compagnie si delineano come vere e proprie multinazionali che offrono i propri servizi a numerosi paesi: dalla protezione di dignitari sino al trasporto aereo, passando anche per operazioni maggiormente rischiose e problematiche. Con quest’ultima definizione si vuole indicare essenzialmente il ruolo che esse svolgono nell’ambito dei combattimenti veri e propri, spesso in contesti nei quali non si assiste a conflitti tra Stati ma a situazioni insurrezionali o a “bassa intensità”.
La punta di diamante
In modo da affrontare in maniera più approfondita la questione in essere, e le ricadute possibilmente preoccupanti per le strategie occidentali (o meglio statunitensi) nell’arena globale, è bene osservare il nome che è stato presentato nel sottotitolo del presente articolo: Blackwater.
Con questo termine, infatti, si fa riferimento a una società divenuta estremamente famosa nel primo decennio degli anni 2000, quando assunse il ruolo guida tra le società di contractor che vennero impiegate a supporto del governo e delle Forze Armate degli Stati Uniti nel contesto iracheno. In special modo il ruolo per cui essa fu incaricata, originariamente, sarebbe stato quella di fornire protezione ai funzionari della Coalition Provisional Authority, ossia sostanzialmente il corpo amministrativo occupante guidato da Paul Bremer che aveva il compito di governare lo Stato iracheno nei mesi successivi alla caduta del regime di Saddam Hussein.
Con il passare del tempo e il deteriorarsi della situazione, però, la Blackwater espanse il proprio mandato, tanto che spesso si trovò a sostituire i militari nello svolgimento di determinati compiti, come la scorta ai convogli logistici o l’addestramento dei nuovi elementi costituenti le forze di sicurezza locali. Ciò accadde per vari motivi: le unità statunitensi erano state ridotte per via delle decisioni del Presidente Bush e del Segretario alla Difesa Rumsfeld, passato alla storia, tra le altre cose, per aver ritenuto che una volta abbattuto il regime di Baghdad gli Stati Uniti avrebbero potuto riportare velocemente in patria le truppe e dedicarsi a nuovi obiettivi di regime change.
Architrave e fondatore della compagnia Blackwater era Erik Prince, ex Forze per Operazioni Speciali della Marina degli Stati Uniti, personaggio dal passato piuttosto controverso e tipico esempio di self-made man a stelle e strisce (qui trovate il suo profilo raccontato da Newsweek). Attualmente Prince pare godere di alta considerazione nei circoli pro-Trump (di cui pare aver finanziato ampiamente la campagna elettorale), grazie alle sue posizione fortemente interventiste in politica estera e di riaffermazione dei “valori americani” nel contesto globale. Fatto da non trascurare nemmeno il legame con Steve Bannon, lo stratega del Presidente, e con il Vice Presidente Pence, in special modo in base alle comuni vedute di natura religiosa.
Grazie a lucrativi contratti di fornitura di servizi specializzati (ottenuti grazie al fatto che anche altri membri della società Blackwater erano ex appartenenti alle Forze armate di numerosi paesi occidentali e quindi soggetti dotati di preparazione specifica già testata nelle realtà operative) la compagnia divenne una delle maggiori e più importanti impiegate dal Dipartimento di Stato attorno al mondo, oltre a svolgere il suddetto ruolo di protezione dei diplomatici.
Come già sottolineato, tuttavia, l’apice della fama della società (contestualmente con l’inizio della sua caduta) giunse con il conflitto nella nazione mesopotamica. In particolar modo, uno degli episodi più funesti si verificò il 31 marzo del 2014 presso Fallujah, in Iraq, una delle cittadine maggiormente restie al controllo da parte degli statunitensi o del governo di Baghdad.
In questo bastione dell’insurrezione sunnita quattro uomini appartenenti alla Blackwater caddero in un’imboscata per poi essere uccisi, carbonizzati e i loro cadaveri appesi ai uno dei ponti sull’Eufrate. Il fatto ebbe un’enorme eco nel mondo e portò alla pianificazione ed esecuzione di un assalto su vasta scala condotto dal Corpo dei Marines, in quello che divenne il combattimento urbano maggiore per le forze USA sin dai tempi del Vietnam.
In ogni caso, l’episodio maggiormente significativo che evidenzia le criticità dell’impiego sistematico di contractor, lo possiamo datare al 2007, momento nel quale al picco della guerra contro-insurrezionale voluta dal Generale Petraeus in Iraq, e volto alla protezione prioritaria dei civili iracheni il cui appoggio era necessario per spezzare la resistenza degli insorti, i contractor stessi, credendosi coinvolti in un attacco ai loro danni, risposero sparando all’impazzata nel cuore della capitale irachena, in pieno giorno, uccidendo 14 civili inermi e ferendone un numero molto significativo.
Per tale episodio, alcuni degli sparatori vennero condannati da tribunali statunitensi, ma il danno che essi causarono nell’ambito delle operazioni militari (operazioni di guerra d’informazione attuate dagli insorti stessi volte a influenzare la popolazione locale) fu notevole. Ciò, tralasciando i numerosi strascichi che una situazione del genere creò inevitabilmente tra gli Stati Uniti e il governo iracheno. Dal 2007 la compagnia Blackwater decide di cambiare nome. prima in XE Services e poi in Academi.
L’evoluzione del modello
Recentemente si è appreso di un possibile ritorno di Prince nelle cronache militari, visto che, come riporta BuzzFeed, l’ex Blackwater sarebbe intenzionato a collaborare con il governo della Repubblica Popolare Cinese con lo scopo di costituire un esercito privato impiegabile al di fuori dei normali canali della Difesa.
La questione in effetti rischia di configurarsi come un fatto piuttosto scomodo anche all’interno dell’esecutivo targato Trump, dato che il neo Segretario all’istruzione, Betsy DeVos, non è altro che la sorella di Prince (e come quest’ultimo incline ad appoggiare la privatizzazione e diffusione di un’agenda religiosa nel proprio campo d’interesse) in un governo dichiarante come uno dei suoi obiettivi primari riguarderebbe il contenimento della Cina, accusata di manipolare i tassi di cambio e di effettuare una concorrenza sleale, ciò potrebbe delineare una sorta di conflitto d’interessi.
Questo nonostante gli ambiti di lavoro profondamente difformi dei due familiari; ma come dimostra il legame Trump-Russia e le dimissioni del Consigliere per la sicurezza nazionale, l’ex Generale Flynn, niente è da escludere. Ma quali sarebbero le problematiche primarie di tale eventuale accordo tra Prince e la Cina?
Se ne potrebbero individuare immediatamente due: la collaborazione specifica con il regime cinese e le potenziali ricadute nel campo della strategia degli USA.
Affrontando la questione sotto il punto di vista del primo dei punti succitati si può immediatamente rilevare come, seppur la Blackwater avesse fornito servizi a governi non propriamente rientranti negli standard democratici, questi avessero sempre riguardato situazioni nelle quali i governi erano di piccolo o medio calibro, non certamente una delle tre maggiori potenze del pianeta, che impiegando le capacità guadagnate potrebbe andare contro gli interessi specifici di altri paesi dell’area.
Non è un caso che alcuni esponenti presenti nel board di amministrazione della nuova società di Prince, ossia la Frontier Services Group, si siano dimessi in aperto contrasto con le idee del fondatore e direttore esecutivo. Infatti, parrebbe che oltre ai normali servizi di addestramento forniti a soggetti da impiegarsi nella protezione di personalità e simili, i nuovi progetti attengano alla fornitura di “servizi di sicurezza”. Una definizione che richiama a un vero e proprio addestramento militare.
E, riguardo quest’affermazione, si arriva con nemmeno eccessiva difficoltà alla seconda questione sopra delineata e più rilevante. Infatti, è bene ricordare come l’articolo stesso di BuzzFeed dichiari che la società medesima sia intenzionata a creare ben due centri d’addestramento per ex soldati appartenenti al Popular Liberation Army (Esercito di Liberazione Popolare) da installarsi nelle province delle Yunnan e delle Xinjiang, ossia zone ritenute dalla Cina strategiche e fonte di instabilità interna, fattore che faciliterebbe eventuali operazioni militari da parte del governo cinese.
Questa situazione potrebbe andare a creare una serie di difficoltà non solo ai governi prossimi ai confini cinesi – molti dei quali hanno rivendicazioni, ostilità e timori nei riguardi delle aspirazioni egemoniche cinesi nell’area – ma anche agli obiettivi statunitensi. Infatti, è ben comprensibile come gli addestratori di tale società potrebbero insegnare ai cinesi le TTP (Tactis, Techniques and Procedures) normalmente utilizzate dagli eserciti occidentali. Si può facilmente supporre che Pechino potrebbe essere interessata a conoscere le modalità di combattimento degli avversari, un fatto che gli consentirebbe di diminuire il vantaggio competitivo di cui gli Stati Uniti e alleati godono.
Certamente anche le unità a stelle e strisce spesso istruiscono forze militari o paramilitari nelle suddette TTP (la tipica missione delle Forze Speciali è la FID, ossia Foreign Internal Defense), ma la differenza giace nel fatto che si stia parlando di organi che hanno l’imprimatur ufficiale di un governo. Nel caso della società di Prince ci si trova di fronte a un soggetto privato libero di vendere i propri servizi – servizi di una certa criticità – a qualsiasi realtà mondiale, indipendentemente dagli scopi dell’utilizzatore, sotto lauto pagamento. Inoltre non è da dimenticare come una legge federale proibisca l’esportazione di equipaggiamento e servizi militari al gigante cinese.
Implicazioni future
In definitiva, dopo questa breve spiegazione della situazione attinente le compagnie militari private tramite l’illustrazione del caso di maggior rilievo e della situazione che potrebbe svilupparsi, è utile chiudere con una riflessione di un esperto della materia, nonché soggetto potenzialmente coinvolto. Innanzitutto, è evidente che in un mondo così globalizzato nel quale è possibile ottenere e offrire qualsiasi bene, anche l’addestramento militare diverrà un servizio molto richiesto e mercificabile. I governi dovranno quindi tener conto della possibilità di affrontare avversari le cui abilità e i cui mezzi siano stati forniti da elementi appartenenti al proprio “campo”, sebbene “spoliticizzato” grazie all’etichetta di servizi privati. Inoltre, come esempi all’interno dell’aviazione dell’U.S. Army hanno dimostrato, spesso basarsi sull’uso di contractor conduce all’atrofizzazione di numerose capacità tecniche indispensabili, fatto chiaramente negativo e foriero di problemi in divenire.
Per cui, come afferma il Tenente Generale H.R. McMaster – ora nuovo Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti – nelle sue riflessioni sull’impiego della forza da parte delle nazioni occidentali (USA in primis), se “…non vuoi impegnarti massicciamente, evita di farlo”, una critica indiretta ma piuttosto chiara anche all’outsourcing delle capacità militari che, peraltro, in seguito alla proposta di una diminuzione dei fondi assegnati al Dipartimento di Stato da parte dell’Amministrazione Trump, vedrebbe coinvolti anche gli aspetti attinenti ai cosiddetti security contractor.
di Luca Bettinelli