Criminalità diplomatica

Criminalità diplomatica
L’immunità per il bagaglio diplomatico serve per garantire la riservatezza dei documenti scambiati tra ambasciata e paese di origine, ma ci sono casi in cui questo privilegio viene sfruttato per commerciare beni illegali. Sono casi di criminalità diplomatica, chiaramente proibiti dal diritto internazionale.

Funziona così: se sei l’ambasciatore della Corea del Nord in Sudafrica hai tutta una serie di immunità riconosciute dal diritto internazionale (attraverso la Convenzione di Vienna del 1961). Inviolabilità personale e domiciliare, immunità dalla giurisdizione penale e civile, immunità fiscale: servono tutte per permetterti di fare il lavoro in ambasciata senza condizionamenti o la paura di subire ritorsioni contro la tua persona per attività che hai svolto in nome del governo nordcoreano che rappresenti. Tra queste c’è anche l’immunità per il bagaglio diplomatico che consiste nel divieto, in questo caso per la dogana del Sudafrica, di perquisire o sequestrare ogni valigia o bagaglio contrassegnato dai sigilli diplomatici. Questa immunità serve per garantire la riservatezza dei documenti scambiati tra ambasciata e paese di origine. Nel caso nordcoreano serve per trafficare illegalmente avorio e corni di rinoceronte, un’eventualità non esattamente prevista dalla Convenzione di Vienna.

Una sacca di posta diplomatica. Secondo il diritto internazionale, questi bagagli sono inviolabili. Credits: Getty

Sfruttando sapientemente l’immunità diplomatica, diversi membri del personale nordcoreano sono riusciti negli ultimi anni a fare montagne di soldi grazie al contrabbando di beni illegali. Sono almeno 18 casi negli ultimi 30 anni secondo un nuovo report redatto dalla Global Initiative against Transnational Organized Crime. Le analisi si basano su rivelazioni di ex-funzionari nordcoreani, indagini e fatti di cronaca che, uniti in un unico quadro, spiegano nel dettaglio come l’abuso di un’immunità diplomatica sia alla base di traffici criminali disastrosi per il continente africano.

Forte del fatto di aver sì ratificato la Convenzione ONU contro il Crimine Organizzato Transnazionale ma con la riserva di non riconoscere responsabilità a “persone giuridiche” (quindi società o enti) che vìolino il trattato, la Corea del Nord non prende nessun provvedimento nei confronti di agenti diplomatici accusati di questi crimini. Quindi i diplomatici coreani non hanno timori di ritorsioni e punizioni da parte del governo responsabile dell’ambasciata (ovvero l’unico soggetto a poter fare qualcosa, dato che il governo della sede territoriale non può toccare l’ambasciatore).

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Un manifestante mostra un cartello che denuncia la mattanza di rinoceronti davanti all’ambasciata cinese a Pretoria, Sud Africa. Credits: AFP

Alcuni colpevoli di crimini internazionali, non solo non sono puniti, ma riescono anche a fare carriera grazie ai soldi ottenuti. Nel 1992 un giovane diplomatico di nome Han Dae Song venne espulso dallo Zimbabwe con l’accusa di aver trafficato corni di rinoceronte in bagagli diplomatici. Oggi, venticinque anni dopo, è uno dei diplomatici coreani di punta, è a capo della Corea del Nord alla Rappresentanza Permanente dell’ONU a Ginevra ed è stato promosso ambasciatore in Svizzera.

La Environmental Investigation Agency (EIA) ha denunciato per anni i traffici di avorio e corni di rinoceronte delle ambasciate nordcoreane in Zambia e Zimbabwe, sostenendo che la quasi totalità dello staff di queste ambasciate è coinvolto e che l’80% dei corni da loro trafficati provenga da rinoceronti uccisi in Zimbabwe. È stato stimato che la criminalità organizzata nordcoreana operi in tutto il mondo generando profitti enormi. Alcune stime parlano di introiti tra i 700 milioni e 1 miliardo di dollari all’anno (e se calcolate che l’export nordcoreano è poco superiore a 1,5 miliardi capite anche la magnitudine) date al commercio di armi, droga e denaro contraffatto. Questo fa sì che basti far arrivare merce di contrabbando in Nord Corea per trovare un mercato pronto a riciclare qualsiasi tipo di bene illegale e dunque la rivendita del bene illecito non costituisce grave problema per i diplomatici coreani.

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Oltre 80 chilogrammi di corna di rinoceronte bianco in valigia. Credits: The Namibian

Quello che spinge gli agenti delle ambasciate coreane a gestire questi traffici sono le paghe misere che riconosce Pyongyang ai suoi agenti. I corpi diplomatici sono stati a lungo sotto pressione affinché guadagnassero abbastanza per mantenere le attività all’estero. Secondo quanto rivela Mr Kim (ex diplomatico disertore che è scappato in Corea del Sud, intervistato sotto pseudonimo per proteggere alcuni familiari ancora in Corea del Nord) ogni ambasciatore non riceve più di 1.000 dollari al mese e i suoi segretari, a seconda del livello, prendono tra i 400 e i 700 dollari al mese. Questo fa sì che i diplomatici siano spinti a cercare altre fonti di reddito (comunque vietate dalla Convenzione di Vienna del 1961 che prevede che l’agente diplomatico non avvii attività remunerate diverse dal suo ruolo istituzionale, che contrabbandi corni di rinoceronte o meno).

I casi più recenti

Nel maggio 2015 la polizia mozambicana fermò a Maputo (la capitale) due nordcoreani con passaporto diplomatico. A bordo del Toyota 4×4 registrato presso l’ambasciata nordcoreana di Pretoria, Sudafrica, la polizia trovò 100.000 dollari in contanti e corni di rinoceronti per 4,5 kg. Uno dei due, Pak Chol-jun, era consigliere politico all’ambasciata di Pretoria e dopo l’incidente il ministro sudafricano delle Relazioni Internazionali gli diede 30 giorni per lasciare il paese prima di essere dichiarato “persona non grata” e dunque perseguirlo penalmente. Nel settembre 2016 un agente diplomatico nordcoreano venne fermato all’aeroporto di Bole, Etiopia, mentre cercava di andare in Cina con 76 pezzi di avorio lavorato. Sempre all’aeroporto di Bole, un mese dopo venne fermato un altro diplomatico nordcoreano in transito dallo Zimbabwe verso Shangai in possesso di 200 bracciali di avorio.

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Paisarn Chuenjit, vice-direttore della sicurezza di frontiera thailandese confisca corna di rinoceronte ritrovate nei bagagli di personale diplomatico all’aeroporto internazionale di Bangkok nel 2014. Credits: AP Photo/Apichart Weerawong

Il meccanismo è semplice: i contrabbandieri diplomatici portano la merce nei loro bagagli, solitamente uno a testa. L’avorio può prendere diverse forme, dalle sculture etniche alle stecche di sigarette, ed essere trasportato in lotti da 7-10 kg ciascuno. Con i corni di rinoceronte però si fanno molti più soldi, la medicina asiatica li richiede come afrodisiaci o ingredienti della medicina cinese, con una domanda sempre maggiore nonostante siano stati dichiarati illegali. Il costo originale è di 20.000 dollari ogni 7 kg e il diplomatico riesce a fare anche 10.000 dollari di profitto per un trolley portato in Asia. Park Ji-wan, un ex-responsabile di un ufficio commerciale per il regime coreano in Cina, sostiene che l’ambasciata nordcoreana in Sudafrica sia un fornitore chiave per i corni di rinoceronte. Ha affermato che il corno “veniva tagliato in grossi pezzi, qualche volta ci arrivava corno di rinoceronte bianco, che è meno costoso di quello nero. Metà prezzo. Ai tempi valeva circa 35.000 dollari al kilo e il prezzo raddoppiava in Cina. Ogni anno portavano corni di rinoceronte”.

Una brutta abitudine, non solo coreana

Per quanto possa sembrare incredibile, la Corea del Nord non è la sola ad abusare del bagaglio diplomatico per traffici illegali o criminali. Il caso più eclatante di tutti è quello conosciuto come l’Affare Dikko, quando il bagaglio diplomatico nigeriano venne pensato per rimpatriare l’ex-ministro nigeriano e oppositore politico Umaru Dikko, fuggito in Gran Bretagna, da Londra al Ministero degli Esteri nigeriano a Lagos. In breve, quando un colpo di stato militare depose il governo nigeriano nel 1983 l’allora ministro dei trasporti Umaru Dikko (accusato di corruzione e oppositore politico) scappò a Londra. I servizi segreti nigeriani, aiutati dal Mossad israeliano, trovarono DIkko dopo diversi mesi di ricerche e programmarono di rapirlo per riportarlo in patria e processarlo (sapendo di non avere chances di ottenere l’estradizione dal governo britannico).

Umaru Dikko in una foto scattata a Londra durante la sua permanenza nel Regno Unito. Credits: nd.

Il 5 luglio 1984 fu organizzata un’imboscata davanti a casa di Dikko, lui venne anestetizzato e portato su un aereo cargo dentro a una gabbia preparata apposta per lui, denunciata come bagaglio diplomatico alla dogana (quindi non passata agli scanner) e indirizzata al Ministero degli Esteri nigeriano a Lagos. La fortuna di Dikko fu la sua segretaria che, avendo assistito al rapimento dalla finestra della casa, denunciò subito il rapimento. Venne attivata la squadra antiterrorismo e ogni volo verso la Nigeria fu ispezionato, incluso quello su cui era Dikko. Per un disguido, i sigilli diplomatici non erano stati messi sulla sua gabbia (come invece richiesto dall’art. 27 della Convenzione di Vienna) e gli agenti dell’antiterrorismo poterono aprire il pacco senza violare l’immunità diplomatica nigeriana. Dikko venne salvato e 17 persone furono arrestate. Nonostante la Nigeria negasse coinvolgimenti diretti (alquanto palesi), il governo britannico espulse due diplomatici sospese le relazioni con la Nigeria per due anni in quella che viene ricordata come la più grave crisi diplomatica tra i due paesi.