Il difficile momento dell’Indonesia

L’Indonesia è un gigante multietnico e multi-confessionale che nell’epoca dell’incertezza globale rischia di vedere compromessa la tenuta del motto nazionale “uniti nella diversità”.

Al di fuori del cosiddetto “mondo occidentale” sono pochi i protagonisti che ottengono l’attenzione dei media europei. Tra i giganti sottovalutati, figura sicuramente l’Indonesia, paese dalle caratteristiche peculiari e che vanta alcuni interessanti primati.

L’Indonesia è il quarto paese più popoloso del mondo dopo Cina, India e Stati Uniti e il più popoloso paese a maggioranza musulmana con più di 205 milioni di credenti, ben più del Pakistan e dei paesi della penisola araba dove nasce e si diffonde l’Islam.

E’ uno stato chiave in una zona di enorme importanza geopolitica attraversata da grandi flussi di persone, merci, denaro: l’isola di Sumatra, appartenente all’Indonesia, è divisa dalla Malesia dai 55km dello Stretto di Malacca, uno dei punti di passaggio più importanti per il traffico marittimo mondiale, che collega l’Oceano Indiano al Mare Cinese Meridionale e all’Oceano Pacifico.

La nazione è anche la terza democrazia mondiale: il Paese è multietnico, stabilisce costituzionalmente il principio della libertà religiosa e fa motivo di vanto la capacità di far convivere al suo interno, tante differenze in maniera più o meno pacifica.

Recentemente però, nemmeno l’Indonesia è uscita indenne dal progressivo destabilizzarsi degli equilibri globali. Alcuni eventi accaduti nell’ultimo mese attestano una preoccupante avanzata dell’integralismo religioso in alcune aree del paese ma anche a livello regionale.

Il 9 maggio è stato condannato per per blasfemia il governatore uscente di Jakarta, Basuki Tjahja Purnama detto “Ahok”, cristiano e di origine cinese. Nell’autunno 2016, è stato accusato di blasfemia con un pretesto relativamente debole: in campagna elettorale pare abbia citato un verso del Corano per sostenere come un musulmano possa votare anche a favore di un non musulmano, scatenando l’ira dei gruppi musulmani più radicali.

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L’ex-governatore di Jakarta Ahok- Credits: RIZKY RAMADHAN/CELAHKOTA.COM

Sotto la pressione dell’opinione pubblica la polizia ha avviato le indagini e ha arrestato Basuki che ha perso le elezioni in Aprile e dopo la condanna del 9 Maggio ha rinunciato all’appello. Alcuni hanno visto una recrudescenza del sentimento anti cinese piuttosto diffuso in Indonesia, visto che l’etnia cinese seppur minoritaria spesso concentra nelle sue mani buona parte della ricchezza. Basuki e i suoi sostenitori hanno fatto intendere come questo attacco sia diretto al Partito Democratico Indonesiano di Lotta – ovvero il partito di Joko Widodo, presidente del paese e musulmano moderato – che si sta preparando alle elezioni del 2019.

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Alcune delle vittime degli arresti e degli interrogatori avvenuti a seguito delle indagini sulla violazione della legge anti-pornografia. Credits: Antara Foto/Reuters

Sempre nel mese di Maggio è stata presa di mira la comunità omosessuale locale di Aceh. In Indonesia l’omosessualità normalmente non è considerata un crimine, ma ad Aceh, una delle province settentrionali, a maggioranza musulmana (e l’Islam è interpretato in maniera più radicale) è in vigore la sharia e più di un centinaio di uomini omosessuali sono stati arrestati il 22 maggio con accuse legate alle leggi anti pornografia. Il giorno seguente, ancora ad Aceh, ha avuto luogo l’esecuzione di una sentenza contro una coppia di giovani omosessuali che è stata punita pubblicamente con 85 staffilate (ridotte a “sole” 83 visti i due mesi già trascorsi in carcere). La brutale sentenza è stata fortemente criticata da diverse organizzazione per i diritti umani, preoccupate per la tendenza liberticida della normativa locale.

Ma il 24 Maggio due attentati suicidi di matrice jihadista hanno colpito la Capitale Giacarta, e hanno provocato la morte di 3 poliziotti e il ferimento di una decina di persone. Queste azioni sono interpretate da alcuni come un chiaro segno dell’ampliarsi delle attività jihadiste nel sud est asiatico e in particolar modo nelle Filippine.

L’Indonesia è un pezzo importante del rompicapo geopolitico asiatico e attorno ad essa ruotano grandi questioni del mondo globalizzato: le difficoltà della democrazia, i diritti umani, le derive estremiste, il terrorismo, la sovrappopolazione, i grandi interessi economici.. tra Cina e India, tra Oceano Indiano e Pacifico, la posta in gioco è più alta di quanto sembri.

di Federico de Salvo