La Lectio Magistralis di Netanyahu

netanyahu
Jason Reed/Reuters

“THE ENEMY OF THE ENEMY IS YOUR ENEMY”

Benjamin Netanyahu, Primo Ministro israeliano, è consapevole di dover parlare di Iran nel momento in cui di Iran, in America, non vuole parlare nessuno. La comunione d’intenti tra la coalizione americana anti-Isis e l’Iran per combattere lo “Stato Islamico” è vista necessaria quanto scomoda, e su questo preciso punto Netanyahu affonda, assumendo i toni del Professore che bacchetta l’alunno distratto che si ostina al non voler essere al corrente della situazione.

L’Iran è “pari all’Isis”, e Netanyahu spende una buona parte dell’apertura del suo discorso nell’elencare tutti gli elementi che accomunerebbero Teheran all’autoproclamatosi Califfato, riassumibili nel complesso in un “estremismo islamico combattente” votato alla ricerca del dominio globale. Netanyahu sottolinea come l’attuale scontro tra Iran e Isis non sia altro che un “mortale gioco dei troni”, citando la popolare serie letteraria e televisiva, tra due potenze caratterizzate dagli stessi obiettivi imperiali. L’Iran controlla, per mezzo dei suoi gruppi locali, “quattro capitali arabe” e si appresta a conquistarne altre, destabilizzando gli altri stati del Medio Oriente quali l’Arabia Saudita, che oltre ad essere la storica alleata regionale americana, sembra aver dato vita a una linea d’intenti comune con Gerusalemme.

“NO DEAL IS BETTER THAN A BAD DEAL”

Spiegata l’equivalenza tra Iran e Isis, Netanyahu arriva al nocciolo del discorso rimarcando il fatto che mentre l’Isis dispone di “coltelli”, l’Iran, suo inaccettabile pari, potrebbe presto disporre di un sistema missilistico intercontinentale nucleare.

Netanyahu punta il dito sulle attuali trattative per il programma nucleare civile iraniano, prendendo per la collottola il citato Segretario di Stato Usa John Kerry di stanza a Montreaux per discutere col Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif

Un anno per poter disporre della bomba atomica, dieci anni perché venga “accettata” dalla comunità internazionale e un paio di settimane per approvare la costruzione di 190,000 centrifughe per la lavorazione dell’Uranio: Netanyahu scandisce i tempi “dell’incubo atomico” iraniano che minaccerebbe il Medio Oriente e il Mondo.

Secondo Netanyahu dell’Iran – che ha già dato prova di aver “ingannato” gli ispettori della Comunità Internazionale – non ci si può fidare, e fintanto che non diventerà uno stato “normale”, qualsiasi tipo di accordo sarà un “pessimo accordo”. La sola via percorribile per Netanyahu, consapevole di non poter chiedere un impegno militare a un’America che non vede l’ora di disimpegnarsi del tutto dal Medio Oriente, è un inasprimento dei rapporti con l’Iran e delle sanzioni che gli sono state inflitte e, soprattutto, la fine di ogni trattativa per il nucleare.

“WE, THE ISRAELI PEOPLE”

Netanyahu tiene il suo terzo discorso al Congresso dimostrando una certa maestria nel toccare le corde del linguaggio politico americano. La confidenzialità iniziale nel sincerarsi sulle condizioni di salute di un senatore, i richiami biblici e alla Costituzione Americana, la promessa al premio Nobel Elie Wiesel (sopravvissuto all’Olocausto) che gli “errori della storia non si ripeteranno mai più” e la comune benedizione divina a Usa ed Israele a conclusione del discorso. Bibi incassa da un lato applausi scroscianti dai presenti ma, dall’altro, la defezione di una sessantina di senatori democratici e la secca bocciatura del discorso da parte di Obama che lo ha riassunto così: “pieno di retorica e senza nuove idee”.

Missione fallita? Probabilmente no. Netanyahu, conscio dell’irrecuperabilità dei suoi rapporti col Presidente americano, sembra aver scelto di porsi non come un capo di stato straniero e alleato ma, piuttosto, come un avversario politico interno, portando l’aria elettorale d’Israele, a Washington, il cui voto presidenziale è atteso tra un anno. La gratitudine verso Obama sarà anche – usando le sue parole – “eterna”, ma la linea intransigente, da lui auspicata verso l’Iran, potrà realizzarsi solo con la sua conferma elettorale tra due settimane e con un cambio di mentalità da parte del futuro inquilino della Casa Bianca. Così Netanyahu novello Re Salomone, saluta l’America lasciando come regalo, un Partito Democratico spaccato in due su Israele.

La lista dei 56 Democratici assenti
  • Senator Al Franken (MN)
  • Senator Elizabeth Warren (MA)
  • Senator Tim Kaine (VA)
  • Senator Patrick Leahy (VT)
  • Senator Bernie Sanders (VT)
  • Senator Brian Schatz (HI)
  • Senator Martin Heinrich (NM)
  • Senator Sheldon Whitehouse (RI)
  • Rep. Karen Bass (CA)
  • Rep. Early Blumenauer (OR)
  • Rep. Corrine Brown (FL)
  • Rep. G.K Butterfield (NC)
  • Rep. Lois Capps (CA)
  • Rep. Andre Carson (IND)
  • Rep. Joaquin Castro (TX)
  • Rep. Katherine Clark (MA)
  • Rep. Lacy Clay (MO)
  • Rep. James Clyburn (SC)
  • Rep. Steve Cohen (TN)
  • Rep. Bonnie Watson Coleman (NJ)
  • Rep. John Conyers (MI)
  • Rep. Danny Davis (Ill)
  • Rep. Peter DeFazio (OR)
  • Rep. Diana DeGette (CO)
  • Rep. Lloyd Doggett (TX)
  • Rep. Donna Edwards (MD)
  • Rep. Keith Ellison (MN)
  • Rep. Chaka Fattah (PA)
  • Rep. Marcia Fudge (OH)
  • Rep. Raul Grijalva (AZ)
  • Rep. Luis Gutierrez (Ill)
  • Rep. Denny Heck (WA)
  • Rep. Ruben Hinojosa (TX)
  • Rep. Eddie Bernice Johnson (TX)
  • Rep. Marcy Kaptur (OH)
  • Rep. Rick Larsen (WA)
  • Rep. Barbara Lee (CA)
  • Rep. John Lewis (GA)
  • Rep. Dave Loebsack (IA)
  • Rep. Zoe Lofgren (CA)
  • Rep. Betty McCollum (MN)
  • Rep. Jim McDermott (WA)
  • Rep. Jim McGovern (MA)
  • Rep. Jerry McNerney (CA)
  • Rep. Gregory Meeks (NY)
  • Rep. Gwen Moore (WI)
  • Del. Eleanor Holmes Norton (DC)
  • Rep. Beto O’Rourke (TX)
  • Rep. Chellie Pingree (ME)
  • Rep. David Price (NC)
  • Rep. Charles Rangel (NY)
  • Rep. Cedric Richmond (LA)
  • Rep. Jan Schakowsky (Ill)
  • Rep. Bennie Thompson (MS)
  • Rep. Mike Thompson (CA)
  • Rep. Kyle Yarmuth (KY)

 

Per leggere il discorso completo, cliccate qui.

Mirko Annunziata