Un esercito europeo, tra mito e realtà

Carri armati a Steenwijk, Olanda, per essere trasportati in Germania per una forza di reazione rapida della NATO. Credits to: Robin Van Lonkhuijzen/AFP via Getty Images.

Il Presidente francese Macron, con il sostegno della Cancelliera tedesca Merkel, ha invocato la creazione di un “vero esercito europeo” per difendere l’UE dalle minacce poste da Cina, Russia e Stati Uniti. Ma è un progetto realizzabile?


In occasione della recente commemorazione a Verdun del centenario della Prima Guerra Mondiale, il Presidente francese Emmanuel Macron ha invocato la creazione di un “vero esercito europeo” per difendere l’UE dalle minacce poste da “Cina, Russia e persino dagli Stati Uniti”, citando a tal proposito l’annuncio fatto da Trump a ottobre che gli USA si sarebbero ritirati dal trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), sul controllo delle armi nucleari, siglato nel 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv.

Nonostante le critiche di Trump alle dichiarazioni di Macron, anche la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha fatto eco alla proposta di creare un esercito europeo che complementerebbe la NATO. Ma è un progetto realizzabile?

L’idea della creazione di un esercito europeo pur sembrando un progetto difficilmente raggiungibile nel breve termine, ha già mosso da tempo dei passi fondamentali verso la cooperazione militare dei Paesi facenti parte l’Unione Europea.

Bisogna ricordare che l’idea di unione militare – seguita da quella economica, la prima ad essere realizzata – fu il motivo primario e principale secondo cui, già ad inizio secolo, si auspicava un’unione dei popoli europei.

Il sogno dei padri fondatori europei era quello di integrare, tramite un’unione militare prima e monetaria poi, quei popoli che nei primi cinquant’anni del ‘900 erano stati promotori di due conflitti mondiali, rendendosi responsabili delle guerre più sanguinose della Storia.

Soldati belgi di guardia a Bruxelles. Credits to: Riccardo Pareggiani/AFP via Getty Images.
Soldati belgi di guardia a Bruxelles. Credits to: Riccardo Pareggiani/AFP via Getty Images.

Ma se per i politici del dopoguerra l’unione militare era un traguardo difficilmente raggiungibile – idea bocciata da vari parlamenti nazionali, primo tra questi quello francese -, per i governi contemporanei inizia a diventare un passo fondamentale per un’Unione Europea che ancora vede distante la realizzazione di un federalismo tout court.

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Nel corso degli ultimi mesi sono stati molti i segnali che hanno fatto evincere la seria volontà di muoversi verso un’unione militare europea; infatti, la Commissione Europea, organo esecutivo, ha proposto un fondo di difesa europeo da 13 miliardi di euro per il prossimo bilancio a lungo termine.

Michael Gahler, membro tedesco del Parlamento Europeo, dopo l’approvazione di un fondo da 500 milioni di euro per la ricerca e lo sviluppo di prodotti industriali per la difesa, ha affermato:

Solo insieme siamo forti, solo uniti gli europei potranno affrontare le sfide che provengono dalla Russia, dagli Stati vicini e sfortunatamente dalla politica estera e di sicurezza americana, attualmente imprevedibile”.

Anche il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, spingendo per una maggiore integrazione strategica, a giugno aveva dichiarato che “il soft power da solo non è abbastanza potente in un mondo sempre più militarizzato“.

Tuttavia, nonostante i buoni propositi e la volontà di voler costituire un esercito di difesa pan-europeo, una possibile unione militare europea potrebbe essere un progetto realizzabile? No, e questo a causa di fattori endogeni ed esogeni all’Unione stessa.

Credits to: UA News.
Credits to: UA News.

Tra i primi, si possono annoverare tutte quelle scelte che vengono compiute dalle politiche interne di un Paese o dalla formazione di un governo nazionale. Basti citare ad esempio il caso dell’Italia che in pochi mesi ha visto la transizione da un governo pienamente filo-Bruxelles ad uno più nazionalistico, rivolto principalmente allo sviluppo di relazioni bilaterali con i Paesi del Mediterraneo e al recupero delle storiche relazioni diplomatiche con la Russia.

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Stesso discorso per l’Austria e la Svezia. In quest’ultima, le legislative dello scorso settembre hanno dimostrato quanto possa essere suscettibile di variazione la politica di un governo nei confronti dell’Unione.

I fattori esogeni invece si possono riassumere con la politica estera degli Stati Uniti e della Russia, da sempre ostili ad un’Europa unita, sopratutto militarmente.

Sia gli Stati Uniti che la Russia, infatti, nonostante le loro relazioni siano sempre state contraddistinte da fasi alterne di buoni rapporti e periodi di crisi diplomatica, hanno sempre mantenuto una comune visione in politica estera per evitare che il continente europeo, uscito come attore di secondo piano dalla seconda guerra mondiale, riacquistasse un ruolo di primo piano sul panorama internazionale.

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Da una parte c’è la Russia, che a ragion d’essere teme l’unificazione militare europea, visto che dopo l’invasione mongola del X secolo gli eserciti invasori sono sempre giunti da occidente e che dagli albori dell’impero zarista fino alla caduta dell’URSS la frontiera polacco-balcanica è stata una delle più incandescenti d’Europa.

Dall’altra, invece, ci sono gli Stati Uniti, che con l’unificazione militare europea vedrebbero fortemente messa in discussione la loro egemonia e la loro leadership militare sul continente europeo (attualmente le basi controllate dall’esercito statunitense in Europa sono 30), creando così un serio competitor militare per la NATO.

Soldati paracadutisti dell'esercito tedesco in una base di addestramento ad Altenstadt. Credits to: Christof Stache / AFP tramite Getty Image.
Soldati paracadutisti dell’esercito tedesco in una base di addestramento ad Altenstadt. Credits to: Christof Stache / AFP tramite Getty Image.

A giustificare tale preoccupazione, la Commissione europea inoltre ha stanziato 500 milioni di euro per il 2019-20 per finanziare i progetti di ricerca industriale nel settore della difesa, che secondo un funzionario europeo della NATO contribuirebbero a ridurre la dipendenza da Washington.

Tale fondo sarà destinato, dopo l’incontro tra i vari ministri della difesa dei Paesi membri, al finanziamento di alcuni dei 33 progetti già presentati dagli stessi componenti negli ultimi mesi, e l’obiettivo finale è stilare una lista per l’approvazione entro dicembre 2018.

In conclusione, la proposta promossa da Emmanuel Macron non rappresenta altro che l’ennesima forma di collaborazione sovranazionale in cui il ruolo dell’Italia, così come quello degli altri partner europei ad esclusione del già consolidato asse franco-tedesco, appare nebuloso e poco chiaro.

Del resto un esercito europeo, al contrario del soft-power, come avviene anche nelle più grandi democrazie contemporanee, ha bisogno di un unico comandante in capo e con la nascita di una forza militare europea si rischierebbe di assoggettare un intero continente ai voleri delle cancellerie Parigi-Berlino.

di Filippo Sardella