L’influenza cinese in America Latina e le sorti di Taiwan

Taiwanese President Tsai Ing-wen and El Salvadorian President Salvador Sanchez Ceren during a meeting on January 12, 2017, in San Salvador. Photo: Alex Peña/LatinContent via Getty Images
L’America Latina è dove si sta combattendo diplomaticamente sul riconoscimento di Taiwan. C’entra la crescente influenza della Cina nella regione, e l’amministrazione Trump, sempre più vicina a Taiwan.

Taiwan nel 1955 ottenne il riconoscimento diplomatico di quasi tutti i Paesi del mondo. Pechino negli anni Settanta divenne membro dell’ONU, stabilendo relazioni con gli Stati Uniti e togliendo a Taiwan il seggio permanente che aveva precedentemente occupato nel Consiglio di sicurezza.

Attualmente Taiwan è riconosciuta diplomaticamente da 19 Stati di cui 9 in America Latina: Paraguay, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Haiti, Belize, St. Kitts e Nevis, Santa Lucia e Saint Vincent e Granadine, e mantiene uffici di rappresentanza commerciale in 7 nazioni: Argentina, Brasile, Messico, Cile, Colombia, Ecuador e Perù, poiché sempre più nazioni seguono la decisione presa dagli Stati Uniti nel 1979 di riconoscere la “politica di una sola Cina” ed estendere le relazioni diplomatiche alla Cina anziché a Taiwan. Sebbene la maggior parte dei paesi abbiano stabilito relazioni formali con Pechino, Taiwan mantiene ancora diverse relazioni..

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La Cina però sta aumentando la propria influenza in America Latina. Oggi Pechino è il principale partner commerciale di Brasile, Cile e Perù, e ha firmato ampi accordi di partnership strategica con Argentina, Brasile, Cile, Messico e Venezuela. Di recente, la Cina ha superato l’Unione europea come secondo partner commerciale dell’America Latina dopo gli Stati Uniti.

Il ministro degli Esteri domenicano, Miguel Vargas, con il suo omologo cinese, Wang Yi. – How Hwee / Young Fee

Tra il 2017 e il 2018 alcuni Paesi dell’America Centrale (Panama, Repubblica Dominicana, El Salvador) hanno abbandonato i loro legami diplomatici con Taiwan a favore della Cina, con grosso disappunto di Washington. Disappunto che Trump ha trasmesso anche agli altri Paesi dell’America Latina e dei Caraibi che hanno accordi con Taiwan.

I legami tra Cina e Taiwan sono migliorati significativamente durante il mandato di Ma Ying-jeou nel periodo 2008-2016. Nel 2015 i presidenti di Cina e Taiwan hanno organizzato un incontro storico. In quel periodo, Pechino ridusse la pressione relativa al riconoscimento di Taiwan. Questo patto tacito è stato rotto con l’arrivo nel 2016 del presidente progressista Tsai Ing-wen, che ha mantenuto posizioni molto più scettiche nei confronti della Cina rispetto a quelle del suo predecessore. Taiwan sta cercando ora sostegno diplomatico dalle organizzazioni internazionali.

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Il principale alleato di Taiwan in America Latina sono gli Stati Uniti, che rimangono il principale fornitore di armi, nonostante abbiano cambiato il riconoscimento diplomatico di Pechino nel 1979. Gli Stati Uniti, pur avendo relazioni diplomatiche con la Cina, mantengono un atteggiamento ambiguo nei confronti dello status di Taiwan sebbene mantenga i contatti con il governo di Taipei attraverso l’American Institute of Taiwan, non riconoscono l’indipendenza dell’isola, ma nemmeno la sovranità della Cina su di essa.

Taiwan non è riconosciuto come Stato da Pechino, che invece la considera come una provincia ribelle sulla quale avere il controllo anche con l’uso delle armi. La Cina ha compiuto negli anni manovre militari lungo le coste di Taiwan. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump il 16 marzo di quest’anno ha emanato una legge che favorisce il viaggio di funzionari pubblici e dirigenti di società statunitensi a Taiwan, e viceversa. Una nuova legge che rafforza i legami tra Washington e Taipei e accolta con favore da Taiwan. Dalla rottura delle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e Taiwan, nessun presidente americano ha avuto contatti con un leader taiwanese, fino a quando Trump, nel dicembre 2016, appena eletto, ha avuto una conversazione telefonica con il presidente di Taiwan Tsai Ing-wen irritando il governo di Xi Jinping.

Gli Stati Uniti negli ultimi anni hanno perso peso politico nei confronti dei Paesi dell’America Latina. La sfida commerciale tra Stati Uniti e Cina ha subito dei cambiamenti con la presidenza Trump, il quale è sempre più a favore di politiche protezioniste in materia di immigrazione, su questioni legate al commercio e alla minaccia di intervento in Venezuela, tutti temi che hanno avvantaggiato la diplomazia cinese, pronta ad occupare gli spazi lasciati aperti.

Nel gennaio 2018, il Ministro degli esteri cinese Wang Yi ha invitato i 33 membri della CELAC (Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi) a unirsi all’iniziativa cinese della Nuova Via della Seta, un enorme progetto del governo cinese che mira a collegare attraverso 6 corridoi commerciali: Europa, Asia meridionale, Asia orientale, Asia centrale, Medio Oriente e America Latina.

Più di 70 nazioni hanno aderito a questo progetto per centinaia di miliardi di dollari. Questa proposta fu fatta dal presidente Xi Jinping già nel 2013. L’iniziativa è stata firmata da paesi come Panama, Bolivia, Antigua e Barbuda, Trinidad e Tobago e Guyana. La Cina ha due obiettivi principali nella regione, assicurarsi le risorse attraverso accordi commerciali ed aiuti economici e cercare di convincere le molte nazioni della regione a non riconoscere Taiwan come Stato indipendente.

A novembre intanto il presidente Xi Jinping in occasione della sua partecipazione al Vertice del G-20 in Argentina, farà un tour diplomatico in diversi Paesi della regione. I Paesi dell’America Latina hanno sicuramente più vantaggi ad avere rapporti commerciali con la Cina che riconoscendo diplomaticamente l’isola di Taiwan come Stato indipendente.

di Alberto Galvi