La questione dello status politico di Taiwan

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di Christian Piscopo

Il partito uscito vincitore dalle elezioni di gennaio è fortemente indipendentista, e questo riporterà in primo piano i rapporti tra Taipei e Pechino per quel che riguarda la definizione dello status politico dell’isola.


A poco meno di un mese dalle elezioni cerchiamo di capire perché definire la situazione di Taiwan non è così semplice, e in che modo il risultato delle elezioni di gennaio – dove Tsai Ing-wen del Partito Democratico Progressista (DPP) ha vinto con il 56,12% dei voti contro l’avversario Eric Chu dello storico partito nazionalista Kuomintang (KMT) – potrà influenzare il futuro dell’isola. 

Riconoscimento de jure e de facto

A livello internazionale il riconoscimento della Repubblica di Cina (Taiwan) come entità sovrana e indipendente è limitato a causa delle pressioni esercitate dalla Repubblica Popolare Cinese (Cina), la quale sostiene che «esiste una sola Cina e che Taiwan ne è una parte inalienabile». In termini di riconoscimento de jure, Taiwan, nonostante i suoi sforzi di preservare e mantenere relazioni diplomatiche ufficiali, non ha avuto molto successo: attualmente l’isola mantiene relazioni diplomatiche “ufficiali” con lo Stato del Vaticano e altri 22 membri delle Nazioni Unite.

Per quanto riguarda il riconoscimento de facto, i suoi sforzi intrapresi attraverso una “diplomazia pragmatica”, volta ad intrattenere rapporti semi-ufficiali con le altre nazioni ed organizzazioni internazionali, hanno avuto risvolti più soddisfacenti, ma d’altra parte hanno portato ad un rafforzamento del suo status informale. Taiwan possiede più di 100 ambasciate, consolati generali, uffici di rappresentanza e altri uffici sparsi per il mondo. Mantiene inoltre relazioni formali con 22 organizzazioni intergovernative e gioca un ruolo attivo in diverse organizzazioni internazionali, incluse il Word Trade Organization (WTO), l’Asian Development Bank (ABD) e l’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC).

Il riconoscimento de jure è essenziale per avere l’etichetta ufficiale di Stato, ma a livello pratico, è il riconoscimento de facto che rende effettiva la capacità del paese di avere una vera politica estera.

La nascita della questione sullo status di Taiwan

Come scrive Cal Clark nel suo saggio “The statehood of Taiwan: a strange case of domestic strength and international challenge”, la questione riguardante lo status di Taiwan nasce da tre distinti fattori.

1. la risoluzione – per certi versi ambigua – della guerra civile del 1949 tra il vittorioso Partito Comunista Cinese (PCC), guidato da Mao Zedong, e il Partito Nazionalista Cinese (KMT), guidato da Chiang Kai-shek. Quando i comunisti vinsero la guerra, i nazionalisti si rifugiarono sull’isola di Taiwan. I comunisti avrebbero potuto conquistare l’isola: sembrava solo una questione di tempo. Lo scoppio della Guerra di Corea cambiò la situazione e fece sì che gli Stati Uniti estendessero la loro politica di contenimento sul continente asiatico, portando Taiwan sotto il proprio “ombrello strategico”.

Il dispiegamento della Settima Flotta americana sullo stretto scongiurò la minaccia di un’invasione comunista dell’isola. Diplomaticamente gli Stati Uniti supportavano il governo nazionalista che rivendicava di essere il solo e legittimo governo rappresentante l’intera Cina; ciò venne ribadito alle Nazioni Unite, dove il seggio cinese al Consiglio di Sicurezza era inizialmente occupato dalla Repubblica di Cina (Taiwan). Tutto questo creò quello che Ralph Clough chiama «unfinished civil war» dello status diplomatico tra Beijing e Taipei.

2. la questione sullo status di Taiwan è profondamente legata al suo sviluppo storico. Il Trattato di Shimonoseki, che concluse la guerra sino-giapponese, cedeva Taiwan e le isole Pescadores al Giappone «in perpetuity and full sovereignty». Prima di allora Taiwan era stato un territorio cinese, inizialmente come parte della provincia del Fujian, poi dal 1885 come provincia separata. Per i successivi cinquant’anni, Taiwan e le sue isole adiacenti, sarebbero state amministrate dal governo colonialista giapponese. L’arrivo del Partito Nazionalista a Taiwan non fu un momento felice per la storia dell’isola. Il nuovo governo era formato da mainlanders, che imposero un regime autoritario e repressivo, diffondendo ciò che viene comunemente chiamato il periodo del “terrore bianco”.

La rivendicazione della RDC di essere il solo governo legittimo della Cina, permise politicamente di prevenire qualsiasi cambiamento nella politica “nazionale” e il perpetuare del governo nazionalista al potere. In quest’ottica, molti “isolani” guardavano al Partito Nazionalista come un’entità straniera che li trattava in modo differente, come “cittadini di seconda classe” nel loro stesso territorio. Ciò portò ad una nuovo ventaglio di questioni riguardanti la sovranità taiwanese, la legittimità del governo sull’isola e l’identità nazionale dei cittadini taiwanesi. Tutte questioni che vennero alla luce negli anni Novanta, e che permisero l’inizio di un processo di democratizzazione dell’isola.

3. le sfide riguardanti la sovranità dell’isola furono esacerbate da ambiguità legali inerenti al riconoscimento dello status di Taiwan da parte delle grandi potenze dell’epoca. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Roosvelt, Churchill e Chiang Kai-shek si incontrarono al Cairo nel 1943 e dichiararono:

«It is their purpose that […] all the territories Japan has stolen from the Chinese, such as Manchuria, Formosa [Taiwan], and the Pescadores, shall be restored to the Republic of China.»

I termini della Dichiarazione del Cario furono confermati dalla Dichiarazione di Potsdam del 1945. Dal 1945 al 1950, gli Stati Uniti hanno considerato formalmente Taiwan parte della Cina. A gennaio del 1950 il Presidente Truman disse:

«In keeping with [the Cairo and Potsdam] declarations, Formosa was surrendered to Generalissimo Chiang Kai-shek, and for the past four years the United States and the other Allied Powers have accepted the exercise of Chinese authority over the island.»

Ma la situazione cambiò drasticamente con lo scoppio della Guerra in Corea quando il Presidente Truman statuì:

«The determination of the future status of Formosa must await the restoration of the security in the Pacific, a peace settlement with Japan, or consideration by the United Nations.»

Le dichiarazioni del Cairo e di Potsdam avrebbero quindi riconosciuto Taiwan come governo legittimo su tutta la Cina, ma in termini legali non ci fu nessuno sviluppo ad implementare queste intenzioni. Lo status di Taiwan rimase, nei fatti, “indeterminato”.

Riconoscimento internazionale e requisiti per ottenere l’indipendenza

Ovviamente un’entità che non è uno Stato non può diventare uno Stato semplicemente rivendicando di esserlo. Due sono le teorie che meglio spiegano il riconoscimento internazionale. Una è quella conosciuta come “Constitutive Theory of Recognition”, secondo cui una personalità internazionale è creata, non dai fatti, ma attraverso il riconoscimento degli altri Stati esistenti. Questa teoria è però stata criticata per la sua violazione del principio di sovrana equità, per l’inconsistenza data dal riconoscimento di alcuni Stati, ma non di altri, e per la sua suscettibilità alla manipolazione politica.

L’altra teoria, nota come “Declaratory Theory of Recognition”, afferma che la personalità legale di un’entità in disputa è stata conferita precedentemente dalla legge; il riconoscimento non crea lo Stato, ma conferma che un’entità ha raggiunto tale condizione. Questa teoria è seguita nella prassi internazionale. Inoltre, a corollario, se un’entità politica organizzata si comporta per un periodo continuativo di tempo come uno Stato, richiamando a sé le prerogative di uno Stato, e se contemporaneamente nessuno gli si oppone, assume il carattere di uno Stato.

Alla luce di queste teorie, se Taiwan incontra tutti i criteri dettati dal diritto internazionale per essere uno Stato, questo non può essere messo in discussione semplicemente per una mancanza di riconoscimento da parte della maggioranza delle entità statuali internazionali.

Secondo l’art.1 della Convenzione di Montevideo del 1993 sui Diritti e i Doveri degli Stati, uno Stato, in quanto persona del diritto internazionale, deve possedere i seguenti requisiti: (a) una popolazione permanente; (b) un territorio definito; (c) un governo stabile ed effettivo; (d) la capacità di entrare in relazione con gli altri Stati.

  1. Non esiste una popolazione minima necessaria per far sì che uno Stato esista. I membri dell’ONU includono diversi Stati che hanno una popolazione composta da meno di 100.000 individui. Attualmente Taiwan ha una popolazione di circa 23,46 milioni di individui, non c’è dubbio dunque che possegga il primo requisito richiesto.
  1. Gli Stati sono entità territoriali, dunque uno Stato deve possedere un territorio. Non importa la grandezza del territorio in questione, nessuna regola ne stabilisce un minimo. L’area totale di Taiwan, incluse le isole Pescadores, ma escludendo le isole Kinmen e Matsu, è grande circa 36,006 km2. Inoltre, essendo un’isola, Taiwan ha un territorio ben definito da confini naturali.
  1. In uno Stato deve esserci un’autorità che eserciti le fondamentali funzioni di governo e che sia capace di rappresentare l’entità politica nelle relazioni internazionali, e questo al netto della forma di governo che possiede. Per il diritto internazionale, un governo deve vantare le seguenti condizioni: effettività – l’autorità deve avere il controllo sulla popolazione e sul territorio, o almeno una capacità sufficiente di controllare questi due elementi; stabilità – l’autorità deve avere un’opportuna probabilità di rimanere in carica; indipendenza – l’autorità deve essere separata dagli altri governi e subordinata solo al diritto internazionale.

Esaminando queste linee guida, non c’è dubbio che il governo taiwanese sia stabile ed effettivo. Prima di tutto, il governo di Taiwan è formato da tre principali organi: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il ramo dell’esecutivo è diretto da un Presidente democraticamente eletto e da un Premier nominato dal Presidente. L’effettivo controllo e la legittimità democratica del governo taiwanese continua a sopravvivere nella comunità internazionale. Possiamo dunque asserire che si tratta di un governo stabile ed effettivo.

  1. inoltre, il riconoscimento internazionale, meglio se da parte di grandi potenze, è il timbro che può suggellare lo status di entità statuale a tutti gli effetti (anche se il diritto internazionale non riconosce questa caratteristica come rilevante). Abbiamo visto con quanti stati Taiwan mantiene relazioni ufficiali e semi-ufficiali, oltre al numero di organizzazioni internazionali di cui fa parte.
Polarizzazione politica interna

Il governo uscente del KMT si è dimostrato nel tempo pro-unificazione, tanto che il commento del presidente cinese Xi Jinping all’incontro del 7 novembre con l’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou è stato: «Nessuna forza ci può separare, siamo una sola famiglia». Il partito vincente del DPP è invece sempre stato pro-indipendenza, cosa che ha spinto le due coalizioni ad un confronto sempre più duro, portando l’identità nazionale nel dibattito politico.

I vincitori sostengono lo slogan “stand up for Taiwan” ed accusano il KMT di (s)vendere Taiwan alla Cina; il KMT afferma invece che il DPP provoca inutilmente lo scontro, e che una politica conciliatoria con la madrepatria potrebbe far cessare le minacce. Questa polarizzazione nella politica interna taiwanese offre il fianco alle sfide lanciate da Pechino sulla questione della sovranità dell’isola, che parlando attrverso i media statali ha intimato a Taiwan di «abbandonare l’allucinazione dell’indipendenza».

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