Agenda 2030: eliminare la povertà

Il primo obiettivo dell’Agenda 2030 riguarda l’eliminazione della povertà dal mondo. 5 consigli pratici, per farsi poverty fighter


Il primo degli obiettivi dell’Agenda 2030 riguarda l’eliminazione della povertà. Questo, appare come un traguardo irraggiungibile per la maggior parte delle persone ed è probabile che siano in tanti a credere che il singolo possa fare poco per il raggiungimento di uno scopo tanto nobile quanto ambizioso. Da un lato è quindi importante conoscere le dinamiche che possono riguardare la pianificazione d’impresa, per quanto di scala ridotta essa possa essere, e dall’altro immaginare quale possa essere il contributo di ognuno per un mondo, in ultimo, più a misura di essere umano.

“Se il denaro non da la felicità, figuriamoci la miseria”

Molte sono le statistiche inerenti la povertà nel mondo, in Europa e nel nostro Paese: purtroppo nessuna di queste è confortante, poiché i risultati dimostrano come si sia lontani dall’obiettivo di eliminare la povertà. L’Agenda 2030 vuole porsi come ponte tra le entità istituzionali e i privati, secondo il paradigma dell’imbuto che abbiamo proposto in precedenza.

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Per questo motivo, i documenti ufficiali delle Nazioni Unite identificano le aziende ‘di ogni dimensione, dalla micro-impresa ai gruppi multinazionali’ come partner nell’attuazione dei goal, investendole non solo di una sorta di responsabilità in questo senso, ma anche dotando le realtà che ne facciano richiesta dei fondi necessari per attuare progetti atti a contrastare la povertà. Anche l’Unione Europea è in prima linea nella lotta alla povertà, e lavora secondo la medesima direttrice: conferire alla società civile le risorse affinché i suoi rappresentanti possano farsi ambasciatori di cambiamento nelle loro realtà territoriali.

Povertà ed esclusione sociale

La povertà è legata a doppio filo all’esclusione sociale: esse sono contemporaneamente la causa e la conseguenza dell’altra. Nel nostro contesto la povertà non è solo e non tanto mancanza di risorse materiali fondamentali (nutrimento, riparo, servizi igienico-sanitari) quanto invece la conseguenza del fallimento di politiche di redistribuzione delle risorse e delle opportunità.Il costo sociale di una simile situazione è elevatissimo, poiché pone a carico della fascia produttiva coloro che invece produttivi non sono, o non quanto potrebbero essere se dotati degli strumenti necessari. La vulnerabilità sociale impatta fortemente sulla performance di un gruppo umano: coloro che non versano in condizione di povertà sostanziale ma sono a costante rischio di cadervi (per perdita di lavoro o per condizioni di salute o eccessivo indebitamento, per esempio) rappresentano una variabile capace di modificare in negativo il bilancio collettivo.

La povertà, tanto dai documenti delle Nazioni Unite quanto nei lessici familiari, inizia dall’accesso all’educazione e dalla conseguente ‘liberazione’ dell’individuo: le scelte di libertà sono spesso motore di affrancamento dalla povertà. Per questo motivo, l’imprenditoria a qualsiasi livello, è lo strumenti più adeguato per il contrasto alla povertà nelle sue diverse forme.

Lontana da logiche assistenzialistiche, l’impresa favorisce l’assunzione di responsabilità e offre risorse in ritorno. Le imprese capaci di proporre soluzioni innovative di risposta alla povertà e all’esclusione sociale sono supportate finanziariamente dalle istituzioni europee e internazionali, secondo dettagliati schemi progettuali.

Il primo passo per poter perseguire ciascun goal è la sua analisi e per questo l’Agenda fornisce diversi target per ogni obiettivo e numerosi indicatori per poter procedere alla misurazione dei risultati raggiunti. Questo ovviamente non impedisce al singolo di creare ulteriori indicatori di misurazione, qualora siano maggiormente funzionali alle proprie esigenze.

Il primo obiettivo è suddiviso in cinque target, ciascuno dei quali è foriero di riflessioni e stimoli per analizzare la propria impresa e apportare innovazioni.

Entro il 2030, sradicare a livello globale, la povertà estrema, attualmente misurata sulla base di coloro che vivono con meno di $ 1,25 al giorno, favorendo l’occupazione e rispettando i diritti umani

La vita sotto la soglia di povertà incide in primo luogo sui diritti umani, che vengono sistematicamente violati quando non si ha una condizione di vita dignitosa. L’imprenditore può quindi ragionare su come la propria azienda si rapporti ai diritti umani: la filiera è rispettosa dei diritti dell’uomo? Il lavoro viene retribuito equamente? I prodotti venduti provengono da aree in cui la popolazione è sfruttata? L’economia locale viene sostenuta, favorendo l’inserimento sociale delle persone disagiate?

Altro elemento che incide sulla povertà è l’assenza del lavoro. Si possono quindi porre queste domande: la politica aziendale perseguita favorisce l’occupazione? Gli stipendi pagati sono adeguati? Posso trovare strumenti per implementare l’occupazione senza essere strangolato dalla pressione fiscale? Posso agire per far comprendere le istanze della mia categoria al fine di sgravarla da eccessive pressioni e favorire quindi una maggiore occupazione?

La povertà non è solo puramente economica, ma riguarda anche la qualità della vita e si esplica anche nella mancanza di protezione sociale. Ci si può quindi chiedere se i propri dipendenti godono di uno standard di vita adeguato, se hanno adeguati strumenti di tutela sociale, se hanno polizze assicurative per affrontare il futuro. Si può inoltre effettuare un’analisi sull’ammontare delle tasse versate allo Stato e comprendere se questi versamenti sono effettivamente destinati a fornire servizi, sollevando la questione se ciò non avviene.

Entro il 2030, assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i più poveri e vulnerabili, abbiano uguali diritti nell’accesso alle risorse economiche, ai servizi di base, alla proprietà privata e al controllo su terreni e altre risorse naturali, ma anche l’accesso a nuove tecnologie e servizi finanziari, tra cui la microfinanza.

Un altro aspetto della povertà, il quarto target, è quello della difficoltà o impossibilità di accesso alle risorse economiche, ai servizi di base, alla proprietà e controllo della terra ed alle tecnologie utili per una qualità della vita dignitosa. Si potrebbe pensare che questo target sia davvero fuori portata, eppure ecco alcuni interrogativi da porsi: mi servo di una forma di finanziamento che include parametri di sostenibilità sociale? Acquisto da produttori che sfruttano le risorse umane e materiali? Nella mensa arrivano prodotti provenienti da realtà locali? I beni deperibili invenduti vengono in qualche modo devoluti a chi è in difficoltà?

Entro il 2030, rinforzare la resilienza di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità e ridurre la loro esposizione ad eventi climatici estremi, shock economici, sociali e ambientali

L’ultimo target relativo al primo goal riguarda la resilienza della parte di popolazione che si trova sotto la soglia di povertà e la possibilità di emanciparsi da questa condizione di vita. Quest’ultimo punto è strettamente interconnesso con i  precedenti ed è più che altro, parere di chi scrive, un modo per riflettere ulteriormente sul proprio operato. La possibilità di emanciparsi dalla povertà, però, è legata al futuro e certamente ciascun imprenditore ha una sua visione  del futuro e della propria posizione all’interno della società. Le  domande da porsi potrebbero essere: l’impresa si inserisce in un circuito virtuoso di miglioramento dell’ambiente in cui è inserita? Quali impatti negativi ci sono sulla comunità locale e quali positivi? La povertà viene generata anche da un consumo smodato delle risorse, l’impresa come si rapporta a questo problema?

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Come accennato sopra, la povertà è una conseguenza delle modalità con cui le risorse vengono distribuite, a livello locale, nazionale e internazionale. Non solo. Anche il ruolo di chi si attiva per contrastare la povertà è mutato, tanto a livello internazionale quanto a livello domestico: la tradizionale cooperazione allo sviluppo nella forma di elargizioni di somme di denaro, così come il supporto a cause benefiche secondo le stesse modalità si sono dimostrati inefficienti.E’ il coinvolgimento del beneficiario nel processo di crescita e sviluppo collettivo che genera i maggiori benefici, per tutte le parti coinvolte, tanto sul macro piano della cooperazione internazionale allo sviluppo quanto su quello aziendale e locale.

L’ineguaglianza e il fallimento nell’attuazione di politiche e pratiche sociali di distribuzione del benessere sono le cause della maggior parte delle situazioni di povertà, considerato che il 70% di queste sono localizzate in paesi a reddito medio, e non in paesi in via di sviluppo. Uno studioso del King’s College di Londra a questo riguardo ha infatti teorizzato che nei paesi a medio reddito, il problema della povertà potrebbe essere eradicato con un mero spostamento nelle allocazioni dei bilanci pubblici, e più specificamente deviando le risorse attribuite alla ricerca di combustibili fossili verso politiche sociali e di inclusione.

Questo ultimo dato conferma ancora una volta come i Goal previsti dall’Agenda siano intimamente correlati tra loro e che addirittura nel perseguimento di una parte di questi è probabile ‘incappare’ nel raggiungimento anche di altri obiettivi, proprio in ragione della nozione ‘tridimensionale’ di sostenibilità, ambientale, sociale ed economica.

 

Di: Isabella Querci, Elisa Traverso