La profezia di Q non si è compiuta

Jacob Chansley, conosciuto come lo “Sciamano” di Q, avvolto in una bandiera con uno slogan di QAnon durante una protesta a Phoenix, in Arizona, il 5 novembre. Crediti: Olivier Touron/AFP via Getty Images.

Dopo il giuramento di Biden come 46° Presidente degli Stati Uniti d’America alcuni dei seguaci di Q si sono trovati disorientati e delusi dal mancato “grande risveglio” che avrebbe dovuto rendere giustizia a Trump. Gli adepti più fedeli, però, hanno rilanciato nuove teorie complottiste già circolanti in altri gruppi dell’estrema destra americana: ecco cosa potrebbe succedere ai “patrioti” di Q dopo l’ennesima profezia rivelatasi falsa.


Il 20 gennaio 2021 la tanto agognata tempesta che si sarebbe dovuta abbattere su Washington D.C non è arrivata: nonostante un passeggero annuvolamento mattutino lasciasse presagire il contrario, il vento ha spazzato via le nubi e ha permesso al sole di splendere sulla capitale.

Ma che importanza avevano le condizioni atmosferiche in una giornata così significativa per gli USA?

Per i comuni cittadini, nessuna. Per i seguaci di QAnon, invece, “the storm”, la tempesta, sarebbe dovuta essere un’apocalisse, un giorno del giudizio in cui Trump avrebbe avuto la sua rivincita su quelle elezioni truccate che i democratici avevano rubato.

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Tuttavia, le speranze degli adepti di Q sono state deluse: non solo Washington era soleggiata, ma sotto un cielo limpido Joe Biden ha prestato giuramento come 46° Presidente degli Stati Uniti d’America, entrando ufficialmente in carica.

Seguaci di QAnon a un comizio di Trump durante la campagna elettorale. Crediti: Tom Brenner/Reuters file.

Cosa sarebbe dovuto succedere il 4 marzo

Nonostante la disillusione di molti seguaci di QAnon dopo quanto accaduto il 20 gennaio, il movimento ha lentamente ripreso forza e Q ha profetizzato il ritorno di Trump sulla scena politica. Secondo alcuni, il “grande risveglio” sarebbe stato solamente posticipato al 4 marzo, data in cui Trump avrebbe prestato giuramento come 19° Presidente degli USA.

Quest’ultima, assurda teoria complottista si basava su una credenza già diffusa tra i militanti del movimento estremista dei Sovereign citizens, i cittadini sovrani, i quali sostengono che una legge approvata segretamente dal Congresso nel 1871 abbia trasformato gli Stati Uniti in una multinazionale, mettendo fine al Governo creato dai Padri Fondatori a seguito della Rivoluzione americana. In quell’anno alla Casa Bianca c’era Ulysses Grant, 18° e, secondo gli aderenti a questa teoria, ultimo Presidente legittimo degli USA.

Trump sarebbe stato quindi il primo POTUS dopo più di un secolo a ripristinare lo status di nazione per gli Stati Uniti, diventando così il 19° Presidente della Repubblica originaria e non dell’azienda creata dalla legge del 1871. Neanche la data prevista per il suo insediamento è stata scelta a caso, ma aveva un forte valore simbolico: il 4 marzo era infatti il giorno del giuramento dei nuovi presidenti fino al 1933, anno in cui fu sostituito dal 20 gennaio per accorciare il periodo di transizione.

 

Chi sono i “sovereign citizens”?

Le idee degli adepti di QAnon, in passato, hanno spesso preso spunto da teorie complottiste preesistenti (basti pensare alla loro nascita dalle ceneri del Pizzagate); inoltre, i seguaci di Q si sono frequentemente rivelati allo stesso tempo coinvolti in altri movimenti di estrema destra, come i Proud Boys o i Boogaloo Boys.

Tra questi figura anche il “movimento dei cittadini sovrani”, già coinvolto nella narrazione di QAnon da prima che Trump perdesse le elezioni, ma le cui idee hanno iniziato ad avere maggiore diffusione solo dopo il 20 gennaio.

Tale movimento è stato inserito dall’FBI nella lista delle minacce di “terrorismo domestico”, e i suoi seguaci sono stati descritti come “estremisti anti-governativi che credono di essere separati (o sovrani) dagli Stati Uniti, nonostante siano fisicamente residenti in questo Paese”.

I sovereign citizens pensano di non essere soggetti alla giurisdizione degli enti governativi statunitensi, in quanto gli USA non sono un paese ma appunto, dal 1871, un’azienda di proprietà londinese.

Come riporta la BBC, questi cittadini spiegano le loro convinzioni facendo riferimento a una serie di arcani documenti, interpretandone il contenuto in modo fantasioso, e credono di potersi sottrarre al sistema giuridico in vigore grazie a particolari procedimenti legali che permettono loro di recedere da quelli che vedono come “contratti” con il governo, come le patenti e altri documenti d’identità.

Così come i sostenitori della teoria del Pizzagate e i seguaci di Q, anche i membri del sovereign citizens movement non si sono limitati alla propaganda online e al cosiddetto “paper terrorism” (ossia l’apertura di cause contro vari enti governativi), ma le loro idee si sono a volte trasformate in tragedia: uno dei suoi fautori, Terry Nichols, è stato uno degli autori dell’attentato a Oklahoma City del 1995, un bombardamento ai danni di un edificio federale in cui 168 persone persero la vita.

La facciata nord dell’Albert P. Murrah Federal Building a Oklahoma City, a seguito dell’attentato del 19 aprile 1995. Crediti: BOB DAEMMRICH/AFP/Getty Images.

L’entrata di Q al Congresso

Quella che, fino a qualche mese fa, poteva sembrare solo un’utopica fantasia dei seguaci di Q è invece diventata realtà: le idee di Q sono riuscite a infiltrarsi nel Congresso degli Stati Uniti.

L’hanno fatto in modo violento il 6 gennaio: gli adepti di Q erano tra le migliaia di manifestanti pro-Trump che hanno marciato su Washington D.C. e tra coloro che hanno fatto irruzione al Campidoglio, per fermare la certificazione della vittoria di Biden. Proprio uno di loro, lo “Sciamano di Q” Jacob Chansley, è diventato il simbolo dell’assalto a Capitol Hill, in cui 5 persone tra le quali un poliziotto e una seguace di Q hanno perso la vita.

Jacob Chansley all’interno del Senato degli Stati Uniti. Crediti: Getty Images.

Qualche mese prima, però, l’hanno fatto anche nel modo più legittimo e democratico possibile: tramite il voto.

Il 4 novembre 2020 Marjorie Taylor Greene, rappresentante repubblicana della Georgia nota per la sua simpatia verso le ideologie dell’estrema destra, è stata eletta alla Camera dei Rappresentanti.

Greene, in passato, aveva più volte sposato pubblicamente le idee del movimento complottista, definendo Q “un patriota”, oltre ad aver dimostrato di credere in diverse teorie del complotto, come quella riguardante l’11 settembre o il fatto che Obama sia musulmano.

Fervente sostenitrice del possesso delle armi, è arrivata addirittura a insinuare che alcune sparatorie di massa fossero state inscenate dal movimento “anti-guns”, per guadagnare consensi e promuovere l’abolizione del secondo emendamento alla Costituzione (che assicura ai cittadini il diritto di possedere armi).

Proprio la diffusione di fake news e articoli che parlavano di varie teorie complottiste è però costata cara alla parlamentare della Georgia: il 5 febbraio la Camera ha votato a favore della rimozione di Greene dai suoi incarichi nelle Commissioni Bilancio e Istruzione (230 contro 199, con 11 Repubblicani che si sono uniti alla totalità dei Democratici) .

Prima del voto, durante una conferenza a porte chiuse del Partito Repubblicano al Senato, Marjorie Greene ha chiesto scusa per alcune delle controverse dichiarazioni rilasciate in passato e ha affermato di aver smesso di credere in QAnon nel 2018, dopo aver trovato “disinformazione, bugie e cose non vere” nei gruppi dei fautori della teoria complottista.

A dispetto di quanto dichiarato, però, la deputata della Georgia ha continuato a fare allusioni a delle idee diffuse dai seguaci di Q anche dopo tale anno. Come riporta la BBC, in un video del 2019 ha affermato che l’allora giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Ruth Bader Ginsburg fosse morta e fosse stata rimpiazzata da una sosia; inoltre, a dicembre 2020, ha definito “accurato” un articolo in cui si descriveva QAnon come “una fonte di informazione oggettiva… che unisce i cristiani”.

Greene ha anche fatto marcia indietro su molte delle sue credenze passate, affermando che l’attentato dell’11 settembre è “assolutamente successo” e che le sparatorie nelle scuole sono “assolutamente reali”; tuttavia, ha evitato di commentare altri suoi comportamenti, come ad esempio il suo “mi piace” a un post su Facebook in cui si augurava a Nancy Pelosi di ricevere un “proiettile in testa”.

Marjorie Taylor Greene prima del voto sulla sua rimozione dagli incarichi parlamentari a lei assegnati, con una mascherina che recita “libertà di parola”. Crediti: Nicholas Kamm/AFP via Getty Images.

Lo scisma e la possibile deriva antisemita

Dopo l’ennesima profezia errata da parte di Q alcuni dei suoi seguaci hanno iniziato a dubitare della sua affidabilità, condividendo la loro profonda delusione per il mancato “grande risveglio” sui loro canali di Telegram. “Ci hanno mentito”, “penso che siamo stati fregati come nessuno prima d’ora”, “sento che sto perdendo la testa, non so più in cosa credere” sono alcuni dei messaggi carichi di disillusione raccolti dal Guardian.

Seguaci di QAnon esprimono la loro confusione dopo l’inaugurazione di Biden in un canale Telegram. Screenshot/Telegram

Se da una parte alcuni si sono arresi all’evidenza, dall’altra c’è chi ha continuato a difendere a spada tratta la propria fede, dedicandosi a una disperata reinterpretazione delle “scritture” di Q in modo tale da trovare una spiegazione occulta anche per la mancata realizzazione di tali profezie.

Fornendo una nuova chiave di lettura dell’accaduto o, per meglio dire, del non-accaduto e mostrando una percezione distorta della realtà, i credenti più convinti hanno cercato di spiegare ai compagni divenuti scettici che anche l’apparente sconfitta di Trump alle elezioni, in realtà, rientra nel grande disegno del Profeta.

È proprio questa frangia che preoccupa di più gli esperti: il timore è che, dopo il ban da Twitter e Facebook e l’oscuramento di Parler (che però ora è tornato online) i fedelissimi di Q migrino su altre piattaforme come Telegram e Gab che, storicamente, sono sempre state un covo di neonazisti, antisemiti e membri dell’alt-right.

Secondo alcuni studiosi, in queste piazze virtuali sarebbe molto più facile incappare in una versione meno edulcorata della teoria complottista rispetto a quella che girava su Facebook, Twitter e Instagram.

In tali piattaforme, in cui la moderazione è assente e gli utenti non trovano opinioni alternative con cui confrontarsi, si rischia che i seguaci di Q, già propensi all’odio nei confronti degli ebrei, inglobino nella loro ideologia delle nozioni apertamente antisemite.

Brian Friedberg, ricercatore all’Harvard Shorenstein Center, ha affermato che al momento la sua preoccupazione principale è “che Q si sposti verso JQ”, con riferimento alla “Jewish question”, un’espressione usata dai suprematisti bianchi e dai neo-nazisti che credono che gli ebrei controllino il mondo. Ha aggiunto che questi movimenti, che in passato hanno spesso disprezzato QAnon, sarebbero pronti ad approfittare della situazione per trovare nuovi adepti.

Secondo Travis View, host del podcast QAnon Anonymous e studioso del movimento, “dall’affermare che ‘c’è una cabala globalista’ al dire ‘c’è un complotto ebreo’ il passo è breve”. Inoltre, Friedberg ha aggiunto che la dipartita di Trump non farà altro che rafforzare la mentalità dell’underdog (lo sfavorito) e il senso di frustrazione che stanno alla base di QAnon, permettendo al movimento di restare in vita.

“Gli oggetti del loro odio – il deep state, i comunisti, il movimento antifascista e i liberali – sono ancora lì e sono risultati vincitori, mentre Trump ha perso. La mentalità dell’underdog ora è legittimata.” Per Friedberg, insomma, i seguaci di Q non hanno nessuna ragione per smettere di odiare.

Di: Alessia Brambilla