Come le Coree arrivano al tavolo dei negoziati

Kim Jong-un sarà impegnato domani, venerdì 27 aprile, con la propria controparte sudcoreana Moon Jae-in in uno storico faccia a faccia. L’incontro tra i vertici delle due Coree si terrà presso il villaggio di Panmunjeom, lungo la linea demilitarizzata. Ecco le cose da sapere.

Terzo confronto diretto tra le parti, dopo i due precedenti incontri occorsi nel 2000 e nel 2007 tra Kim Jong-il – il padre di Kim Jong-un – e i due premier sudcoreani succedutisi, rispettivamente Kim Dae-jung e Roh Moo-hyun. L’incontro di domani si terrà sul lato sudcoreano del confine, sarà trasmesso in diretta televisiva, e – con più di 3mila giornalisti accreditati – si preannuncia come l’evento mediatico della settimana.

I leader delle due Coree con questo incontro, oltre a cementare la stagione del disgelo inaugurato con le olimpiadi invernali di quest’anno, dovranno cominciare a preparare il terreno per il paventato meeting tra Kim Jong-Un e il presidente Trump previsto per il mese di maggio.

La delegazione nordcoreana arrivata in Corea del Sud per seguire le Olimpiadi invernali, a febbraio 2018. Al centro la sorella di Kim-Jong-un, Kim Yo-jong – credits: Reuters / Yonhap

L’attenzione si pone quindi sulle iniziative che potranno essere intraprese per facilitare il raggiungimento di una “denuclearizzazione” della penisola coreana, e per porre un termine formale alla Guerra di Corea, che al momento risulta congelata da un armistizio raggiunto nel 1953.

Questi gli obiettivi dichiarati per l’incontro, in linea con quelli precedentemente comunicati da Kim al premier cinese Xi Jinping nel suo recente viaggio a Pechino, come riportato dall’agenzia cinese Xinhua.

A supportare le aspettative sul buon esito dei negoziati è la notizia, riportata dalla Korean Central News Agency (KCNA), dell’annuncio fatto venerdì 20 aprile da Kim Jong-un alla riunione  del comitato centrale del partito. Il leader ha infatti comunicato che dal 21 aprile la Corea del Nord avrebbe sospeso ulteriori test nucleari e la sperimentazione di missili balistici.

Decisione immediatamente accolta dai media sudcoreani e occidentali come un incoraggiante passo verso la “denuclearizzazione” della penisola. È però necessario sottolineare che del termine non vi sia traccia nel comunicato del regime, e che mentre per gli Stati Uniti e per l’occidente “denuclearizzazione” significa cancellazione del programma nucleare nordcoreano, per il regime del nord si intende la rimozione di tutti gli ordigni atomici presenti sulla penisola di corea, oltre che l’esclusione della corea del Sud dall’ombrello nucleare statunitense e la rimozione delle forze americane presenti nel paese.

Inoltre, secondo alcune fonti cinesi, parrebbe che il sito di Punggye-ri in cui la Corea del Nord ha svolto i propri precedenti test nucleari, sia crollato a seguito dell’ultimo condotto nel settembre del 2017. Il che potrebbe dare una luce diversa alle aperture del regime. L’integrità strutturale del sito era già stata messa a dura prova dagli ultimi test (il 23 aprile è stata registrata l’ennesima scossa sismica localizzata nella zona del sito) e la Cina avevagià avanzato non poche perplessità sul suo futuro utilizzo, avendo il proprio confine a non più di 160km di distanza, e temendo che un eventuale crollo della struttura potesse causare la fuoriuscita nell’atmosfera di sostanze radioattive.

Gli Stati Uniti – il cui neo nominato Segretario di stato Mike Pompeo apprendiamo essere stato recentemente impegnato in un segreto viaggio in Corea del Nord per un incontro diretto con Kim – devono inoltre considerare le preoccupazioni dei propri alleati nell’area. L’ambasciatore americano a Tokyo ha infatti comunicato l’intenzione del suo governo di richiedere al regime un impegno anche per la rimozione di armi chimiche e batteriologiche, di cui gli arsenali nordcoreani sono ampiamente forniti.

Una delle preoccupazioni giapponesi è infatti che un accordo tra Trump e Kim sulla limitazione degli arsenali missilistici comprenda quelli a lungo raggio, ma lasci potenzialmente esposto il paese nipponico ai missili a più breve raggio di Pyongyang.

Nonostante non sia per noi possibile avere informazioni dettagliate circa l’avanzamento del programma nucleare e di eventuali successi nel miniaturizzare una testata atomica adatta ad essere montata su un missile balistico, bisogna considerare come India e Pakistan – nel 1998 – siano stati sufficienti 6 test per essere considerate potenze nucleari a tutti gli effetti.

Discorso leggermente diverso per quanto riguarda la annunciata sospensione dei test balistici. Il programma missilistico di Pyongyang risulta infatti ancora ad uno stadio sperimentale, ed esistono forti dubbi circa le reali capacità del regime di portare un attacco missilistico alla costa Ovest degli Stati Uniti. È comunque possibile che il livello raggiunto renda necessario un limitato numero di nuove sperimentazioni, facilmente e velocemente eseguibili in caso di fallimento dei negoziati.

credits: Ed Jones/AFP/Getty Images

Bisogna infatti evidenziare come anch’essa risulti una autolimitazione facilmente ritrattabile, come precedentemente accaduto nel 2006, quando in seguito al collasso degli accordi del 1994 e del 1999 il regime riprese in breve tempo il proprio programma balistico. E bisogna comunque considerare come la credibilità di una minaccia sia sufficiente affinché questa produca degli effetti, ed è possibile che in questo il regime abbia raggiunto il suo scopo.

Proprio agli incontri attesi nelle prossime settimane quindi spetta il compito di ricomporre queste linee di frattura in soluzioni condivise in grado di avviare le parti – attraverso una negoziazione che si preannuncia complessa e attraverso un processo incrementale di confidence building – ad una soluzione pacifica della questione nucleare, e, nel lungo periodo, ad una conclusione definitiva della Guerra di Corea.

di Andrea Cerabolini