Covid-19 e il fascino autoritario: un pericolo per l’Europa

Protesters hold placards and wear face masks broaching the issue of Poland's restrictive abortion ban and penalties for sex education during a so called 'Black Protest' in Poznan, Poland, 14 April 2020. [JAKUB KACZMARCZYK/EPA/EFE]
L’emergenza coronavirus è sfruttata in alcuni Paesi per adottare provvedimenti illiberali. È la cartina tornasole di una tendenza più generale, che rischia di mettere in crisi l’intera costruzione europea.

Uno degli effetti collaterali della pandemia causata dal virus Sars-CoV2, virus che scatena la malattia chiamata Covid-19, sembra essere l’accentuarsi di tendenze autoritarie nel mondo.

Nel contesto di un’emergenza sanitaria improvvisa, rapida, sconosciuta, globale e imprevista – sebbene nella realtà questo scenario fosse ampiamente previsto dalla comunità scientifica – quasi tutte le Nazioni hanno emanato atti d’urgenza che limitano a diverse intensità, temporaneamente, alcune libertà individuali dei cittadini.

Circondato dalla polizia, un uomo esce da una spiaggia chiusa con le braccia alzate a Galveston, in Texas, il 26 aprile 2020. Stava facendo surf. – Adrees Latif / Reuters

La complessità della situazione rende difficile inserire le azioni dei governi in due macro categorie nette che dividono da una parte i paesi democratici e dall’altra i paesi autoritari.

Ma è innegabile che in alcuni Paesi l’occasione è stata colta dai governi per adottare provvedimenti palesemente illiberali o rinforzare legislazioni e sistemi già tendenzialmente autoritari. Che questo sia accaduto anche in Europa è ancora più preoccupante, in quanto si ledono i principi basilari su cui l’Unione europea è fondata: libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali, dello Stato di diritto.

Così l’ungherese Orban si è fatto approvare dal Parlamento l’attribuzione di poteri emergenziali senza limiti di tempo e, tra l’altro, ha imposto forti limitazioni della libertà di stampa; ultimi atti di un processo di picconamento delle istituzioni liberaldemocratiche in atto da tempo e che probabilmente porterà all’apertura di un procedimento di infrazione ai sensi dell’Art. 7 del Trattato dell’Unione europea.

Kinuta Park di Tokyo, in Giappone, chiuso per proteggere dalla diffusione del coronavirus in un foto del 27 aprile 2020. – Carl Court / Getty

Non è un caso se tra i primi atti emanati sotto “pieni poteri” ci sono stati l’approvazione di una legge omofoba che impedisce la registrazione dei cambiamenti di sesso sui documenti d’identità e il divieto di ratifica della Convenzione di Istambul sulla violenza contro le donne. Non esattamente provvedimenti attinenti alla lotta contro il Covid-19.


È di pochi giorni orsono l’apertura formale, ad opera della Commissione europea, della procedura ex Art. 7 contro la Polonia, a causa della legge di febbraio che pone in sostanza il sistema giudiziario del paese sotto l’ala “protettrice” dell’esecutivo.

Nell’ambito dei paesi del Gruppo di Visegrad la vocazione nazionalista ed ultraconservatrice dei partiti al potere sembra del resto naturalmente coniugarsi con una visione politica tendente all’accentramento del potere e all’insofferenza per ogni tipo di checks and balances.

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I tentativi di sottrarsi ed opporsi a questa egemonia politica, come ad esempio quello operato dai sindaci delle capitali di Praga, Budapest, Bratislava e Varsavia, sembrano al momento sopravanzati e sopraffatti dagli eventi.

Se la tendenza verso forme palesi di democratura, ove alla sopravvivenza delle forme democratiche si affianca la realtà del potere autoritario, in alcuni Paesi è manifesta e persino rivendicata, essa tuttavia non nasce dal nulla: si incanala bensì nell’alveo di quelle che sono state definite democrazie illiberali, come venutesi formando in diversi stati dell’ex blocco sovietico dopo la caduta del Muro di Berlino, dove per democrazia si intende principalmente dominio della maggioranza.

Un uomo viene “braccato” dalla polizia locale in una spiaggia deserta di Rimini, il 18 aprile 2020 – credits: Comune di Rimini

Questo magma di visioni politiche e situazioni di fatto rappresentava di già una fonte di preoccupazione all’interno di ampi settori delle Istituzioni europee, preoccupazioni tuttavia sempre accantonate all’ombra di altre urgenze (crisi economiche e crisi geopolitiche) o per oggettiva difficoltà di risoluzione all’interno dei complessi meccanismi di governance dell’Unione.

Ora però queste tendenze hanno raggiunto livelli difficilmente ignorabili, salvo snaturare l’essenza e lo spirito dei Trattati a tutela dello Stato di Diritto, e probabilmente ci si avvicina ad un punto di culmine in prossimità del quale le Istituzioni stesse saranno costrette ad interventi decisi, allo scopo se non altro di difendere la propria stessa ragion d’essere.

L’esito della procedura contro la Polonia, l’apertura o meno della stessa procedura contro l’Ungheria, il futuro impegno dell’Ue nel suo insieme nel monitorare e garantire l’effettiva implementazione dei suoi principi fondatori, sono elementi che ci diranno nei prossimi mesi se la pandemia in atto e la recessione economica che ne seguirà avranno oscurato il “conflitto” oppure se avranno agito da fattore acceleratore della risposta europea all’autoritarismo.

A complicare ulteriormente la dinamica dello scontro, è piombata nel dibattito pubblico europeo la recente sentenza della Corte Costituzionale Federale tedesca, che – contestando alcune modalità di politica monetaria della BCE – solleva dubbi sul primato delle fonti di diritto Europeo su quelle nazionali. Un involontario assist ai governi che mirano a scardinare senza conseguenze lo Stato di Diritto nei rispettivi paesi. Come scrive il Washington Post,

This decision will encourage other national courts to challenge the ECJ’s authority. The politically captured courts of increasingly authoritarian member states such as Poland or Hungary will probably use the highly respected German court’s ruling to justify ignoring the ECJ and declare that they have the last word on E.U. law.

By Federico Fabbrini and R. Daniel Kelemen 

Sullo sfondo rimane che la simpatia per le scorciatoie autoritarie sembra inserirsi in un contesto generale, dal quale non sono certamente esenti gli altri Stati europei compresa l’Italia, nel quale le incertezze della globalizzazione, la disaffezione dei cittadini per la politica, la personalizzazione del discorso pubblico ed altro ancora contribuiscono a rendere attraenti le soluzioni apparentemente rapide ed efficienti che uomini forti e stati autoritari propagandano. L’enfasi attribuita nel nostro paese agli aiuti ricevuti ad inizio pandemia da alcuni particolari attori ne è un esempio.

di Paolo Pellegrini