L’Europa è ancora un’opportunità?

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Martedì 28 febbraio si è tenuto a Roma un convegno organizzato da Deloitte – una delle più importanti aziende di consulenza internazionali – sul tema “Unione Europea oggi: ancora un’opportunità?”. Eravamo presenti, ed ecco cosa si è detto.

Al Convegno, dove ci si è interrogati se l’UE possa costituire o meno un reale stimolo allo sviluppo socio-economico dei paesi membri, hanno partecipato il Presidente della Camera dei deputati , Laura Boldrini, Enrico Ciai, Chief Executive Officer e Country Managing Partner di Deloitte Italy; Andrea Poggi, responsabile della Service Line Strategy di Deloitte; Angelino Alfano, Ministro degli affari esteri; Antonio Tajani, (PPE-DE); Luca Telese, giornalista; Jean Paul Fitoussi, professore dell’Institut d’Etudes Politiques de Paris; Marcella Panucci, Direttore generale di Confindustria; Sandro Gozi, Sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri; Philippe Donnet, Amministratore delegato del Gruppo Generali; Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera.

Dopo l’apertura dei lavori da parte dell’On. Boldrini e di Enrico Ciai, si è passati a un’analisi approfondita di Andrea Poggi, che ha descritto, dati alla mano, ciò che è oggi rappresenta l’Unione Europea, sottolineandone i punti di forza e debolezza, e mettendo a confronto i dati reali con la percezione che di essi hanno i cittadini europei. Infine ha indicato la strada da seguire per migliorare l’UE, sia per quanto riguarda il suo funzionamento istituzionale che per quanto riguarda l’immagine che trasmette di sé. L’indagine demoscopica è stata condotta da Deloitte e SWG in  5 paesi appartenenti alla UE: Italia, Francia, Germania, Croazia, Polonia e UK.

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L’unione europea: com’è nella realtà…

L’Unione Europea viene descritta come un’ottima realtà economica, la seconda al mondo per la produzione totale (22%) dietro gli Stati Uniti (25%), seguita a distanza da Cina (15%) e Giappone (6%). È il primo importatore ed esportatore di servizi, rispetto agli altri paesi investe di più nella protezione sociale dei suoi cittadini e gioca un ruolo politico importante, sebbene manchi di coordinazione, poiché la metà dei membri del G8 sono membri dell’Unione Europea. Inoltre, l’UE ha portato enormi vantaggi nei suoi settant’anni di storia: innanzi tutto la pace, che i nostri nonni e predecessori non hanno potuto sperimentare; ma anche la collaborazione tra gli Stati per la ricerca, la creazione di regole comuni, e la libera circolazione di persone, che ha facilitato e incrementato i trasferimenti lavorativi in altri stati dell’UE.

…e come viene percepita dai cittadini europei

La maggioranza dei cittadini europei sente l’Europa come una realtà distante, che non ha ripercussioni sulla propria vita familiare o su quella del proprio paese. Dal punto di vista economico la UE è considerata un’istituzione rigida che ha peggiorato le condizioni economiche degli Stati membri. Molti cittadini inoltre non si sentono europei, non conoscono le politiche della UE e le opportunità che essa offre, e tornerebbero alla moneta del proprio paese. Eppure sono anche concordi nel riconoscere che se non ci fosse l’Unione Europea, oggi in Europa ci sarebbero più problemi tra i singoli stati: c’è la consapevolezza, riferisce il report, che senza l’Unione Europea si starebbe peggio (la pensa così il 57% degli Italiani e il 53% degli Europei)

Quali sono dunque i motivi di questo disagio? Cosa si può fare per ridare credito all’Unione, e cosa invece essa deve fare per riconquistare la fiducia dei suoi cittadini?

Le ragioni del disagio

I cittadini non si sentono coinvolti nelle politiche dell’Unione, e di ritorno, non sentono l’UE partecipe a fronte dei problemi sociali emergenti, primi tra tutti quelli che riguardano l’immigrazione, la disoccupazione e il terrorismo. Interessante è il dato per cui i cittadini sembrano divisi non in due gruppi, cioè a favore o contro la UE, ma in tre gruppi: a favore, contro e indifferenti.

Gli indifferenti sono i cittadini che si sentono estranei all’Unione Europea. Le politiche sono percepite dunque come inadeguate e lontane, ma a ciò si deve sommare la scarsa conoscenza di queste. Si avverte inoltre la mancanza assoluta di una cultura europea.

In realtà, la complessità dei problemi che l’intera Europa si trova a dover affrontare, fa sì che difficilmente un singolo Stato possa far meglio da solo. Vediamo quali sono i principali problemi con cui l’Europa si confronta ogni giorno, riportati da Deloitte:

  • L’immigrazione, che vede 78 milioni di persone arrivate in Europa negli ultimi 20 anni
  • L’invecchiamento della popolazione
  • Il terrorismo
  • L’inquinamento
  • La mancanza di politiche ad hoc per ottenere investimenti per le innovazioni
  • La disoccupazione
  • Le economie emergenti che tolgono fette di mercato a quello europeo
Le soluzioni proposte

Oltre ad individuare le problematiche maggiori che portano l’Unione ad avere così scarso seguito, lo studio della Deloitte indica anche la strada da percorrere per risolvere questi problemi. Innanzi tutto c’è bisogno di un cambiamento, sia a livello europeo che a livello nazionale.

A livello europeo, c’è bisogno di mettere al centro dell’agenda i problemi più sentiti, in altre parole immigrazione, disoccupazione e terrorismo; bisogna finanziare l’innovazione, semplificando le procedure che danno l’accesso alle risorse che l’UE mette a disposizione e che in alcuni casi non sono assegnate. Bisogna uniformare inoltre le politiche sui sussidi di disoccupazione tra paesi membri.

A livello nazionale, le imprese devono potersi agganciare e integrare a quanto offerto dall’UE, fare rete tra loro e usufruire di ciò che l’Unione offre. I media hanno il compito di far conoscere ciò che succede all’interno dell’Europa, qual è il suo valore, i suoi obiettivi, sensibilizzando le famiglie a informarsi su ciò che l’Unione Europea è ed offre ai suoi cittadini.

Conclusioni

Il convegno della Deloitte ha fatto il punto sulla situazione Europea, in un momento in cui gli equilibri dell’apparato dell’Unione sembrano scricchiolare. Alla domanda iniziale, se valga ancora la pena puntare su un’unione di Stati europei, viene dato un sì come risposta, senza se e senza ma. Dal convegno si esce con alcune risposte basate su dati, e non su parole. Si esce convinti che la strada intrapresa dai paesi europei sino ad oggi non sia state del tutto sbagliata, ma che ci sia bisogno di aggiustare il tiro.

Il convegno ha elaborato ed interpretato dati in un contesto complesso, in modo razionale e senza retorica. In un semplice ma efficace percorso, tutti i pezzi di un puzzle confuso sembrano tornare al loro posto, e dare un volto nuovo ad un’immagine europea che oggi rischia di sfumare nel nulla.

Di Paola Cafarella