Terre rare: ciò che si cela dietro al tuo smartphone

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A nostro agio nella cultura del consumo raramente ci chiediamo da dove provengano i prodotti che utilizziamo e quanto essi siano dannosi per l’ambiente.

Nel settembre 2017 milioni di persone in tutto il mondo hanno fatto la fila impazienti pur di avere tra le mani il nuovo Iphone 8.

Di quanti telefoni si ha davvero bisogno?

Da un sondaggio condotto nel 2017 dai ricercatori Martinho, Magalhães e Pires della Nova University di Lisbona sul comportamento dei consumatori è emerso che in Portogallo ogni persona possiede in media 3,34 smartphone, inclusi quelli in uso (la maggior parte), utilizzati in passato o andati rotti. Questo dispositivo, diventato una componente essenziale della vita moderna, per la maggior parte di noi, alimenta un’industria che impatta negativamente sull’uomo e sull’ambiente: l’industria dei metalli delle terre rare.

Cellulari pronti per essere riciclati a Hilliard, Ohio. Credit to: Richard Barnes
Cosa sono i metalli delle terre rare ?

Si tratta un gruppo di 17 elementi metallici definiti tali poiché concentrati in limitate aree terrestri e, tuttavia, ormai entrati a far parte di un’ampia gamma di prodotti, da quelli a largo consumo – smartphone, hard drive di computer, monitor a schermo piatto e calamite – ai sistemi di difesa missilistica, oltreché alle turbine eoliche, ai veicoli ibridi ed elettrici e ai frigoriferi a basso consumo energetico, diventando di conseguenza essenziali anche nel campo dell’energia pulita.

Elementi di terre rare in esposizione all’Inner Mongolia Baotou Steel Rare-Earth Hi-Tech Company, il colosso cinese leader nella produzione di terre rare. Credits to: Nelson Ching / Bloomberg / Getty Images
Il lago tossico in Cina

Per avere un’idea degli impatti causati dall’industria di questi metalli è sufficiente pensare alla città cinese di Baotou nella regione autonoma della Mongolia Interna, situata a nord del paese al confine con la stessa.

Nel mondo sono attestati oltre 850 depositi di minerali rari, ma la Cina da sola ne è il maggiore produttore. Circa metà della produzione cinese di questi metalli (e quasi il 70% della produzione mondiale) proviene da Baotou, nello specifico dal deposito di Bayan Obo che ne produce circa 120.000 tonnellate l’anno.

Dall’estrazione e dalla raffinazione dei metalli derivano ingenti quantità di scorie velenose e, secondo un articolo della Chinese Society of Rare Earths le industrie di Baotou producono annualmente 10 milioni di tonnellate di acqua reflue, che vengono pompate in dighe di decantazione. Già a partire dagli anni cinquanta, i residui estrattivi di Bayan Obo hanno creato il più grande lago artificiale del mondo. La divisione Unknown Fields dell’ Architectural Association di Londra, che ha ne raccolto alcuni campioni di acqua, ha scoperto che emettono radiazioni circa 3 volte superiori alla norma.

Baotou, Cina, 3 Agosto, 2014: Liam Young, raccoglie campioni di fango radioattivo. Credits to: Toby Smith/Unknown Fields
“I pesci tutti morti ”

Un rapporto dell’Institute for the Analysis of Global Security afferma che, a causa di una tecnologia obsoleta e di attrezzature e procedure superate, le scorie della miniera del Bayan Obo spesso finiscono nel Fiume Giallo, da cui quasi 150 milioni di persone dipendono per l’approvvigionamento d’acqua. Secondo una ricerca locale citata nella relazione “Nel Fiume Giallo, a Baotou, i pesci sono morti tutti. Hanno scaricato le scorie – chimiche – nel fiume”. 

Saleem Ali del Centre for Social Responsibility in Mining all’Università del Queensland in Australia ha raccolto le forti preoccupazioni degli abitanti di Baotou sia per i rifiuti contenenti il Torio, fonte di inquinamento radioattivo, sia per la contaminazione non radioattiva nell’area circostante.

La tecnologia green ha bisogno di elementi delle terre rare

Nonostante l’impatto ambientale problematico di questa industria i metalli delle terre rare saranno necessari in futuro, soprattutto nello sviluppo dell’energia pulita. In uno studio del 2015, condotto da Widmer, Martin e Kimiabeigi del Centre for Advanced Electrical Drives all’Università di Newcastle (GB), si osserva come l’utilizzo di magneti derivanti dalle terre rare sia diventato comune nei motori a trazione dopo il lancio sul mercato della Toyota Prius nel 1997. Nello specifico il magnete di Neodimio-Boro ha portato vantaggi significativi in termini di prestazione, impensabili con altre tecnologie, consentendo lo sviluppo di motori a trazione elettrica più potenti e compatti.

Evitare l’utilizzo di metalli delle terre rare significherebbe ottenere prodotti scadenti e porre un freno al progresso tecnologico. L’introduzione di una catena di approvvigionamento circolare, basata sul reimpiego e il riciclaggio dei metalli delle terre rare, potrebbe limitare buona parte degli impatti sociali ed ambientali di questo settore. Tuttavia, oggi il riciclaggio è ancora poco praticato e nel 2011 ha costituito solo l’1% dell’approvvigionamento.

Inoltre i costi di estrazione dei metalli da terre rare devono essere più competitivi, obiettivo, questo, che si sono prefissati di raggiungere Giappone, Europa e Stati Uniti. Un altro obiettivo è la ricerca di materiali compositi all’avanguardia che in futuro possano sostituire i metalli delle terre rare nei prodotti elettronici. Negli ultimi anni alcune aziende hanno assunto una posizione leader nel riciclaggio dei metalli delle terre rare. Nel 2010 la Hitachi Ltd, compagnia tecnologica giapponese, ha annunciato di aver sviluppato nuove tecniche per riciclare i magneti derivanti da terre rare separandoli e ricavandoli da hard disk di motori fuori uso, condizionatori e altri compressori. Sempre in Giappone, nel 2013 la Honda ha ideato il primo processo al mondo per il reimpiego in nuove batterie di metalli di terre rare estratti da vecchie batterie a nickel-metallo idruro. Nell’Aprile 2017 la Apple ha annunciato di non volere più ricorrere a minerali e metalli estratti dalle terre rare per realizzare i propri prodotti e di volersi impegnare in futuro nell’utilizzo di sole materie riciclate.

Quali iniziative possono intraprendere i consumatori?

Non sta solo alle aziende fare la differenza. Come sottolinea Ryan David Kiggins, professore all’Università di Central Oklahoma, nel suo libro “The Political Economy of Rare Earth Elements”, anche i cittadini e i consumatori giocano un ruolo chiave nel cambiamento delle pratiche industriali. Deve perciò avvenire una presa di coscienza degli impatti potenziali delle nostre abitudini d’acquisto. Comprare l’ultimo modello di uno smartphone è realmente una necessità se il nostro attuale telefono funziona ancora perfettamente? Questo prodotto ecocompatibile è davvero necessario oppure posso ottenere lo stesso impatto ambientale con un cambiamento nelle mie abitudini? Può essere riciclato? Se sì, come?Il consumatore ha anche il potere di boicottare e fare pressioni su tutte quelle imprese che non partecipano attivamente allo sviluppo di un uso sostenibile delle risorse delle terre rare.

Insomma, anche il consumatore deve fare la sua parte.


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Di: Isobel Edwards, Traduzione di: Federica Vanzulli