Il Giappone nello spazio: JAXA

27, giugno 2013. Kirobo, (il nome del robot), è stato sottoposto a una serie di test preliminari per verificare la sua idoneità a viaggiare nello spazio. Credito to Kibo Robot Project

Il risveglio dell’oriente nella nuova corsa allo spazio è rappresentato dalla JAXA l’agenzia giapponese che è una vera e propria potenza nell’ambito dell’esplorazione spaziale e della robotica, ma che si distingue anche per un’intensa e pragmatica attività diplomatica. 


Il nuovo millennio ha visto il ritorno della centralità dell’estremo oriente nello scacchiere geopolitico internazionale ed un ruolo sempre più rilevante non solo del gigante cinese ma anche di tutte le altre realtà nazionali che compongono il “cerchio d’oro”, l’area del pianeta entro cui vive la maggior parte degli esseri umani al giorno d’oggi. 

Gareth Hoyle Twitter

Se l’India si configura attualmente come la più grande democrazia del mondo, un paese su tutti è investito storicamente, nolente o volente,  del ruolo di antagonista della Cina la quale rappresenta il traino dell’intera area: il Giappone. Tale complessa relazione fra Cina e Giappone, è parte integrante dell’articolazione del ruolo di Tokyo nella nuova corsa allo spazio che a sua volta si inserisce nella necessità delle grandi nazioni contemporanee di esplorare tale indispensabile area di ricerca e nel processo di costante sviluppo tecnologico che caratterizza in maniera peculiare il paese del sol levante da quasi centoquaranta anni. 

La nascita di una superpotenza aerospaziale

Seppur la NASDA (National Space Development Agency of Japan) esiste fin dal 1969 bisognerà aspettare il 2003 affinchè gli altri due principali istituti di ricerca Giapponesi in materia aerospaziale (il NAL -National Aerospace Laboratory of Japan- e l’ISAS -Institute of Space and Astronautical Science-) si fondessero nel  Japan Aerospace Exploration Agency, abbreviato in JAXA. 

Una limitazione notevole alla nascita di una vera e propria agenzia spaziale giapponese era rappresentata dai vincoli post bellici che vietavano al paese, lo sviluppo di tecnologia missilistica e solo una serie di accordi hanno progressivamente liberato il paese da tali vincoli in un lungo periodo compreso fra il 1969 e il 2003.   

Leggi anche: il Giappone si riarma

Dopo i primi fallimenti dei vettori NASDA H-II degli anni 90 si deve al razzo H-IIB della JAXA del 2009 il primo vero successo di un vettore progettato e realizzato in Giappone. Negli stessi anni si osserva un altro importante successo della JAXA con l’atterraggio nel 2005 della missione Hayabusa sulla meteora 25143 Itokawa e con il successivo rientro nel 2010 con campioni provenienti dalla superficie del corpo celeste. Tale missione, dalle infinite complessità realizzative, definì il nuovo ruolo di protagonista del Giappone nell’esplorazione Spaziale. 

Le missioni che hanno come oggetto le meteore e le comete, infatti, non solo sono incredibilmente complesse da realizzare ma aprono la strada ad un potenziale nuovo ambito economico che proprio la missione Hayabusa ha dimostrato possibile: l’estrazione mineraria sulle meteore. 

Tali corpi celesti, che abbondano nel sistema solare, sono infatti ricchi di materie prime e da molti anni si consideravano i vantaggi di un loro sfruttamento. Il Giappone, seppur in maniera puramente rappresentativa trattandosi di campioni di appena pochi grammi, si è dimostrato in possesso della tecnologia per esplorare questo nuovo ambito di estrazione dal valore di miliardi di dollari che fin dal 2016 ha attirato gli investitori del Lussemburgo.   

 

Diplomazia, astuzia e robot

Un altro ruolo fondamentale che la JAXA sta assumendo in questi anni è quello di raccogliere sotto di sé le agenzie spaziali di quei paesi i quali non sono in grado di dare vita ad un proprio programma spaziale effettivo, tanto per ragioni economiche che per questioni di mero dislivello tecnologico.

Tale operazione ha una triplice funzione. In primo luogo permette di rinsaldare i rapporti diplomatici con questi paesi, i quali in qualche modo sviluppano un rapporto di co-dipendenza con il Giappone che ne diviene la porta per le stelle. In secondo luogo la JAXA può assorbire in questo modo le competenze di tutti quegli studiosi di tali paesi, che in caso contrario sarebbero inespressi o migrerebbero verso paesi più ricchi, accrescendo così il bacino di teorici a cui la JAXA può attingere. 

In ultimo non bisogna dimenticare che le operazioni orbitali di un dato paese hanno ricadute concrete sulla Terra, in termini di controllo dello spazio aereo e di intelligence. Ne consegue che essere alla guida dei programmi di varie nazioni significa essere partecipe di tale controllo delle regioni orbitali e suborbitali. Considerando tutto quanto detto finora si valuti l’importanza del progetto Birds che nel 2017 ha sviluppato il programma spaziale di Nigeria, Mongolia, Bangladesh e Ghana e poi ancora nel 2018 di Bhutan, Malesia, Filippine, Costarica e Kenya. 

Nella foto un dispositivo per distribuire CubeSats nell’orbita spaziale e tre CubeSats (satelliti miniaturizzati) credit to: JAXA

Un altro ambito, estremamente importante per le sue ricadute “astropolitiche”, in cui la JAXA si sta rapidamente specializzando, è quello della guerra ai detriti spaziali. Ne abbiamo già parlato nei precedenti interventi ma ora torna alla ribalta dopo il disastroso esperimento balistico condotto dall’esercito russo che ha messo a repentaglio la vita degli astronauti, e dei cosmonauti, presenti sulla stazione spaziale internazionale. Ricordiamo infatti che nella misura in cui un satellite o qualsiasi altro oggetto in orbita venga distrutto può generare milioni di frammenti che viaggiano a circa trentamila chilometri orari, veri e propri proiettili che possono distruggere apparecchiature per miliardi di euro e vanificare decenni di esplorazione spaziale. 

Risulta evidente come simili incidenti rappresentino non solo un grave pericolo per le vite di chi opera nell’orbita terrestre ma anche un rischio diplomatico concreto (come appunto messo in luce dalla goffa operazione russa) nella misura in cui un paese sia responsabile della distruzione di strutture di un’altra nazione. 

Il Giappone cerca di porsi nel mezzo, realizzando un sistema di raccolta dei rifiuti spaziali. Se tale progetto dovesse andare in porto il supporto della JAXA diverrebbe indispensabile nel sempre più affollato spazio orbitale ed il ruolo diplomatico del Giappone risulterebbe chiave in questo contesto. 

“La fune”con cui il Giappone spera di ripulire dai detriti l’orbita terrestre, nell’immaginario di un’artista. La missione nel 2017 non andò a buon fine L’immaginario di un’artista. Credit to: Japan Aerospace Exploration Agency

Non si può parlare di tecnologia giapponese senza nominare la robotica. Al di là delle naturali suggestioni evocate da anime e manga, il paese del sol levante è realmente all’avanguardia in questo ambito, sia per le applicazioni nell’ambito dell’industria che dell’intrattenimento senza considerare le innumerevoli applicazioni domestiche e private. Con un’industria robotica che dal 1970 fino ad oggi si è imposta come leader mondiale nel settore il Giappone ancora una volta tenta di adattare l’ambito dell’esplorazione spaziale spostandolo laddove risulta più forte. 

 

Con un’industria robotica che dal 1970 fino ad oggi si è imposta come leader mondiale nel settore il Giappone ancora una volta tenta di adattare l’ambito dell’esplorazione spaziale spostandolo laddove risulta più forte. Per questa ragione la JAXA sta da tempo spingendo per aumentare l’uso dei robot nell’esplorazione spaziale a cominciare dal 2013 quando venne inviato sulla Stazione Spaziale Internazionale il primo assistente robot proprio di fabbricazione Giapponese. 

Tale approccio ha permesso al Giappone di rientrare in maniera concorrenziale nella nuova corsa alla Luna la quale ha subito, proprio nell’ultimo anno, una notevole accelerata a seguito dell’ormai imminente programma statunitense Artemis che punta alla creazione di una base lunare permanente e il cui primo lancio è previsto per il febbraio 2022. Ciò è stato possibile proprio grazie al coinvolgimento della Kajima Corp. in un progetto che punta alla creazione di una base lunare giapponese sfruttando i robot come principale forza lavoro.  

Dalla Luna alla Terra

Che Luna fosse tornata sotto i riflettori come porta verso Marte, per lo sfruttamento della fionda gravitazionale, ma soprattutto per stabilire l’egemonia sullo spazio locale, è diventato evidente con la missione cinese Chang’e 1 del 2007 fino all’atterraggio nel 2018 della Chang’e 4

Parallelamente la JAXA ha realizzato fin dal 2009 la prima missione lunare che ha permesso di “sparare” la sonda sulla superficie del nostro satellite, e dopo varie missioni, si prepara ora per il 2022 a condurre con il lander HAKUTO-R il rover lunare degli Emirati Arabi, secondo le dinamiche di collaborazione che abbiamo già osservato. Inoltre il Governo giapponese, a riprova di quanto poco teorica e molto concreta sia la nuova esplorazione lunare, ha approvato una legge che permette lo sfruttamento delle risorse lunari (nonché di asteroidi e altri corpi celesti). 

Riavvicinandosi all’orbita terrestre la JAXA si sta anche attrezzando per sviluppare un sistema GPS in proprio che la renda indipendente da quello tradizionale a conduzione americana come del resto tutti gli altri paesi del mondo, Unione Europea compresa, stanno sviluppando da anni. Si susseguono quindi i lanci per la predisposizione del QZSS che porterebbe la precisione di posizionamento al suolo dagli attuali dieci metri ad appena dieci centimetri.  

Va considerato che la nuova corsa allo spazio ha notevolmente incrementato l’aggressività nei nostri cieli nonché il sospetto, al punto tale che fin dal 2008 il governo giapponese ha spinto per una ridefinizione delle leggi inerenti lo spazio aereo, ma soprattutto le norme postbelliche in materia di vettori spaziali, proprio per potersi dotare di strumenti di difesa da eventuali aggressioni orbitali.

Ancora nel 2019 il Primo Ministro Abe spingeva per la creazione di una forza militare spaziale, di cui abbiamo visto si sono dotati già molti altri paesi, e che è ha infine condotto nel 2020 alla nascita ufficiale dello Space Operations Squadron in collaborazione con lo United States Space Force ed attualmente in costante crescita sia di operativi che di fondi allocati.  

Tokyo, 18 maggio 2020 Cerimonia d’inaugurazione della prima unità militare spaziale giapponese. Credit to: KYODO

Tornando sulla superficie è sicuramente un vantaggio importante per la JAXA quello di poter fare affidamento su di uno spazioporto perfettamente operativo presente sul territorio nazionale (che abbiamo osservato quanto sia indispensabile per qualsiasi paese che voglia partecipare alla corsa alla spazio) e localizzato nella parte più meridionale dell’isola del Kyushu. 

Leggi anche: Lo spazioporto “europeo” si trova nella Guyana francese

Il Dragone nella stanza

Definire le complesse relazioni fra Cina e Giappone è alquanto difficile in quanto i due paesi hanno una secolare storia di interrelazione la quale si è definita spesso, soprattutto ma non solo nell’ultimo secolo, mediante conflitti bellici e diplomatici.

Se sulla Terra osserviamo da una parte la disputa per il controllo delle isole Senkaku e più in generale per l’egemonia nel Mar della Cina (chiamato in Giappone “Mar del Giappone meridionale”) ed il complesso nodo di Taiwan, dall’altra parte la Cina rappresenta il principale partner di esportazioni per il Giappone.

Leggi anche: Le isole contese nel Mar del Giappone

In generale il popolo giapponese ha visto una crescente ostilità nei confronti di Pechino così come dal 2012 al 2016 si sono osservate numerose proteste in Cina nei confronti del rifiuto Giapponese di riconoscere gli orrori della Seconda Guerra Mondiale perpetrati in territorio cinese. 

19 agosto,2012 Chengdu, provincia dello Sichuan. Migliaia di cinesi prendono parte a una manifestazione organizzata contro le rivendicazioni giapponesi sull’isola di Diaoyu, (nome cinese) chiamata dai giapponesi Senkaku.
Credit to: STR/AFP/Getty Images

Questa complessità del rapporto fra i due paesi si trasferisce nella gestione dello spazio orbitale e più generale nella corsa allo spazio che entrambi i paesi stanno conducendo la quale assume spesso i connotati di una competizione in forme non dissimili, con le dovute proporzioni, da quelle osservate durante la Guerra Fredda fra Stati Uniti ed Unione Sovietica. 

In una lunga analisi realizzata dall’Università dell’Hokkaido si conclude che la corsa allo spazio fra i due colossi sembra correre lungo un binario parallelo, configurandosi come una vera e propria competizione e che tenta di escludere gli aspetti più militaristi concentrandosi sulla capacità di posizionare prima dell’avversario le proprie pedine sui punti chiave della scacchiera (spazio orbitale, Luna e Marte). 

Naturalmente la stretta collaborazione fra Tokyo e Washington spinge talvolta il discorso nuovamente su binari più propriamente bellici poiché ad ogni sviluppo e miglioria del controllo orbitale giapponese, confinante con quello cinese, coincide un indiretto vantaggio dell’alleato statunitense che la Cina non può tollerare. 

In questo contesto vanno inserite le preoccupazioni della JAXA risalenti al 2020 quando ha rilevato che alcuni satelliti cinesi e russi stavano compiendo manovre per sperimentare la possibilità di abbattere la rete satellitare dell’intelligence giapponese, inoltre questi “satelliti killer” potrebbero essere potenzialmente in grado di assumere il controllo della rete giapponese effettuando operazioni di spionaggio direttamente nello spazio orbitale. 

Il decollo del razzo giapponese H-2A che trasporta il satellite per le comunicazioni Kirameki-2 dal centro spaziale di Tanegashim. Credit to: AP

La competizione fra JAXA e la cinese CNSA si declina in quello che è ad oggi l’obiettivo più ambizioso della colonizzazione spaziale: il pianeta Marte. Se da questo punto di vista Pechino è in notevole vantaggio avendo raggiunto gli Stati Uniti, ponendo un rover operativo sulla superficie del pianeta (al momento Marte è affollato da 14 missioni che operano sul vicino pianeta), Tokyo ha deciso di dirottare i suoi interessi verso una delle lune di Marte, Phobos. Tale scelta è estremamente tattica in quanto il piccolo corpo celeste, molto più simile ad una meteora per forma e conformazione, permette alla JAXA di mettere in campo le competenze già collaudate ed in secondo luogo permette al Giappone di avvicinarsi al nuovo ambito della colonizzazione senza dover competere direttamente sulla superficie del pianeta rosso. 

Leggi anche: Mars One: se il mondo non basta

Ritornando sulla Terra, ancora una volta l’arma preferenziale per lo sviluppo della JAXA è la diplomazia, anche in funzione di contenimento della Cina. Fin dal 2017 il Giappone occupa un ruolo da protagonista  dell’Asia Pacific Regional Space Agency Forum (APRSAF), nel corso del quale ha avviato tutta una serie di programmi di collaborazioni con i paesi dell’area per sviluppare reti satellitari che rendano i paesi interdipendenti fra di loro e arginare in questo modo il predominio cinese. In particolar modo rilevanti sono le nuove collaborazioni avviate nel medesimo contesto con l’India e la sua agenzia spaziale con lo scopo di realizzare missioni lunari congiunte, che corrano in parallelo rispetto alle operazioni di cui abbiamo già parlato portate avanti dalla JAXA e che diano all’India quella spinta necessaria per divenire un ulteriore competitore per l’avversario cinese. 

La JAXA però, grazie al sistema di relazioni diplomatiche in cui è inserito il suo paese, può anche spingersi in quegli ambiti al momento appannaggio di pochissime nazioni, tra cui l’esplorazione di corpi più distanti del Sistema Solare. Si segnala in particolar modo la missione BepiColombo realizzata dall’ESA e la JAXA e che in questo momento sorvola il pianeta Mercurio. Tali missioni non vanno sottovalutate poiché come questa epoca ci sta insegnando rappresentano la conditio sine qua non per future operazioni che coinvolgano rover ed altri strumenti di esplorazione al suolo che facciano infine da apripista per la colonizzazione. 

In definitiva il quadro che ci offre la JAXA è di una vera e propria potenza nell’ambito dell’esplorazione spaziale, la quale dosa con abilità diplomazia e nuove tecnologie, tentando sempre di spostare lo scontro in quegli ambiti dove possa risultare vincente. Ognuno degli elementi che abbiamo analizzato ha un potenziale immenso tanto in termini di ricerca scientifica che di ricadute economiche e pone sicuramente il Giappone in una condizione ottimale. Diplomazia, occupazione di posizioni strategiche e collaborazioni ben dosate sono però il tratto caratteristico anche dell’agenzia spaziale di cui ci occuperemo nel prossimo intervento e che spesso viene ignorata dai media occidentali nonostante i successi che sta collezionando, si tratta della UAESA, l’agenzia spaziale degli Emirati Arabi Uniti. 

Di: Tanator Tenabaun